La mafia uccide molto spesso anche per errore. Non siamo nuovi ad occuparci di questi tragici episodi di cui è costellata la storia d’Italia, uno sterminato elenco di vittime innocenti di cui c’è una memoria collettiva (per fortuna) che tuttavia va sempre mantenuta viva. Abbiamo raccontato la storia di Filippo Ceravolo, che ancora attende giustizia dopo 12 anni, e quella di Vincenzo Costa, anch’egli vittima innocente di un agguato della ‘ndrangheta i cui mandati ed esecutori sono rimasti ignoti sinora.
Oggi raccontiamo una storia tragica e assurda, quella di Nicola Nappo, un giovane di Poggiomarino (Napoli) ucciso in un agguato dalle modalità mafiose esattamente 15 anni fa, mentre attorno alle 22:30 stava seduto su una panchina del centro assieme ad una ragazza. Nicola, 22 anni, era tutto fuorché un criminale o un soggetto contiguo ad ambienti mafiosi. Allora perché i sicari della camorra gli hanno sparato sette colpi di pistola alla testa ed al torace colpendolo a morte?
“E’ il 9 luglio 2009. E’ sera. I killer piombano nella piazza davanti al municipio per eseguire la sentenza di morte ordinata dalla cupola del clan Sorrentino, una cosca in ascesa a Scafati e nel salernitano. Hanno l’ordine di uccidere, di vendicare l’onta subita dal figlio del boss schiaffeggiato durante una lite. Nicola Nappo è a due passi da un bar, in compagnia di una ragazza di 18 anni. Ha i capelli rasati, un po’ di abbronzatura, scarpe di ginnastica e jeans. I killer sono convinti di avere nel mirino un affiliato al clan Fabbrocino, l’obiettivo da abbattere. Gli esplodono addosso una pioggia di proiettili e per Nicola non c’è scampo. Il suo corpo resta lì, a pochi passi da una panchina in pietra lavica, disteso in una pozza di sangue sulla carreggiata. La ragazza resta ferita di striscio, è sotto choc, impietrita”. E’ il racconto, a firma di Raffaele Schettino su Repubblica, del terribile agguato in cui Nicola perse la vita.
Ci sono voluti alcuni anni, ma si è arrivati poi ad una tragica verità. Nicola è stato vittima di uno scambio di persona, ha pagato con la vita l’essersi trovato in un dato momento in compagnia di qualcuno che l’ha fatto scambiare per un’altra persona. La ragazza che stava con lui era l’ex fidanzata dell’esponente della camorra che doveva essere eliminato dai rivali: questa circostanza, oltre alla somiglianza fisica tra i due giovani (Nicola e il vero obiettivo dell’agguato, ndr), avrebbe indotto in errore i killer. «Nicola Nappo fu ucciso al posto mio». È stata questa rivelazione di un collaboratore di giustizia del clan di Giugliano qualche anno dopo l’efferato delitto a confermare la tesi degli inquirenti, ovvero quella dello scambio di persona.
Proprio questa circostanza, secondo quanto riferito dal pentito ai magistrati della Dda napoletana, avrebbe indotto in errore i due killer del clan di Scafati che, con il volto camuffato da barbe finte, esplosero sette colpi di pistola diretti al torace e alla nuca di Nicola. E’ il 2012, e pian piano gli inquirenti vengono a capo dell’intricato puzzle attorno a questa tragica vicenda. Viene individuato il mandante dell’agguato finito con l’uccisione della persona sbagliata, il povero Nicola. Si tratta di un boss di medio calibro affiliato al clan camorristico dei “Campagnoli” di Scafati e dell’agro nocerino e i magistrati ne chiedono l’arresto. Due anni dopo arriva anche la condanna all’ergastolo per il mandante, mentre gli esecutori materiali del delitto restano sconosciuti ed impuniti.





