L’ex ministro e parlamentare della Democrazia cristiana, Paolo Cirino Pomicino, in un’intervista a «Formiche» ha commentato il tour internazionale del presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, dopo le visite nell’indo-pacifico e nel golfo, ha avuto un incontro prima con il premier olandese Mark Rutte e poi con quello israeliano Benjamin Netanyahu.

Gli errori che Meloni non deve commettere secondo Pomicino
Pomicino giudica così l’impronta che Giorgia Meloni sta dando alla politica internazionale: «La destra al governo comincia oggi a ragionare e la premier si sta dimostrando molto più saggia e più prudente di quanto si potesse immaginare, avendo vissuto una vita intera all’opposizione. Intanto si è basata sui due riferimenti tradizionali del nostro Paese, quello europeo e quello atlantico: due elementi che non sono mai stati in discussione. Tramite questo aggancio al binario euroatlantico la premier si sta facendo conoscere anche in Paesi sì lontani, ma altamente strategici, non solo cogliendo l’occasione del G20 ma anche al di là del G20. Penso agli Emirati Arabi Uniti, al Qatar, all’India. Giorgia Meloni è partita da un Paese in cui la reputazione internazionale era stata smarrita».
Ossia? «In passato eravamo noi un punto di riferimento per i libici. Addirittura gli americani e gli inglesi ci chiedevano di garantire i loro interessi in loco, dopo episodi come la bomba sull’aereo londinese e l’attacco terroristico alla discoteca. Non amavamo Gheddafi in quanto tale, ma era in grado di gestire le tribù», ha detto Pomicino, che è sceso poi nel dettaglio.

Politica estera, Pomicino “promuove” Meloni
«Fui presente ad una telefonata tra Giulio Andreotti e George Bush senior: dopo la liberazione del Kuwait dalle truppe irachene, Bush voleva invadere l’Iraq di Saddam Hussein, ma Andreotti volle mettere al corrente Bush che la rimozione di Saddam Hussein avrebbe scatenato una lotta tra sciiti, sunniti e varie etnie minori. Così avvenne dieci anni dopo, con Bush figlio quando l’Europa non c’era più politicamente e Bush figlio addirittura senza il mandato dell’Onu andò a bombardare Baghdad. Oggi vediamo sotto i nostri occhi quello che Andreotti aveva anticipato, ma non perché gli esponenti della Dc erano figli del Dio divino, bensì perché erano persone che sapevano fare la politica. In sostanza dovevano essere fermamente atlantici, ma sapendo di avere anche un’autonomia nell’ambito del mondo arabo. Ricordo quando Andreotti nel 1982 portò Arafat, all’epoca capo dei palestinesi, a Montecitorio per una riunione dell’interparlamentare di cui era presidente. In quel momento gli americani non gradirono perché lo ritenevano un terrorista. Nove anni dopo, però, alla Casa Bianca Arafat e Rabin si strinsero la mano dinanzi a un Bill Clinton radioso. L’accordo, quindi, sta nel nel riconoscersi reciprocamente: si chiama progettualità politica», ha evidenziato sempre Pomicino su «Formiche».

I consigli dell’ex parlamentare della Dc
Alla domanda “Quali sono gli ambiti dove la politica estera italiana dovrebbe distendersi maggiormente?”, Pomicino ha risposto così: «Mi sembra che la premier sia partita bene: è rapida e tenace. Forse non ha il supporto di una classe dirigente formata. Ma sta dando credibilità e affidabilità al governo italiano dopo anni di minusvalenze, cosa non di poco conto visto che ha preso in mano un Paese la cui reputazione era stata smarrita e crollata».





