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Francia nel caos: Lecornu si dimette dopo meno di 24 ore, cosa farà ora Macron

In Francia, il nuovo governo è già caduto. A meno di ventiquattro ore dalla sua nascita, il premier Sébastien Lecornu si è recato all’Eliseo per rassegnare le dimissioni, accettate dal presidente Emmanuel Macron. «Non c’erano le condizioni per proseguire, hanno prevalso interessi di parte», ha dichiarato il primo ministro, mettendo fine a quella che rischia di diventare una delle crisi politiche più brevi della Quinta Repubblica. L’uscita di scena di Lecornu segna l’ennesimo terremoto per l’Eliseo, che ora deve decidere se tentare un nuovo equilibrio politico o sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate.

L’opposizione chiede nuove elezioni

Non si è fatta attendere la reazione delle opposizioni. Il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, ha chiesto a Macron di «sciogliere immediatamente l’Assemblea Nazionale» e restituire la parola ai cittadini francesi. Dal fronte opposto, il leader della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon (France Insoumise) ha invocato «l’esame immediato» della mozione di destituzione contro Macron.

Il Paese si trova così in una situazione senza precedenti, sospeso tra l’ipotesi di un governo di sinistra, improbabile con l’attuale composizione del Parlamento, e la prospettiva di un ritorno anticipato alle urne.

Le tensioni nella maggioranza e l’ultimatum dei Républicains

Le dimissioni di Lecornu hanno preceduto di poche ore la mossa dei Républicains, partito da cui proveniva una parte consistente del nuovo esecutivo. Il ministro dell’Interno Bruno Retailleau, leader dei Républicains, aveva già annunciato la convocazione di un comitato strategico per valutare la permanenza del partito nel governo, denunciando che la squadra «non riflette la rottura promessa».

Secondo indiscrezioni, i Républicains avrebbero imposto a Lecornu un aut aut: o fuori Bruno Le Maire, l’ex ministro delle Finanze richiamato a sorpresa alla Difesa, o le dimissioni collettive del partito. Lecornu ha scelto la prima opzione: se n’è andato lui.

Bruno Le Maire, il ritorno più contestato

La figura di Bruno Le Maire è diventata il simbolo del malcontento. Considerato un “traditore” per aver lasciato i Républicains nel 2017 per unirsi a Macron, l’ex ministro è ritenuto da molti responsabile dell’esplosione del debito pubblico francese, oggi a quota 3.500 miliardi di euro. Il suo ritorno al governo, dopo aver escluso appena una settimana fa «qualsiasi rientro in politica», ha scatenato critiche feroci anche tra i macronisti. Persino l’ex premier Gabriel Attal ha parlato di «triste spettacolo», mentre Marine Le Pen ha definito la nuova squadra «patetica» e Mélenchon l’ha liquidata come «un corteo di sopravvissuti».

Macron senza maggioranza, Francia senza rotta

L’uscita di scena di Lecornu, terzo premier di centrodestra dopo Barnier e Bayrou, lascia il presidente Macron in una posizione sempre più fragile. Il nuovo governo, annunciato domenica sera, era già stato accolto con scetticismo diffuso: quasi identico a quello di Bayrou, bocciato in Parlamento a settembre, e percepito come il segno di un potere che «si ripiega su sé stesso».

La leader ecologista Marine Tondelier ha accusato l’Eliseo di «inventare il premio all’incompetenza», denunciando un «disprezzo crescente per la democrazia». Ora Macron si trova di fronte a un bivio: cambiare rotta e aprire ai socialisti o prendere atto della fine della sua maggioranza. In ogni caso, il messaggio è chiaro: la Francia è di nuovo nel mezzo di una crisi politica profonda, e questa volta nemmeno la disciplina dell’Eliseo sembra poterla contenere.