Per Mario Draghi la prossima meta deve essere una revisione dei trattati fondativi dell’Unione europea che consenta di creare una vera politica fiscale comune. L’ex numero uno della Bce, nel discorso pronunciato martedì a Cambridge in onore di Martin Feldstein, economista euroscettico ed ex presidente del National Bureau of Economic Research, ha detto con fermezza: «Le strategie che hanno assicurato la nostra prosperità e sicurezza in passato – la dipendenza dagli Stati Uniti per la difesa, dalla Cina per le esportazioni e dalla Russia per l’energia – sono diventate oggi insufficienti, incerte o inaccettabili. Le sfide del cambiamento climatico e delle migrazioni rendono ancor più urgente rafforzare la capacità di agire dell’Europa».
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Ue, Mario Draghi a Cambridge: “Accelerare integrazione con processo politico, gli europei sono pronti”
«L’Europa – fino ad oggi – non ha mai affrontato così tanti obiettivi sovranazionali condivisi, ovvero obiettivi che non possono essere gestiti dai singoli Paesi. Stiamo vivendo una serie di grandi transizioni che richiederanno grandi investimenti comuni (ad.es. transizione verde, transizione geopolitica, difesa). Secondo la Commissione Europa, la transizione verde – più di 600 miliardi di euro all’anno fino al 2030. La transizione geopolitica, guidata dal disaccoppiamento tra Stati Uniti e Cina, in cui non possiamo più fare affidamento su paesi ostili per le forniture critiche. Ciò richiederà un sostanziale riorientamento degli investimenti verso la costruzione di capacità in patria o con i partner. La guerra in Ucraina: mai nella storia dell’UE i suoi valori fondanti di pace, democrazia e libertà sono stati messi in discussione così», ha spiegato nel suo intervento Draghi a Cambridge.

La lezione di Mario Draghi a Cambridge: il video del discorso
«Una conseguenza immediata è che dobbiamo compiere una transizione verso una difesa comune europea molto più forte se vogliamo, come minimo, raggiungere l’obiettivo di spesa militare della NATO del 2% del PIL. Tuttavia, allo stato attuale, la struttura istituzionale dell’Europa non è adatta a realizzare queste transizioni, come rivela il confronto con gli Stati Uniti. In Europa manca una strategia per integrare la spesa a livello europeo, le norme sugli aiuti di Stato e i piani fiscali nazionali, come dimostra l’esempio del cambiamento climatico. Una volta scaduta la NextGenerationEU, non c’è alcuna proposta per uno strumento federale che la sostituisca per realizzare la spesa necessaria per il clima. Le norme UE sugli aiuti di Stato limitano la capacità delle autorità nazionali di perseguire attivamente una politica industriale verde. Inoltre, le nostre norme fiscali non prevedono alcuna eccezione per consentire investimenti sufficienti a lungo termine», ha proseguito l’ex premier italiano.

«Ridefinire l’Ue e il suo quadro fiscale»
Non ci sono alternative, due le sole opzioni per l’economista: la prima, «allentare le norme sugli aiuti di Stato e le regole fiscali, consentendo agli Stati membri di assumersi interamente l’onere della spesa per investimenti. Ma in questo modo creeremo una frammentazione poiché, anche con il maggior margine di manovra che i mercati concedono oggi all’area dell’euro, i Paesi con maggiore spazio fiscale avranno molto più spazio di spesa rispetto agli altri. Ciò significa che l’unica opzione che ci permette di raggiungere i nostri obiettivi è la seconda». Poi la seconda, quella evocata dal professor Mario Draghi a Cambridge: «Cogliere questa opportunità per ridefinire l’UE, il suo quadro fiscale e – con l’ulteriore allargamento in programma – il suo processo decisionale, e renderli commisurati alle sfide che dobbiamo affrontare. Le regole fiscali siano attualmente in discussione».

La riforma dei trattati secondo l’ex premier
«La sfida principale per l’area dell’euro è che ci affidiamo a regole fiscali a livello nazionale per raggiungere molteplici obiettivi. Dato il ruolo cruciale di stabilizzazione dei bilanci nazionali, abbiamo bisogno di regole che consentano alla politica anticiclica di rispondere agli shock locali. Abbiamo anche bisogno di regole che facilitino il massiccio fabbisogno di investimenti di cui abbiamo bisogno. E dobbiamo garantire la credibilità a medio termine delle politiche fiscali nazionali in un contesto di livelli di debito post-pandemia molto elevati. C’è un compromesso intrinseco tra questi obiettivi. La Commissione europea ha cercato di risolvere questi compromessi proponendo di concentrarsi su una regola di spesa legata alla traiettoria del debito a medio termine di un Paese. Se guardiamo al futuro, dobbiamo riconoscere che le regole fiscali veramente credibili non possono funzionare senza un equivalente ripensamento di dove dovrebbero risiedere i poteri fiscali», ha insistito Draghi.

Draghi a Cambridge: «Gli europei sono pronti»
L’ex premier italiano a Cambridge ha parlato di una riforma dei trattati: «Una possibilità è procedere, come si è fatto sinora, con un’integrazione tecnocratica, apportando cambiamenti in apparenza tecnici e sperando che quelli politici seguiranno. Questo approccio ha funzionato con l’euro, rendendo l’Ue più forte, ma il costo è stato elevato e i progressi lenti». La vera soluzione sarebbe un’altra: «Il punto di partenza di ogni futura modifica dei Trattati deve essere il riconoscimento del numero crescente di obiettivi condivisi e della necessità di finanziarli insieme, il che a sua volta richiede una diversa forma di rappresentanza e di processo decisionale centralizzato. A quel punto, il passaggio a regole più automatiche diventerebbe più realistico».

Mario Draghi: «Non possiamo restare fermi o come la bicicletta di Jean Monnet, cadremo»
«Credo che gli europei siano più pronti di vent’anni fa a intraprendere questa strada, perché oggi hanno davvero solo tre opzioni: paralisi, uscita o integrazione. In questo momento storico, non possiamo restare fermi o, come la bicicletta di Jean Monnet, cadremo», ha rimarcato l’economista. «Le strategie che hanno assicurato la nostra prosperità e sicurezza in passato – la dipendenza dagli Stati Uniti per la sicurezza, dalla Cina per le esportazioni e dalla Russia per l’energia – oggi sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili. Le sfide del cambiamento climatico e della migrazione non fanno che accrescere il senso di urgenza di rafforzare la capacità di azione dell’Europa. Non saremo in grado di costruire questa capacità senza rivedere il quadro fiscale europeo. Ma alla fine la guerra in Ucraina ha ridefinito la nostra Unione in modo più profondo, non solo per quanto riguarda i suoi membri e i suoi obiettivi condivisi, ma anche per la consapevolezza che il nostro futuro è interamente nelle nostre mani – e nella nostra unità», ha concluso l’ex numero uno della Bce.
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