“La rivoluzione non è un pranzo di gala”, scriveva Mao. Giorgia Meloni l’ha aggiornata in chiave polemica: “Nemmeno un weekend lungo”. Con questa battuta, pronunciata a margine dei lavori europei a Copenaghen, la premier ha liquidato lo sciopero indetto dai sindacati italiani in solidarietà con Gaza, all’indomani del fermo della Global Sumud Flotilla da parte della marina israeliana.
Il tema irrompe nel pieno del vertice europeo: prima l’incontro informale del Consiglio, in vista del summit del 23-24 ottobre, poi la riunione della Comunità politica europea, con oltre 40 Paesi al tavolo. Ucraina e difesa comune restano le priorità, ma la vicenda della Flotilla ha inevitabilmente fatto breccia anche nell’agenda della premier, chiamata a misurarsi con le pressioni interne e con le piazze italiane piene di manifestanti.
La linea della premier: riportare a casa gli attivisti
Meloni ha ricordato come l’unità di crisi della Farnesina sia rimasta in contatto con gli attivisti italiani imbarcati sulla Flotilla:
“Faremo tutto quello che possiamo perché queste persone possano tornare in Italia il prima possibile”, ha spiegato.
Parole che mostrano attenzione al destino dei connazionali, ma che restano sul piano strettamente consolare, senza un reale approfondimento sugli obiettivi dell’iniziativa umanitaria.
Meloni, la critica alla Flotilla
La premier ha ribadito la sua contrarietà all’operazione, giudicata inefficace:
“Continuo a ritenere che tutto questo non porti alcun beneficio al popolo della Palestina. In compenso porterà molti disagi al popolo italiano, lo stesso che ancora ieri veniva ringraziato dai palestinesi per il lavoro che sta facendo…”.
Un commento che sposta l’attenzione dalle finalità della missione di aiuto a Gaza alle ricadute per l’Italia, con una critica che si intreccia al messaggio polemico verso le mobilitazioni sindacali.
L’assenza di una posizione sugli aiuti
Il nodo politico resta evidente: Meloni non entra nel merito della questione umanitaria. Nessun riferimento al blocco di Gaza, alle difficoltà nell’accesso agli aiuti e al significato politico della Flotilla come gesto simbolico di rottura. La premier preferisce sottolineare il potenziale danno all’Italia piuttosto che misurarsi con il dibattito internazionale sul diritto di assistenza alla popolazione civile palestinese.
Il confronto con le opposizioni
Le opposizioni, che hanno scelto di appoggiare scioperi e cortei, interpretano diversamente il senso dell’iniziativa, vedendo nella Flotilla un tentativo di tenere alta l’attenzione sugli aiuti umanitari e sulla crisi di Gaza. Meloni, invece, mantiene la linea della non ingerenza negli obiettivi politici della missione, ma colpisce duramente le forze sindacali, accusandole implicitamente di strumentalizzare il tema a fini interni.
Una strategia di equilibrio?
In definitiva, il discorso della premier sembra rivelare una strategia di equilibrio diplomatico: evitare frizioni con Israele e con gli alleati europei, mantenere il sostegno all’azione della Farnesina, ma non cedere a una lettura che riconosca legittimità politica o umanitaria alla Flotilla. Un equilibrio che, però, rischia di lasciare scoperta proprio la questione più urgente: quella del destino dei civili di Gaza e del ruolo dell’Italia negli sforzi internazionali di assistenza.





