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Gaza, quei corpi scheletrici e il vuoto della diplomazia

Ci sono immagini che parlano più di mille discorsi. Quelle degli ostaggi israeliani ancora prigionieri di Hamas, ridotti pelle e ossa, sono un colpo allo stomaco. Mostrano una verità brutale che molti in Europa sembrano ignorare mentre invocano il riconoscimento dello Stato di Palestina come atto politico necessario.

Il simbolo, però, è fuori fuoco. Quegli ostaggi non sono solo vittime: sono la prova che il progetto dei “due popoli, due Stati” è stato svuotato, distorto, tradito. Fingere che nulla sia cambiato dal 7 ottobre significa legittimare chi ha distrutto ogni prospettiva negoziale, minando anche ciò che resta del diritto internazionale.

Gaza, Hamas ha ucciso la diplomazia

Hamas ha da tempo usato la causa palestinese per delegittimare l’Autorità Nazionale Palestinese e sabotare ogni trattativa. Lo ha fatto con la violenza, ma anche costruendo consenso: controllo militare su Gaza, propaganda nei tunnel, welfare come strumento di potere. La pace non è mai stata parte del piano.

Ma le colpe non stanno solo da una parte. Dopo il ritiro da Gaza nel 2005, la destra israeliana ha scelto di indebolire Ramallah invece di rafforzarla. Ha lasciato che Hamas crescesse e si finanziasse. Una mossa tattica diventata un boomerang strategico.

Israele tra paradossi e diritto

Oggi Israele affronta un paradosso: combatte Hamas, ma garantisce aiuti umanitari a una popolazione prigioniera. Difende i propri civili, ma lo fa sotto gli occhi del mondo, in una zona densamente abitata. Eppure mantiene – con fatica – le regole di una democrazia sotto attacco.

Il fatto che i camion di aiuti passino attraverso il coordinamento con Tel Aviv non è un dettaglio. È la prova che Israele, pur nella rabbia e nel lutto, distingue ancora tra civili e carnefici.

L’Europa resta indietro

L’Europa, invece, si muove come se nulla fosse accaduto. Macron, Scholz, Starmer invocano la soluzione dei due Stati senza tenere conto del nuovo contesto. Ignorano il collasso politico, la svolta jihadista, il vuoto di rappresentanza.

Sostenere i diritti dei palestinesi è legittimo. Ma riconoscere oggi una sovranità che Hamas potrebbe usare come riscatto politico è pericoloso.

Serve una strategia per il dopo-Gaza

Manca una visione per il futuro. Nessun piano per la ricostruzione, per il disarmo, per la ricomposizione politica del fronte palestinese. E manca una domanda cruciale: chi rappresenterà lo Stato di Palestina? Con quali garanzie? Con quale sicurezza per Israele?

La parola chiave è condizionalità

È questa la parola chiave: condizionalità.

  • Nessuna statualità senza la fine del terrorismo
  • Nessun riconoscimento senza la liberazione degli ostaggi
  • Nessun processo politico senza una discontinuità da Hamas

Il Medio Oriente non è terreno per gesti simbolici o sentimentalismi. È un teatro che richiede lucidità, coraggio e verità.

La verità è che la pace non si costruisce premiando chi vuole sabotarla.