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Carburanti, Meloni dice addio al taglio delle accise

Una notizia che non farà certo piacere ai consumatori. Nella Manovra 2023 il governo Meloni ha deciso di non confermare il taglio delle accise sui carburanti. Che tradotto in soldoni significa che dal 1° gennaio verrà meno lo sconto di 18 centesimi al litro che era stato precedentemente prorogato fino al 31 dicembre 2022. Con questo non si vuole dire che la Manovra 2023 sia svantaggiosa e iniqua per gli Italiani: il piano dell’esecutivo destina, infatti, la maggior parte delle risorse contro il caro-energia – parliamo di 21 dei circa 35 miliardi complessivi – e limita i costi delle bollette grazie alla conferma dell’azzeramento degli oneri generali di sistema e degli oneri per lo smantellamento del nucleare. Il governo ha ritenuto però opportuno non portare avanti il provvedimento introdotto da Mario Draghi. Scopriamo insieme perché e soprattutto quali conseguenze avrà tale scelta.

Per il 2023 non avremo il taglio delle accise sui carburanti. La misura era stata adottata dall’esecutivo presieduto da Draghi a partire dal primo marzo scorso proprio per contrastare il brusco aumento dei prezzi di benzina e diesel. Fino al 1° dicembre scorso, il provvedimento ha permesso ai consumatori di godere di uno sconto di 30 centesimi al litro. Poi il governo Meloni aveva pensato di ridurlo a circa 18 centesimi attraverso un decreto legge con “misure urgenti in materia di accise e IVA sui carburanti”. Dal 1° gennaio gli Italiani non godranno più di alcuna riduzione.

Una decisione quella del governo che già fa discutere: perché non prolungare lo sconto? Sull’eliminazione del provvedimento si sono espresse già le associazioni dei consumatori, che si sono dette contrarie, considerando il momento difficile che stanno vivendo famiglie e imprese. Secondo i calcoli di Centro Consumatori Italia, con la fine della riduzione delle accise sui carburanti, le spese per i trasporti su gomma aumenteranno di 5,2 miliardi nel 2023 e i rincari alimenteranno anche l’inflazione, che salirà dello 0,4% per via dell’aumento dei costi del trasporto merci.

Come si legge sul «Corriere della Sera», a guardare la situazione dall’altra prospettiva, si comprendono però le ragioni dello stop da parte di Meloni. Il taglio delle accise su benzina e diesel è dispendioso per le casse dello Stato: quando era piena, la misura, dal 22 marzo al 30 novembre, è costata circa 7,3 miliardi di euro. Ricordiamo, infatti, che il provvedimento era riservato a tutti i cittadini e non teneva conto del reddito o di altri parametri.

A spingere il governo a dire addio al taglio delle accise sui carburanti anche un altro fattore (e per nulla secondario): il periodo storico in cui ci troviamo è sì difficile, ma al momento l’Italia si trova in una fase ‘favorevole’. I prezzi di benzina e diesel sono scesi infatti rispetto a qualche mese fa grazie al calo delle quotazioni del petrolio sui mercati internazionali. E dunque la costante discesa dei prezzi dei carburanti, possiamo dire, ha già compensato l’aumento delle accise.

Secondo le rilevazioni settimanali del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, riportate sempre dal «Corriere della Sera», tra il 19 e il 25 dicembre il prezzo medio nazionale della verde è sceso a 1,625 euro al litro, a un valore che non vedeva da giugno del 2021. Il diesel è invece arrivato a 1,689 euro, ovvero al livello più basso da poco meno di un anno, nello specifico dal 31 gennaio 2022.

Ma perché il prezzo della benzina è diminuito? La riduzione ha a che fare con un calo più generale del prezzo del petrolio, che dopo essere aumentato costantemente dall’inizio della pandemia è in caduta libera da diverse settimane. Per chi si muove ogni giorno con l’auto, intendiamoci, è una buona notizia, ma in genere quando il petrolio scende c’è in realtà poco da stare allegri: dovremmo infatti interpretarlo come un campanello d’allarme. Il calo del prezzo del petrolio celerebbe un fatto importante: che l’economia globale si sta avviando verso un rallentamento che potrebbe diventare nel tempo una vera e propria recessione. Il prezzo, non a caso, ha preso a scendere dopo che il Fondo monetario internazionale ha ridotto le stime di crescita dell’economia globale per il 2022 dal 3,2% al 2,9%. Insomma, nel lungo periodo esso potrebbe non essere una nuova tanto positiva.