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Il futuro dell’Occidente: il ruolo cruciale dell’Europa nella tempesta dei dazi

Il 2 aprile è stato il giorno in cui l’Occidente, come lo abbiamo conosciuto, ha mostrato il suo volto più fragile e disorientato. Le immagini della Casa Bianca, di Donald Trump che annuncia la guerra commerciale e Volodymyr Zelensky maltrattato nello Studio Ovale, sono diventate il simbolo di un’era che sembra giungere al tramonto. Un’era che, sotto la presidenza Trump, sta crollando sotto il peso di dazi, protezionismo e un’inesorabile disintegrazione dell’ordine internazionale che ha sorretto la ricchezza e il potere globale degli Stati Uniti. La crisi dei dazi che ne deriva non può più essere ignorata, né minimizzata, come ha fatto la Presidente del Consiglio Meloni. Sostenere che l’impatto sia marginale è non solo sbagliato, ma rischioso per gli interessi del nostro Paese e dell’Europa tutta.

Come evidenziato anche dal pensiero di Paolo Gentiloni, che ha firmato oggi un editoriale sul quotidiano «Repubblica», l’impatto diretto della guerra commerciale di Trump si misura in 14 miliardi di euro di dazi per l’Italia, una cifra che può sembrare irrisoria, ma che rappresenta una parte fondamentale della nostra economia e della nostra competitività. Tuttavia, l’effetto più pericoloso di questa guerra è la reazione a catena che provocherà: maggiore sfiducia nei mercati, un innalzamento dell’inflazione e una stagnazione della crescita. Le previsioni di una recessione negli Stati Uniti superano ormai il 50%, mentre in Europa i dazi rischiano di compromettere anche la modesta crescita prevista per il 2025. La crisi che stiamo vivendo non è solo economica, è geopolitica e riguarda il futuro del sistema internazionale che ha dominato per oltre settant’anni.

A questo punto, la risposta dell’Europa non può limitarsi a una semplice replica ai dazi americani. È fondamentale opporsi, ma senza rincorrere la follia protezionistica di Trump. L’Unione Europea deve rispondere in maniera mirata, non cadendo nella trappola di un’escalation che non farebbe altro che nuocere agli interessi comuni. Occorre un’azione strategica che metta sul tavolo non solo misure di ritorsione, ma anche proposte concrete per ridurre i dazi americani. In questo scenario, l’Europa deve fare di più che difendersi; deve prendere in mano il timone della scena geopolitica mondiale. Se gli Stati Uniti si ritirano, la Cina, con le sue ambizioni commerciali e strategiche, è pronta a prendere il suo posto, ma l’Europa deve evitare che diventi la paladina di un sistema di scambi incentrato sulle proprie esigenze interne. L’Unione Europea deve essere il motore di una coalizione globale per il libero commercio, una coalizione che coinvolga l’America Latina, il Canada, l’Australia, il Giappone, la Corea del Sud e molti altri Paesi che credono nel multilateralismo. Solo così l’Europa può riappropriarsi della centralità perduta, tornando ad essere il baluardo contro il protezionismo e le autocrazie.

Per farlo, però, l’Europa deve essere in grado di difendersi e proteggere i propri interessi. Gli sforzi finora compiuti sono insufficienti e le soluzioni devono essere rapide e concrete. È necessario finanziare le missioni di difesa comune, possibilmente con un’emissione straordinaria di debito, per non lasciare il nostro continente vulnerabile all’influenza crescente di forze autoritarie e destabilizzanti. È in questo contesto che la posizione del governo italiano, e in particolare della Presidente Meloni, è cruciale. Non possiamo permetterci di restare immobili di fronte ai cambiamenti radicali in corso. La tentazione di restare a metà strada, di non schierarsi esplicitamente, è forte, ma oggi non è più un’opzione. La scelta non è solo ideologica: è una questione di interessi nazionali e europei. L’Italia, come tutti gli altri Paesi dell’UE, deve scegliere se stare dalla parte degli ideali di apertura e cooperazione internazionale, o se seguire una strada che rischia di portarci in un angolo isolato, dove la nostra voce sarà sempre più flebile.

Oggi più che mai, è necessario sostenere le imprese italiane che stanno affrontando difficoltà crescenti. L’Italia ha bisogno di una strategia che, oltre a proteggere l’export, promuova la diversificazione dei mercati. La guerra dei dazi potrebbe ridurre il nostro accesso al mercato statunitense, ma offre anche l’opportunità di rafforzare altre rotte commerciali. Il governo italiano deve agire con determinazione per sostenere il nostro settore produttivo, evitando di essere travolto da un’economia globale sempre più frammentata. La crisi dell’Occidente non è solo una crisi economica, è una crisi di valori e di leadership. In questo momento, l’Europa è chiamata a rispondere con forza, unita e determinata. L’alternativa sarebbe soccombere sotto il peso di nazionalismi, autocrazie e conflitti globali. È proprio quando le autocrazie e i nazionalismi prevalgono che il vento della guerra inizia a soffiare forte. La centralità dell’Europa, nella difesa del commercio mondiale e della sicurezza, è l’unica via per evitare un futuro di divisioni e conflitti. Non possiamo permettere che la nostra storia e i nostri valori vengano erosi da chi cerca di distruggere l’ordine internazionale che ha garantito pace e prosperità per decenni.