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Parolin rilancia sullo Stato di Palestina: “Non è prematuro, è la soluzione”

Il riconoscimento dello Stato di Palestina non è affatto prematuro, anzi, rappresenta l’unica via percorribile secondo la Santa Sede. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, lo ha ribadito con fermezza a margine di un incontro a Roma, in risposta alle posizioni più caute espresse da vari leader internazionali, tra cui la premier Giorgia Meloni.

La posizione del Vaticano è chiara: due Stati per due popoli

Il cardinale Parolin non si è nascosto dietro la diplomazia: per la Santa Sede il riconoscimento della Palestina è da tempo una scelta necessaria, non più rinviabile. Alla base della posizione vaticana c’è la convinzione che la soluzione del conflitto israelo-palestinese passi inevitabilmente attraverso il riconoscimento reciproco e la convivenza di due entità statali autonome. Nessuna ambiguità, dunque: due Stati che vivano fianco a fianco, in autonomia e sicurezza, come già affermato in passato da Papa Francesco e ribadito più volte nei consessi internazionali. Una linea coerente che si distingue da quella più attendista di alcuni Paesi del G7, tra cui l’Italia, dove il riconoscimento della Palestina viene considerato ancora “prematuro”. Parolin risponde secco: “Ma perché prematuro?”. Una replica che suona come una sfida alle mezze misure e alle reticenze geopolitiche.

Il G7 dovrebbe fare di più?

Alla domanda se tutti i Paesi del G7 dovrebbero compiere il passo del riconoscimento, la risposta di Parolin non lascia spazio a dubbi: sì, è questa la strada da seguire, la “formula”, come la definisce lui, per una pace stabile e duratura. Una soluzione che, però, appare oggi ancora più complessa a causa della situazione sempre più instabile in Cisgiordania. Parolin riconosce le difficoltà pratiche, ma non per questo ritiene meno urgente il riconoscimento. Anzi, proprio le tensioni crescenti, i continui episodi di violenza e la crescente sfiducia tra le parti, rendono ancora più necessario riprendere il dialogo diretto tra israeliani e palestinesi, con l’obiettivo di arrivare alla creazione di due entità statali realmente indipendenti. A questo proposito, il porporato guarda con interesse alla conferenza prevista a New York, promossa da Francia e Arabia Saudita, che punta a individuare modalità concrete per far avanzare il processo. L’auspicio è che da quell’appuntamento emergano risultati tangibili, e non solo buoni propositi destinati a restare sulla carta.

L’appello a Israele: non si ripetano più certi errori

Nel corso dell’intervento, Parolin ha voluto anche rivolgere un messaggio diretto al governo israeliano, chiedendo un impegno concreto per evitare il ripetersi di episodi gravi come quello avvenuto a Gaza, dove è stata colpita la chiesa della Sacra Famiglia. Le autorità israeliane hanno parlato di un errore, ma per il Vaticano è necessario fare di più.

“Se si vuole, si può trovare la maniera di non ripetere gli errori”, è l’esortazione netta del cardinale. Senza polemiche aperte, ma con tono fermo, Parolin ha spiegato che la Santa Sede, non avendo potuto condurre un’indagine autonoma, si è limitata a prendere atto delle conclusioni israeliane. Tuttavia, la sensazione è che questi incidenti si stiano ripetendo con troppa frequenza, e che serva una vigilanza molto più attenta per evitare che luoghi di culto e istituzioni umanitarie vengano ancora colpiti. Un passaggio che tocca un nervo scoperto nel conflitto mediorientale: quello delle tutele minime da garantire anche in guerra, secondo il diritto internazionale. Il Vaticano chiede che si alzi il livello di attenzione e responsabilità, soprattutto quando in gioco ci sono vite civili, religiosi, medici, volontari, bambini.

Un filo diretto con Gerusalemme

Il cardinale ha anche ricordato che la Santa Sede mantiene un contatto costante con il Patriarcato latino di Gerusalemme, in particolare con la comunità cristiana presente nei territori palestinesi. Un rapporto continuo, fatto di collaborazione, scambi e sostegno concreto, che testimonia quanto la Chiesa cattolica sia ancora oggi profondamente radicata nei luoghi santi, ma anche coinvolta nelle sfide del presente.

In un tempo segnato da crisi internazionali e nuove guerre, la posizione del Vaticano torna a farsi sentire con forza: la pace non può attendere, e il riconoscimento dello Stato di Palestina non è più una questione ideologica o simbolica, ma un passaggio necessario per riaprire il canale del dialogo e fermare l’escalation.