“Pensati truffaldina”. Ma con un aggravante: hai strumentalizzato il naturale trasporto emotivo che suscitano i bambini malati. É questa la dicitura che i sarti di San Remo dovrebbero ricamare sulla stola di Chiara Ferragni per un’improbabile ri-ospitata al Festival. A ragion veduta, più consona del “pensati libera” scelto dall’autoproclamata imprenditrice digitale. Da un mese a questa parte l’universo mediatico sforna senza sosta pile di meme e commenti, in un vortice dell’indignazione nevrotico quanto il cortocircuito in cui è caduta la carriera dell’influencer milanese dopo la multa dell’Antistrust.
Con un poco di zucchero, a velo e rosa, la truffa va giù
Il 14 giugno scorso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva aperto un’istruttoria a seguito delle denunce avanzate dal Codacons, associazione per la tutela dei consumatori. 104 per l’esattezza, presso le diverse procure italiane. L’oggetto delle contestazioni, come attesta il comunicato stampa rilasciato dall’ente, è la torbida campagna promozionale della linea di pandori Balocco Pink Christmas, di cui Chiara Ferragni si era resa testimonial nel 2022. Secondo gli inquirenti, il comunicato stampa al lancio dell’iniziativa, insieme a post e stories veicolate sui canali social della nota influencer avrebbero instillato nel consumatore la falsa correlazione fra pandori venduti e donazioni destinate all’Ospedale Regina Margherita di Torino. Ad aggravare il quadro è il prezzo stesso del pandoro, maggiorato di due volte e mezzo rispetto al classico pandoro Balocco, un ulteriore elemento utile a «indurre in errore i consumatori rafforzando la loro percezione di poter contribuire alla donazione acquistando il “Pandoro Pink Christmas”». Peccato che l’azienda dolciaria piemontese avesse devoluto 50 mila euro all’Ospedale nel maggio 2022, ben prima dell’avvio dell’iniziativa, datata novembre 2022. Una somma che provoca sdegno, irrisoria si se pensa al milione di euro abbondante incassato grazie all’iniziativa commerciale. In ragione di quanto citato, l’Antitrust ha sanzionato le due società riconducibili alla Ferragni, la Fenice S.r.l e TBS Crew S.r.l. rispettivamente per 400 mila euro e 675 mila euro, insieme a Balocco S.p.A. Industria Dolciaria per 420 mila euro.
La svolta, lunedì 8 Gennaio 2024 con l’apertura da parte della procura di Milano di un fascicolo con l’ipotesi di reato di truffa aggravata dalla minorata difesa dei consumatori. Indagate Chiara Ferragni e Alessandra Balocco, amministratrice delegata dell’azienda omonima. A determinare l’inasprimento è l’utilizzo di sistemi informatici. Cambia dunque l’ipotesi di reato ipotizzata, non più frode in commercio. La decisione, presa a seguito dell’incursione della guardia di finanza presso la sede milanese dell’azienda. Fondamentali per il lavoro degli inquirenti le e-mail acquisite.

Affresco social de “La Chiara pentita”
Quando pubblicità ingannevole tradotto in ferragnese diventa «un errore di comunicazione» escono fuori veri e propri capolavori d’arte contemporanea, come quello riportato appena sopra. Si è difesa così Chiara Ferragni dopo il grande patatrac, divulgando un video di scuse sui propri canali social. Tre giorni dopo. Spontanee e tempestive, giusto il tempo di contattare lo scenografo e l’armocromista, a giudicare dai toni spenti e lo sfondo minimal. Scelte che appaiono appositamente studiate per trasmettere agli utenti dispiacere e sconforto. L’aspetto trasandato ma pur sempre posato, sarebbe stato troppo vederla con un mollettone in testa. Il trucco leggero da brava ragazza e la tuta grigia da 600 euro in pandan con le occhiaie affossate, a simulare il pianto che da giorni inonda City Life. Certi make-up artist meriterebbero l’iscrizione all’albo dei prestigiatori quando applicano ai correttori la teoria dei colori complementari. Tanto era provata che ha dimenticato l’iconica borsetta in pelle di coccodrillo nella cabina armadio. Un vero peccato non averla abbinata alle lacrime versate…
La caduta dei follower deve aver agevolato l’umor pentito, ad oggi meno 179.378 secondo notjustanalytics.com. Pochi rispetto ai quasi 30 milioni di cui dispone, abbastanza per il dietrofront sul piano delle collaborazioni, annunciato da brand come Safilo e Coca-Cola che, tramite comunicato, dichiara «Abbiamo lavorato con Chiara in Italia nel 2023, anche per alcune riprese tenutesi lo scorso dicembre. Al momento non prevediamo di usare questi contenuti». A consolare Chiara le 41 milioni di visualizzazioni, sufficienti forse a compensare la perdita subita. Ma quando si tratta di una reputazione da ricostruire eccola sfoderare la solita procedura: un po’ di sana beneficenza sciacqua via anche l’onta più incrostata. Proclamata a reti unificate, ovviamente. «Devolverò un milione di euro al Regina Margherita per sostenere le cure dei bambini» dichiara sui propri canali, insieme alla volontà di impugnare il provvedimento dell’Antitrust e «se la sanzione dovesse essere, come io spero, inferiore a quella decisa dall’AGCM la differenza verrà aggiunta al milione di euro». Ad onor di cronaca, la dirigenza ospedaliera ha dichiarato di aver incassato la donazione il 19 dicembre, un giorno dopo le scuse. Un rimedio più sostanzioso rispetto ai cespi di insalata scalciati e poi dati in beneficenza dopo la stravagante festa di compleanno del marito, celebrata presso un Carrefour di Milano nel 2018.

The show must go on
In un modo o nell’altro. L’opinione pubblica è un asset troppo monetizzabile per rinunciarvi, meritevole del più delicato degli investimenti: affidarsi a Community, una società di pubbliche relazioni, specializzata in crisis managment. Salvarsi la faccia, per salvare follower, per salvare contratti milionari con brand e sponsor. È questo il mantra, semplice e lineare, la procedura non altrettanto. Eppure, non c’è da preoccuparsi. Andrea Polo, autore di numerose campagne di crisis management pluripremiate, intervistato da Fanpage.it si dice convinto che i Ferragnez stiano rispettando il copione alla lettera. Non un passo falso dopo il grande scivolone. «Da osservatore esterno che fa questo lavoro vedo una mano molto professionale nella gestione: immagino che non sia una comunicazione improvvisata, ma gestita in maniera intelligente. […] È ripartita con un messaggio in cui si è rivolta a chi l’ha supportata. Ma ha fatto anche un’altra cosa intelligente: ringraziare chi le ha fatto critiche costruttive, chi ha espresso un’opinione in maniera pacata. È come dire: sì ho sbagliato, grazie a chi me lo ha fatto notare con educazione» commenta il video di scuse. Programmata anche la seguente assenza dai social, un silenzio assordante che trasmette però serietà. È la mossa più indicata ad incanalare le menti verso l’immagine di una Chiara nell’angolino, in punizione a riflettere sull’errore commesso. Infine, la prodigiosa riapparizione, ma solo attraverso scatti familiari: «ai follower sta dicendo proprio: siete la mia famiglia allargata. E il buon genitore è proprio chi fa notare al figlio quando sbaglia, ma glielo fa notare in maniera costruttiva e non punitiva. Probabilmente vedremo una serie di post ancora tranquilli, legati alla quotidianità, rispetto alla imprenditorialità» chiarisce Andrea Polo.
Chiara Ferragni: un sistema collaudato di tanti “errori di comunicazione”
Errare è umano, perseverare diabolico. È questa la riflessione che sorge spontanea di fronte ai tanti casi di beneficenza torbida emersi uno dopo l’altro, in una reazione a catena che vede coinvolte le uova di Pasqua prodotte in collaborazione con Dolci Preziosi, la bambola Trudi, i biscotti Oreo e perfino l’incubatrice donata all’ospedale Buzzi di Milano. Un atto filantropico legato alla vendita di vestiti usati – fra parentesi, probabilmente ricevuti in dono dalle tante adv patrocinate – sulla piattaforma Wallapop. Solo dopo aver ricevuto dalla stessa un lauto compenso, si intende. Non è la prima volta che Chiara Ferragni commette un “errore di comunicazione” miscelando in una strana alchimia business privato e beneficenza. Stipulare contratti di sponsorizzazione a peso d’oro, devolvere a monte una minima e non meglio precisata parte del compenso in beneficenza, per poi far credere al consumatore che più egli acquista più risorse verranno destinate al sociale. Una bella trovata di marketing, non c’è che dire. Si sa, il popolo italiano è generoso e troppo di fretta per sbirciare oltre la cartina patinata di una stories o un’iniziativa strappa consenso.
Dopo il mega-scandalo sembra che le cose si mettano male per i tanti influencer nostrani. L’Antitrust ha assunto provvedimenti inediti che sanno di vera e propria disinfestazione, o regolarizzazione, ça va sans dire. La stretta in materia di pubblicità e trasparenza punta dritto agli influencer con un seguito di almeno un milione di follower e che abbiano generato reazioni degli utenti in almeno il 2% dei contenuti pubblicati. Pesci grossi insomma, ma è pur sempre un passo avanti. Essi saranno d’ora in poi soggetti alle norme del Testo unico sui servizi di media audiovisivi, pena il pagamento di sanzioni salatissime, secondo le ultime indiscrezioni. Basterà ad arginare il far west di chi guadagna milioni propagandando i miracoli di cremine e unguenti o di chi svenderebbe anche l’attimo più privato se passabile di adv? C’è chi già canta vittoria e chi, più cauto, è ancora scettico. Quanto a Chiara, viene spontaneo il paragone con la regina delle truffe, Vanna Marchi, ma questa, non ci sta. Riafferra lo scettro e dichiara orgogliosa: «Io almeno ce l’ho avuto il coraggio di dire che i coglioni vanno inculati».





