Nel Pd gira un sentimento che ha poco di politico e molto di primordiale: il terrore. Terrore che Giuseppe Conte, dopo aver letto per davvero le carte dell’inchiesta su Matteo Ricci decida di far saltare tutto: le Marche, la Campania, e magari anche la fragile tregua nel campo largo. Il clima è plumbeo. Whatsapp carichi di sospiri, sguardi bassi nei corridoi del Nazareno, silenzi da cripta. E una Elly Schlein chiusa per giorni in un mutismo strategico, quasi monacale. Perché nel frattempo Conte non parla, sibila. E questo basta a far tremare mezza coalizione.
Il racconto tranquillizzante non tiene più
Per giorni si è provato a raccontare che tutto è sotto controllo. Ricci è una persona perbene, l’avviso di garanzia è roba tecnica, forse nemmeno grave: due affidamenti a qualche associazione culturale, quando era sindaco di Pesaro. E comunque si è difeso bene a In Onda, evocando un collaboratore infedele, dicendo di essere parte lesa. In più, sospirano al Nazareno, i sondaggi lo davano avanti: non sarà mica un caso che l’avviso arrivi proprio adesso?
Questa lettura ha fatto sperare, per un attimo, che Conte avrebbe chiuso un occhio. E invece no. «Non possiamo fare sempre come a Bibbiano», ha detto il leader M5s. E poi: «Devo prima capire bene di cosa si tratta, a Pesaro». Traduzione: non garantisco nulla.
Conte sogna Palazzo Chigi (per la terza volta)
Il punto, in realtà, è un altro. Giuseppe Conte non vuole fare il giudice delle candidature, ma il capo della coalizione. E la tentazione di usare Ricci come arma politica è forte. Se lo dichiarasse “incandidabile”, colpirebbe proprio Elly Schlein, che conta sulle Marche per strappare un 4 a 1 alle Regionali (Veneto perso, ma Toscana, Puglia, Campania e forse appunto le Marche vinte). Sarebbe il trampolino per chiedere leadership. Ma con un 3 a 2 tutto cambia. E lui, Conte, potrebbe spuntare come l’unico federatore credibile.
Certo, c’è un problema: in Campania c’è Roberto Fico, che i 5 Stelle vorrebbero candidare. E se il Pd si incattivisce per Ricci, magari blocca Fico. Peggio ancora, si scatena Vincenzo De Luca – già di suo ingestibile – e salta anche Napoli. Vale la pena? Secondo alcuni, per Conte sì, eccome. Perdere anche la Campania sarebbe un disastro per Elly, tale da rimettere persino in discussione la sua segreteria. Una sconfitta che lui, il coccodrillo in cachemire, potrebbe presentare come fatalità. Ma che in realtà si porterebbe addosso come una medaglia.
Il vento di Travaglio e la memoria lunga di Giuseppi
A soffiare sulle vele di Conte ci si è messo anche Marco Travaglio, che ha già scritto: «Ricci spende e spande denaro pubblico per costruirsi consenso… un classico abuso d’ufficio, purtroppo depenalizzato». Parole che sembrano un segnale. Per chi ha buona memoria, è lo stesso Travaglio che salì sul palco dei Fori Imperiali durante il corteo grillino tra applausi e gridolini. Un ideologo più ascoltato di Grillo, ormai. E Conte? Sa bene cosa fare. La finestra politica è perfetta. Tornare a Palazzo Chigi, per la terza volta, battendo il record di Craxi. Lui, che ha attraversato governi gialloverdi, giallorossi, draghiani. Che ha fatto il pacifista ma abbracciava Trump e strizzava l’occhio a Putin.
Il coccodrillo aspetta. E il Pd si spacca
Nel Pd nessuno sa che fare. Elly Schlein ripete: «Senza Conte non si va da nessuna parte». E forse ha ragione. Ma intanto Conte gioca col fuoco, mentre Goffredo Bettini viene evocato come l’unico possibile mediatore. Goffry, lo chiamano. Come nei momenti peggiori. Qualcuno sussurra: «Promettigli quello che vuole». L’importante è che il Conte camaleonte non diventi coccodrillo.





