C’è chi lo ha letto come uno scivolone, chi come una boutade estiva, chi come un messaggio in codice. Ma la verità è che Pier Silvio Berlusconi ha fatto centro. Bastano poche parole, pronunciate con l’aplomb di chi sa maneggiare il potere da una posizione defilata, per rimettere in moto il valzer delle ipotesi, dei retroscena, delle mezze verità.
Il palco era quello dei palinsesti Mediaset, l’occasione ufficiale per parlare di share e produzioni, ma l’ex ragazzo schivo di Cologno ha fatto molto di più: ha accarezzato pubblicamente l’idea di un futuro politico. E già questo, nel panorama stanco del centrodestra italiano, è di per sé notizia. Che si tratti di un vero testacoda o solo di una prova generale non lo sappiamo. Ma il solo fatto che il figlio più posato del Cavaliere abbia evocato l’ipotesi di un cambio generazionale in Forza Italia e soprattutto non abbia escluso una sua discesa in campo ha fatto scattare più di un allarme. A partire da Arcore.
Pier Silvio Berlusconi e la tentazione di entrare in politica
Pier Silvio non è suo padre. Non ha l’istinto da mattatore né la fame di palco, ma conosce a menadito le dinamiche della comunicazione. E sa bene che ogni parola, se dosata nel momento giusto, può avere un peso politico superiore a mille programmi elettorali. Il suo non è stato un lancio, semmai un teaser: un trailer che preannuncia qualcosa che, per ora, resta nel cassetto. Ma che potrebbe uscirne nel momento in cui la stella di Giorgia Meloni iniziasse ad appannarsi o il centrodestra mostrasse crepe più evidenti. Del resto, Forza Italia è orfana e lo sa.
Antonio Tajani si muove con compostezza, ma senza leadership. E il legame tra il partito e la famiglia Berlusconi non è solo affettivo o simbolico: è anche finanziario. Le fideiussioni da 99 milioni garantite dai Berlusconi sono la prova più concreta che la “cosa azzurra” resta, volente o nolente, un affare di famiglia. In questo quadro, l’eventuale ingresso in campo di Pier Silvio non sarebbe un colpo di teatro ma una ricucitura naturale, anche se anomala, tra eredità e gestione del potere.
Il brand “Berlusconi” ha ancora appeal?
Eppure, accarezzare l’idea non basta. La politica non è un consiglio d’amministrazione e il consenso non si compra come i diritti di una serie tv. Pier Silvio sa che un ritorno del brand “Berlusconi” nella sua versione ereditaria rischia di sembrare più un’operazione nostalgia che un reale atto di rinnovamento. Ma se fosse invece una mossa per prendere tempo? Per restare sulla plancia, in attesa che qualcosa si rompa? Forse l’obiettivo non è “fare politica” ma essere pronti se la politica bussa alla porta. Diciamo che il centrodestra, per quanto unito a parole, non ha ancora trovato un baricentro dopo la morte del suo fondatore.
In questa sospensione, ogni frase pesa più del dovuto. E ogni cognome importante, se pronunciato nel momento giusto, può suonare come un messaggio cifrato. Pier Silvio, per ora, sorride e prende tempo. Ma intanto l’idea è lanciata. E nel regno della comunicazione, l’intenzione è già un mezzo passo. Staremo a vedere…










