«Extraprofitti? Abbiamo tassato un margine ingiusto a vantaggio delle banche. Ora aiuteremo famiglie e imprese». Così in un video de «Gli appunti di Giorgia» Meloni scende in campo in prima persona per difendere il decreto appena approvato, con cui il suo governo intende recuperare risorse ingenti per la spesa sociale. «In questa situazione difficile è fondamentale che il sistema bancario si comporti in modo il più possibile corretto. Stiamo registrando utili record e abbiamo deciso di intervenire introducendo una tassazione del 40% sulla differenza ingiusta del margine di interesse. Una tassazione che è non una tassa su un margine legittimo, ma una tassa su un margine, appunto, ingiusto», ha insistito la premier. La Meloni ha spiegato che le risorse che arriveranno dalla tassazione «dei margini ingiusti delle banche» andranno «a finanziare le misure a sostegno delle famiglie e delle imprese», che stanno vivendo un momento di difficoltà. Ma di cosa stiamo parlando nel concreto? Che cos’è la tassa sugli extraprofitti delle banche? Cerchiamo di fare chiarezza.
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Banche, cos’è la tassa sugli extraprofitti: i rischi per i clienti
Si tratta di una misura che va a colpire i profitti che il sistema bancario ha iniziato ad accumulare da quando sono iniziati i rialzi dei tassi di interesse decisi dalla Bce per tenere a bada l’inflazione. La tassa sugli extraprofitti, annunciata a sorpresa dopo il consiglio dei ministri del 7 agosto scorso, avrà un tetto massimo per il contributo che non potrà superare lo 0,1% del totale dell’attivo degli istituti di credito. La misura, si legge nella nota del Mef, “nasce sulla scia di norme già esistenti in Europa in materia di extra margini bancari”. Nella stessa si rileva che “gli istituti bancari che hanno già adeguato i tassi sulla raccolta così come raccomandato lo scorso 15 febbraio con specifica nota da Bankitalia, raccomandazione poi richiamata dal ministro Giorgetti in occasione dell’assembla Abi lo scorso 5 luglio, non avranno impatti significativi come conseguenza della norma approvata ieri in Cdm”.

La tassa sugli extraprofitti delle banche una risposta alla Bce
«La tassa sugli extraprofitti delle banche è la risposta del governo all’aumento dei tassi della Banca centrale europea. Non si tratta di una misura contro le banche, ma un provvedimento a protezione delle famiglie e di tutti quei soggetti che si sono trovati in difficoltà per il pagamento dei mutui», ha spiegato il vice premier e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani. «L’innalzamento dei tassi della Bce ha portato a un innalzamento del costo del denaro per famiglie e imprese. Non c’è stato un altrettanto solerte, veloce e importante aumento per i consumatori e i correntisti. Quindi in questo gap si verrà a contare un 40% di prelievo dagli extraprofitti multimiliardari delle banche. Non stiamo parlando di qualche manciata di milioni ma si possono ipotizzare alcuni miliardi. È un provvedimento di equità», ha dichiarato invece il vicepremier e ministro dei trasporti Matteo Salvini.

Di parere positivo i sindacati
Un parere positivo lo hanno espresso anche i sindacati: «È giusto aver deciso di tassare gli extraprofitti delle banche, intervento sollecitato da tempo dalla Cisl, che va allargato alle altre multinazionali (energia, digitale, logistica) per recuperare risorse da impegnare ad alzare salari, retribuzioni, pensioni e a ridurre il peso delle tasse ai lavoratori, pensionati e sostenere le famiglie sui mutui per le prime case». «Con i tassi a zero sui conti correnti e grazie all’aumento del costo del denaro le banche italiane incassano, senza muovere un dito, più di 25 miliardi di euro l’anno, il 76% in più di un anno fa ovvero extra ricavi pari a oltre 11 miliardi. Questo comportamento giustifica l’intervento del governo con la tassa sugli extra profitti delle banche», ha dichiarato invece il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

Cosa rischiano i clienti delle banche
Un buon provvedimento dunque? Ma rischiano qualcosa i clienti delle banche? Secondo molti esperti, le banche, in realtà, potrebbero decidere di scaricare i costi della nuova tassa sulla clientela, ad esempio aumentando le commissioni o il costo dei nuovi prestiti. Anche ai notiziari si è parlato molto del fatto che tale misura non è di invenzione italiana, ma che una misura simile era stata decisa in Spagna nel 2022. Come ha spiegato all’«Ansa» l’economista Andrea Di Stefano tra i due provvedimenti c’è una differenza che avrà il suo peso per i consumatori soprattutto: «Il governo spagnolo aveva inscritto alla base imponibile dell’imposta anche le commissioni», mentre «nella bozza attuale le commissioni non ci sono» e quindi «c’è un rischio oggettivo per i cittadini, clienti, consumatori, che le banche possano rivalersi della perdita di profitti per effetto di questa imposta aumentando le commissioni che sappiamo essere almeno nel sistema bancario italiano una tassa occulta abbastanza importante».

Tassa extraprofitti delle banche, Giavazzi: “Un errore”
Un’altra possibile conseguenza, ha detto al «Corriere della Sera» Francesco Giavazzi, professore di economia all’Università Bocconi, molto amico e consigliere dell’ex premier Mario Draghi, è che per gli istituti di credito potrebbe diventare meno conveniente investire in titoli di Stato, «la cui domanda scenderà proprio nel momento in cui vengono meno gli acquisti da parte della Bce». È «una tassa sbagliata tecnicamente, perché distorce l’allocazione del credito, e dal punto di vista della comunicazione, poco rispettosa degli investitori internazionali, di cui abbiamo bisogno come il pane», ha affermato con forza Francesco Giavazzi.

Quali sono i punti critici per l’ex consigliere di Draghi
Senza mezzi termini l’ex consigliere economico di Draghi ha definito la nuova tassa sugli extra profitti delle banche infatti «un errore da bocciatura all’esame di economia». L’esperto ha detto anche che «le domande dei prestiti sta già frenando e le banche potrebbero avere interesse ad assecondare questa frenata spostandosi dai prestiti verso le commissioni sui servizi bancari, magari introducendone di nuove. Le commissioni infatti sono escluse dalle attività soggette alla tassa, con l’effetto di far rincarare ancora di più il costo del denaro. Ma, soprattutto, distorce l’economia». Per farsi capire meglio Giavazzi ha fatto un esempio al «Corsera»: «Le tasse non dovrebbero fare una distinzione sull’origine dei profitti. È come se il governo tassasse la Barilla solo sui profitti derivati dagli spaghetti, ma non dai rigatoni. Perciò la Barilla potrebbe decidere di non produrre più spaghetti ma solo rigatoni. Il governo può decidere di tassare la Barilla perché pensa che faccia troppi profitti, ma non può indurla a ridurre la produzione di spaghetti. Non è il suo mestiere». Staremo a vedere…





