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Meloni: “Basta tafazzismo sul Pnrr”

“Smettiamo di fare allarmismo su una questione strategica per la nazione intera e che, nella migliore tradizione dei Tafazzi d’Italia, viene strumentalizzata per attaccare il governo”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in un’intervista pubblicata oggi, lunedì 3 maggio 2023, sul «Corriere della Sera». La premier ha rispedito al mittente le critiche sui ritardi del Pnrr, citando il personaggio autolesionista di Giacomo Poretti, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, come aveva già fatto a fine aprile. Meloni ha invocato un “Basta tafazzismo” e ha spiegato che il Mes può attendere.

Meloni, cosa ha detto oggi nell’intervista al «Corriere della Sera»

“Siamo impegnati per rispondere alle ultime richieste di chiarimenti da parte della Commissione”, ha sottolineato Meloni, ricordando poi: “Lavoriamo su un piano scritto da altri”. L’allusione ovviamente ai precedessori Giuseppe Conte e Mario Draghi. “Non posso fare a meno di notare che se il lavoro certosino che stiamo facendo adesso, senza alcuna tensione con la Commissione, fosse stato fatto a monte quando i progetti sono stati presentati, avremmo potuto risparmiare molto tempo”, ha aggiunto la premier. Nel corso dell’intervista sono stati affrontati altri temi, come il salario minimo.

Dal salario minimo ai ritardi sul Pnrr

“Non sono convinta che al salario minimo si possa arrivare per legge, l’approccio del governo va nella direzione di favorire una contrattazione collettiva sempre più virtuosa”, ha detto Meloni. Per quanto riguarda la ratifica del Mes, che ha messo in imbarazzo la maggioranza nelle scorse settimane e a breve sarà rimandata definitivamente di quattro mesi. “Chi oggi chiede la ratifica non sta facendo l’interesse italiano”, ha rimarcato Meloni.

Infine, sui migranti: “L’accordo di tutto il Consiglio Ue sulla cosiddetta dimensione esterna, che offre un approccio  completamente nuovo rispetto al passato in tema di contrasto ai flussi migratori, è un indiscutibile successo italiano. Siamo riusciti a far comprendere a tutti i nostri partner che non aveva senso continuare a litigare tra Paesi di primo approdo e Paesi di destinazione su chi dovesse avere la responsabilità di gestire il fenomeno e che l’unico modo era lavorare insieme sui confini esterni”. Certo, Morawiecki e Orban sono rimasti sulle loro posizioni ma, ha spiegato Meloni, “soprattutto la Polonia, ma anche l’Ungheria, hanno accolto milioni di profughi ucraini ricevendo dalla Ue contributi inferiori al necessario. Di contro, secondo l’accordo dell’8 giugno, sarebbero tenute a versare 20mila euro per ogni  migrante anche irregolare non ricollocato. Il tutto, aggravato dal blocco degli stanziamenti per i loro Pnrr nazionali. La loro rigidità è comprensibile e io ho sempre grande rispetto per chi difende i propri interessi nazionali. Si può superare ricostruendo un rapporto di fiducia e in questo senso cerco di dare il mio contributo”.

Meloni, nell’intervista di oggi sul «Corriere della Sera» ha parlato anche di migranti

A ogni modo, osserva ancora il presidente del Consiglio, “il Patto migrazione e asilo va avanti”, però “vendere questo accordo come una soluzione efficace è sbagliato. Può aiutare l’Italia in misura relativa, anche perché il principio cardine di Dublino dello Stato di primo approdo non è stato superato e l’onere su nazioni come l’Italia è ancora troppo elevato. Il Patto si occupa di gestire gli arrivi quando avvengono, la mia priorità invece e fermare i flussi illegali prima che partano e stroncare il traffico di esseri umani”, ha concluso Meloni.