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Schlein e Conte ai ferri corti: il campo largo diviso sulla politica estera

C’è una frattura che attraversa il fronte dell’opposizione e che nessun appello all’unità riesce più a mascherare. È quella tra Elly Schlein e Giuseppe Conte, che sulla politica estera, dall’Ucraina alla Palestina, continuano a muoversi su binari paralleli. Il voto di oggi in Senato, con quattro diverse risoluzioni presentate dal centrosinistra, ne è solo l’ultimo sintomo.

Nessuna linea comune su Ucraina e Palestina

Mentre Giorgia Meloni ribadisce il sostegno all’Ucraina e si prepara al Consiglio europeo, il campo largo appare più diviso che mai. Da una parte la segretaria del Pd, che insiste sulla linea dell’europeismo pragmatico e del sostegno a Kiev “fino alla pace giusta”, in piena sintonia con Bruxelles e Parigi. Dall’altra, il leader del M5s, che continua a chiedere uno stop all’invio di armi e un negoziato immediato, in linea con le posizioni più critiche verso la Nato. Una distanza che si ripete anche sul dossier mediorientale, dove Schlein ha difeso la soluzione “due popoli, due Stati”, mentre Conte ha spinto per un riconoscimento unilaterale della Palestina, accusando l’Europa di “ipocrisia”.

Il centrosinistra parla a più voci

Nessun passo avanti, dunque, nella costruzione di una posizione comune sulla politica internazionale.
È già successo con il piano di Donald Trump per la Palestina e si ripete ora con la guerra in Ucraina: ogni partito del campo largo ha una sua risoluzione, un suo linguaggio, una sua idea di pace.
E se il centrodestra riesce a dissimulare le proprie contraddizioni dietro una risoluzione generica, le opposizioni le mettono platealmente in scena: Pd, M5s, Alleanza Verdi-Sinistra e Più Europa voteranno documenti diversi, segnalando pubblicamente la loro distanza.

Il nodo politico di Schlein

Per la segretaria dem, la questione non è solo diplomatica, ma di credibilità. Come si può chiedere agli elettori di affidare al centrosinistra la guida del Paese se non c’è accordo su temi cruciali come la guerra, la pace e le alleanze internazionali? Schlein tenta di mantenere un equilibrio: critica Meloni ma difende la linea europea, evita lo scontro frontale con Conte ma non può seguirlo sul terreno del neutralismo. Nel frattempo, anche all’interno del Pd non mancano le voci dissonanti: Paolo Gentiloni ha invocato un confronto vero con i Cinque Stelle, mentre Goffredo Bettini ha suggerito di aprire la discussione dentro il partito stesso, dove non tutti condividono la postura atlantista della segretaria.

Conte, tra pacifismo e calcolo politico

Dal canto suo, Giuseppe Conte non arretra di un millimetro. Rivendica la coerenza della sua linea e si presenta come il riferimento del pacifismo italiano, convinto che la maggioranza degli elettori voglia “porre fine alla guerra, non alimentarla”. Ma il rischio, per l’ex premier, è di restare isolato in Europa, dove le posizioni del M5s vengono percepite come un corpo estraneo. E la domanda, sottolinea più di un osservatore, resta aperta: Conte farebbe cadere un governo Schlein su Ucraina o Palestina? Il dubbio pesa sul futuro stesso dell’alleanza.

Un campo largo sempre più stretto

Tra diffidenze reciproche e sensibilità inconciliabili, il progetto di un fronte comune appare oggi fragile. Mentre il centrodestra gioca a nascondere le proprie divergenze, il centrosinistra le espone in piena luce, proprio sui temi che più contano per la politica internazionale. E così, nel giorno in cui Meloni difende la linea pro-Ucraina in Senato, l’opposizione si presenta ancora una volta con quattro voci e nessuna sintesi. Un copione ormai noto, che rischia di compromettere la credibilità di un’alternativa di governo che, almeno per ora, resta tutta da costruire.