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Draghi, l’Europa e la delusione del Quirinale: cosa (non) torna nell’intervista alla moglie

A chi gli domandava quale sarebbe stato il suo futuro al termine del mandato come presidente della Bce, nel 2019, Mario Draghi aveva risposto con tono serafico: «Chiedete a mia moglie, ne sa più di me». E «Il Foglio» l’ha preso in parola, mandando a Milano, sotto casa, Carmelo Caruso, che è riuscito a confezionare, non senza fatica, una sorta di reportage dal titolo «La “noia” di Mario Draghi. Parla la moglie Serenella: ‘La politica non lo ama. In Europa non ci andrà’», incentrato sulla «storia malinconica di un presidente che poteva essere tutto ed è rimasto un semplice cittadino». L’articolo abbonda di espressioni di questo tenore. Non c’è nulla da eccepire, se durante tutta la lettura si tiene ben presente che in politica capita spesso che la farsa prenda il tono della tragedia. Fa sorridere leggere che l’ex first lady era «magnifica» con «le ciabattine ai piedi». Ma quale donna? Si capisce, era un modo carino per dire che l’eleganza è innata. Uno sforzo che ricorda un po’ il corriere quando alla consegna di un pacco, vedendomi con pigiama e capelli spettinati dal vento, esclama: «Ma figurati». Inutile, gli uomini non le sanno dire le bugie. O almeno non come noi.

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Draghi e l’Europa: luci e ombre dell’intervista alla moglie

Non si può pensare che il professor Mario Draghi si sia servito della moglie per farci sapere le sue intenzioni. Crederlo possibile, anche solo per un istante, significherebbe offenderne l’intelligenza. È altrettanto inverosimile però ritenere pure che la silenziosa signora Maria Serenella Cappello abbia parlato a ruota libera con un giornalista appostato da giorni nel quartiere dove oggi i coniugi vivrebbero, raccontando della «cumbia della noia» che l’ex premier starebbe ascoltando in loop da mesi, senza tacere la profonda delusione del marito per la mancata elezione al Colle nel 2022. Delle due una: o lady Draghi è una delle creature più ingenue del pianeta o l’arguta nobildonna voleva fare in modo che un messaggio arrivasse forte e chiaro. Ossia che Draghi, quel Draghi che ha salvato l’euro con la formula «Whatever it takes», la frase più potente mai pronunciata nella storia delle banche, non andrà in Europa. E non per colpa sua, ma perché non lo vogliono. «La politica non ama mio marito. I politici lo temono. In Europa lui non ci andrà. Del resto si è già visto in un’occasione come è andata a finire… Non lo manderanno mai. Non lo vogliono», ha spiegato la signora, riferendosi al Mattarella bis.

“Draghi non andrà in Europa”, lady Cappello dixit: cosa non torna

Già in altre occasioni lady Draghi, discendente di Bianca Cappello che fu prima amante e poi moglie del gran duca di Toscana Francesco I de’ Medici, donna colta e laureata in letteratura inglese, si era sbilanciata sulle sorti del marito. Nel marzo del 2018, quando la coppia si era recata al seggio presso il liceo Mameli di Roma, la signora Maria Serenella aveva risposto ai curiosi che cercavano di conoscere le aspirazioni dell’ex governatore: «Mio marito non farà un governo, non è un politico». Quella volta Draghi, spazientito, l’aveva ammonita con un sonoro «Stai zitta!» e non è da escludere che all’indomani della lettura della prima pagina de «Il Foglio» la scenetta in casa si sia ripetuta. Anche perché il Draghi dell’articolo è ben altra cosa rispetto al civil servant che ha saputo rendere più robusta l’Europa e ridare credibilità perduta all’Italia. 

Draghi e la noia: il reportage sulla nuova vita a Milano

Se il tentativo era quello di rendere Mario Draghi più vicino alla gente, svelandone le nuove abitudini milanesi (dallo spritz consumato in un bar cinese, dove il «cocktail Hugo costa 4 euro» al petto di pollo consegnato ogni fine settimana dal macellaio di fiducia), l’obiettivo si può definire fallito, pure perché sono pochi gli italiani che possono permettersi il lusso di annoiarsi. Chi conosce Draghi, perché ha avuto il privilegio di averci a che fare (direttamente o indirettamente), sa che nel pezzo forse c’è soltanto l’ombra dell’economista (e la «donna che tiene la mano dell’ombra»). Qualcosa torna nella narrazione, qualcosa no. E la triste immagine della «celletta» francamente no. La vita di Draghi è stata un continuo salire e scendere dagli aerei: mentre era alla guida della Bce faceva la spola tra Milano e Bruxelles, ai tempi del Tesoro si muoveva con disinvoltura tra Roma, Washington e Londra; durante i tristi giorni della pandemia lasciava la capitale per il buen ritiro in quella cittadina medievale da favola che è Città della Pieve, nella campagna umbra. Altro che pochi metri: tra i luoghi del cuore dell’ex premier c’è anche Noventa Padovana, dove vivono i parenti della moglie. È vero, non ha mai approfittato del suo status sociale: quand’era alla guida della Bce viaggiava come un normale passeggero in classe economy. E a chi si stupiva rispondeva con naturalezza: «Perché no?».

“Mr. Altrove” continua a giocare a nascondino?

Il potere non l’ha cambiato: quando è a Città della Pieve Mario Draghi continua ad andare a mangiare alla Trattoria Bruno Coppetta; a Roma non rinuncia alla sua passeggiata mattutina e va a fare la revisione all’auto come tutti. Si mette in fila in farmacia così come in panetteria, ovvio. Molti politici non lo fanno, beh lui sì. E non dovrebbe essere l’eccezione, in realtà, ma la regola, perché nulla insegna più dell’esempio. Vita ritirata sì, ma non è che prima di diventare presidente del consiglio Draghi fosse così mondano: lui stesso ha raccontato ad Aldo Cazzullo a fine novembre che l’ultima volta che è andato alla stadio a vedere la sua Roma i posti non erano neppure numerati. E in quella stessa occasione aveva confidato che da bambino gli piaceva tanto giocare a nascondino, cosa che evidentemente lo diverte ancora. Insomma, fa tutto parte del personaggio. Quando a qualcuno che gli è vicino si chiedono notizie, la replica è sempre la stessa: “È impegnato”. Non a caso tra i suoi epiteti storici vi è Mr. Altrove. E chi dice che è difficile farsi una buona reputazione, non immagina quanto sia complicato sfilarsi di dosso un soprannome. Caruso scrive: non sappiamo che libri legge, perché non ha mai voluto dirlo.

Il lato inedito di Mario Draghi tra libri e opere d’arte

Nelle biografie a lui dedicate si apprende però di una certa predilezione per “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e che, in passato, a chi gli chiedeva consigli Draghi avrebbe suggerito la lettura de L’Amica geniale di Elena Ferrante. Durante la sua visita a Napoli da premier, in tour nei cunicoli di San Gaudioso al Rione Sanità, Draghi ha rimirato l’affresco di uno scheletro con ai piedi una clessidra, un libro, una corona e uno scettro. Quello che ispirò ’a Livella di Totò. «Conosco questa storia. La cultura, la ricchezza e il potere non hanno senso con la morte, che rende tutti uguali», il commento dell’ex banchiere centrale. Parole che la dicono lunga su di lui e sul suo approccio pragmatico. Guardando poi la libreria alle spalle di Draghi durante l’intervista concessa al giornalista Martin Wolf in occasione del Global Boardroom Conference del Financial Times si trova conferma della sua passione per l’arte, coltivata nel tempo non solo grazie alla sorella Andreina, affermata storica dell’arte, che nel 1999 ha portato alla luce un ciclo di affreschi medievali nel complesso dei Santi Quattro Coronati a Roma, ma anche all’amico, l’economista Pentti Kouri.

“Ma perché voi giornalisti lo detestate?”

C’è un altro passaggio che colpisce dell’intervista “rubata”, quando la signora Cappello dice: «Ma perché anche voi giornalisti lo detestate? Vi metteva paura? Ah, ma lui è fatto così. Non gli piace che si scriva della sua vita. Se fosse per mio marito si dovrebbe parlare e scrivere il meno possibile e con precisione. È severo, certo che lo è. Lo è sempre stato. Vuol dirlo a me? Io ne so qualcosa, sa da quanto?». Qualcuno su Twitter ha commentato il pensiero con un seccato «Quando si vive in una bolla». È più logico pensare che si sia trattata di una boutade. Non è forse l’ironia il soprabito dell’intelligenza? Anche se effettivamente l’ex first lady non c’era nella Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola quando i giornalisti presenti applaudivano e ridevano delle battute del marito (e qualcuno si è pure alzato al suo ingresso!). Caruso, ne avrà memoria.

Anche lì, la faccia di Draghi era tra l’imbarazzato e il compiaciuto. Quasi rassegnato a recitare la parte del potente «che viene guardato con stupore dai normali», come aveva avuto modo di svelare durante la presentazione del libro del vignettista Emilio Giannelli. Quella sera Draghi di formazione gesuita «non spegneva sigarette su un velluto blu», ma se ne stava comunque beatamente seduto su un trono foderato di rosso, mentre si toccava la cravatta viola (tonalità mistica, che esprime dignità e sicurezza di sé), alzando di tanto in tanto lo sguardo alla finta cupola. Del resto il potere è tutta una questione di prestigio, è un sottile gioco di luce e ombre.

Draghi e la cocente delusione per il Colle

Dell’articolo uscito su «Il Foglio» un fatto consola (e dobbiamo ringraziare Caruso e la signora Cappello per aver non avuto timore di dire quello che il marito non avrebbe mai confessato): anche Mario Draghi ha desiderato tanto una cosa e non l’ha ottenuta. Pure per lui non valgono i versi della canzone di Ornella Vanoni: «È uno di quei giorni che tu non hai conosciuto mai, beato te, sì beato te». Draghi la delusione l’ha conosciuta, a quanto pare. E gli brucerebbe ancora la mancata elezione al Colle: «Per vincere quella cosa, quell’umore cattivo, che a volte lo prende, organizza cene, e crede così di sconfiggerla», riferisce Caruso. Perché l’esperienza è fondamentale in certi ambienti, parimenti i nervi saldi, ma il cuore, nonostante gli anni, rimane giovane e a tratti sconsiderato. E anche quello dei «banchieri centrali qualche volta viene usato», come ha detto l’ex premier. Magari da bambini c’avessero educati alla contentezza e invece no, desiderare, desiderare e ancora desiderare. E l’etimologia del termine «desiderio» descriverebbe appieno lo stato in cui versa chi ha visto un suo sogno non realizzarsi: «Avvertire la mancanza delle stelle».

Draghi e il futuro in Europa: andrà sì o no?

E torniamo così al punto di partenza, al buio in cui si avvicendano le ombre. Come diceva il poeta francese Pierre Reverdy però non è forse proprio l’ombra lo scrigno più bello della luce? Se assumiamo questa prospettiva le parole della signora Maria Serenella Cappello assumono tutta un’altra foggia. E viene in mente il ritornello del brano «Anthem» di Leonard Cohen, con il quale Christine Lagarde salutò il predecessore al momento del congedo dalla presidenza della Bce: «C’è una crepa in ogni cosa. È così che entra la luce». Questo per dire che la speranza di avere una figura competente, stimata, come Mario Draghi in Commissione europea non abbandona chi brama il grande salto dell’Europa. Ma qui non si vuole tirare per la giacchetta nessuno, anche perché lady Cappello l’ha detto chiaro e tondo: il marito detesta chi parla a sproposito di lui e dei suoi cari. Chiedo venia. Non s’è fatto apposta.

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