Quando nel luglio del 2022 l’allora primo ministro giapponese Shinzo Abe fu ucciso in un attentato, Sanae Takaichi scrisse sui social una frase enigmatica e commossa: «Da oggi devo lavorare molto duramente, o dovrò scusarmi con lui». Era il modo, discreto e disciplinato, con cui una politica della sua scuola mostrava riconoscenza al proprio mentore. Tre anni dopo, quella promessa si è trasformata in un destino: Takaichi è diventata la prima donna a guidare il governo giapponese, un evento che segna una svolta storica in un Paese ancora profondamente maschilista.
L’ascesa dopo la crisi politica
Sessantaquattro anni, una lunga carriera nel Partito Liberal Democratico (PLD), Takaichi ha assunto l’incarico in un momento di grande incertezza. Il PLD, al potere quasi ininterrottamente dal 1955, è in difficoltà: alle ultime elezioni ha perso la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Le dimissioni dell’ex premier Shigeru Ishiba, a settembre, hanno aperto la strada alla sua elezione. Ora la nuova premier deve affrontare sfide economiche e sociali enormi: inflazione alta, yen debole, una popolazione sempre più anziana (l’età media supera i 45 anni) e una crescente diffidenza verso l’immigrazione. Nel frattempo, si prepara a ricevere a Tokyo il presidente statunitense Donald Trump, con cui dovrà discutere di dazi e commercio: un incontro che si preannuncia cruciale.
Tra Abe e Thatcher: due modelli per una leader conservatrice
Nata a Nara, antica capitale imperiale oggi meta di turisti e cervi curiosi, Takaichi è entrata in Parlamento nel 1993. Per oltre trent’anni è stata una figura leale al pensiero di Abe, condividendone la visione di un Giappone forte, orgoglioso e più autonomo militarmente. Come il suo mentore, sostiene un’economia basata su spesa pubblica e tagli fiscali, e vuole rivedere l’articolo 9 della Costituzione, che vieta al Giappone di avere un esercito vero e proprio. Le sue visite al controverso santuario di Yasukuni, dove riposano anche criminali di guerra, hanno spesso suscitato polemiche internazionali. In politica estera, mantiene una linea dura con la Cina e si dice pronta ad allearsi con Taiwan.
Una premier tra nazionalismo e rock
Dietro la postura severa e il linguaggio istituzionale, Takaichi nasconde una vena sorprendente: è una fan sfegatata dell’heavy metal, ama i Deep Purple e gli Iron Maiden, e da giovane suonava la batteria. Non ha mai nascosto di ispirarsi a Margaret Thatcher, di cui riprende lo stile – i tailleur blu, la determinazione, la retorica dell’ordine e del dovere. Eppure, proprio come la “lady di ferro” britannica, Takaichi divide l’opinione pubblica: c’è chi la considera un modello di disciplina e chi teme un ritorno a posizioni conservatrici rigide, soprattutto su diritti civili e parità di genere.
Il “soffitto di vetro” non è ancora infranto
Sul fronte dei diritti, la nuova premier ha espresso posizioni poco progressiste: è contraria ai matrimoni omosessuali, alla possibilità per i coniugi di mantenere cognomi diversi e alla riforma della legge sulla successione imperiale, che oggi consente di salire al trono solo ai maschi.
Ha però promesso di aumentare la presenza femminile nel governo fino a “livelli nordici”, ossia il 50%, pur respingendo l’idea delle quote di genere. Un impegno che suscita più scetticismo che entusiasmo. «Il tetto di cristallo non è stato rotto», ha osservato la politologa Mari Miura della Sophia University di Tokyo, «è solo comparso un piccolo foro». Un foro che, nel contesto giapponese, è comunque una crepa nella tradizione. E forse è proprio da lì, da quel segno minuscolo ma visibile, che il Paese potrà cominciare a cambiare davvero.





