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“Domenica In”, tra pastarelle e potere: una partenza stonata per la Rai

Con la scena di Giorgia Meloni collegata in diretta, intenta a rievocare le pastarelle della domenica come simbolo familiare e rassicurante, si è aperta la cinquantesima edizione di Domenica In. Un esordio che più che celebrare un traguardo sembra averne mostrato le fragilità. Difficile immaginare un avvio più sbilenco per un programma che già arrivava zavorrato da tensioni e retroscena. L’estate ha visto Mara Venier ribaltare i piani di Viale Mazzini: fuori Gabriele Corsi, dentro Tommaso Cerno, con l’aggiunta di Enzo Miccio e Teo Mammucari. Una squadra assemblata all’ultimo minuto, più per esigenze di equilibrio interno che per reale visione editoriale.

La “penultima” ultima stagione di Mara

La sensazione è quella di un progetto forzato. Venier, che negli ultimi anni ha saputo riportare il format ai suoi fasti, con un linguaggio capace di unire generazioni, ha scelto ancora una volta di restare, dopo aver annunciato (di nuovo) l’addio. Il risultato è un’ennesima “ultima edizione” che nasce fiacca, più stanca di chi la guarda che di chi la conduce. Non a caso, la stessa padrona di casa ha ammesso in chiusura di puntata un certo grado di confusione. E il siparietto con Mammucari, pensato come momento leggero, si è trasformato in simbolo di quella improvvisazione sfilacciata che ha accompagnato l’intero debutto.

Meloni e il palco Rai: normalità o abuso?

In questo quadro, l’immagine della premier collegata dal Colosseo lascia un retrogusto amaro. Non perché una presidente del Consiglio non possa apparire in una trasmissione popolare, ma per il messaggio che veicola: la disinvoltura con cui l’esecutivo utilizza il servizio pubblico come propria vetrina. Le opposizioni protestano, ma la verità è che il problema resta la Rai: un’azienda piegata da anni a logiche di controllo politico, dall’ormai famigerata riforma del 2015 in poi.

Ogni governo ha rimodulato la tv di Stato secondo i propri interessi. Alcuni con cautela istituzionale, altri, come l’attuale maggioranza, con metodi ben più brutali, lasciando perfino la commissione di Vigilanza bloccata da mesi per mancanza di accordo sul presidente. In questo vuoto, l’intervento di Meloni scivola come fosse la cosa più normale del mondo.

La memoria corta della premier

C’è poi l’ironia della sorte: la stessa Meloni che criticava Giuseppe Conte per la sua ospitata a Domenica In in piena pandemia oggi non ha esitazioni a dialogare con Venier di tipicità culinarie, nel quadro della campagna per la candidatura della cucina italiana a patrimonio Unesco. Tempi che cambiano, certo, ma anche doppie misure che pesano.

Una Rai malata

Il punto non è la battuta sulle pastarelle né l’abilità retorica della premier. Il problema è che tutto questo avvenga in assenza di veri contrappesi, con un servizio pubblico che abdica al suo ruolo e un Parlamento che non vigila. Tra normale e assurdo non c’è più distinzione. La Rai è un animale malato, e momenti come questo non fanno che confermarlo.