Press "Enter" to skip to content

Ucraina, Russia e l’ipotesi Vaticano: cosa sta cambiando con Leone XIV

Lunedì sera, dopo una telefonata con Vladimir Putin e una successiva consultazione con gli alleati europei, Donald Trump ha pubblicato un messaggio sul suo social network Truth. Con toni risoluti ha annunciato che “Russia e Ucraina inizieranno immediatamente i negoziati verso un cessate il fuoco”. Il post si chiudeva con un riferimento che ha colto molti di sorpresa: “Il Vaticano, come detto dal Papa, ha dichiarato che sarebbe molto interessato a ospitare i negoziati. Che il tutto abbia inizio”.

Ucraina, Russia e l’ipotesi Vaticano: cosa sta cambiando con Leone XIV

Un’affermazione che ha generato sconcerto, soprattutto perché mai prima d’ora la Santa Sede era stata citata in modo così diretto da una delle parti coinvolte nel conflitto. Non che l’ipotesi di un coinvolgimento vaticano non fosse sul tavolo: il Papa ne aveva parlato, il segretario di Stato Pietro Parolin ne aveva discusso con vari interlocutori, e anche alcuni governi occidentali si erano mostrati possibilisti. Ma la sensazione diffusa, confermata tra gli altri dal ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, è che si sarebbe dovuto mantenere un certo riserbo in questa fase ancora interlocutoria. La pubblicità improvvisa e molto visibile data alla questione ha messo in imbarazzo anche ambienti della diplomazia vaticana.

I colloqui Russia-Ucraina in Vaticano rimettono in gioco la premier Meloni

Nonostante ciò, anche il governo italiano ha dato pubblicamente credito all’idea. Un comunicato di Palazzo Chigi ha spiegato che “è stata considerata positivamente la disponibilità del Santo Padre ad ospitare i colloqui presso il Vaticano”. Una posizione che, oltre a riconoscere la credibilità diplomatica della Santa Sede, è servita a Giorgia Meloni per rientrare nel perimetro delle trattative internazionali, dopo essere rimasta fuori da alcuni incontri cruciali tra Trump, Zelensky e altri leader europei.

Fino a poche settimane fa, l’ipotesi di vedere Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky seduti a un tavolo in Vaticano sembrava poco più che una fantasia. Ma da quando è salito al soglio pontificio Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, le cose stanno cambiando. La sua prima udienza pubblica, il 14 maggio, ha dato un segnale piuttosto chiaro: “La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi”, ha detto. Un messaggio recepito immediatamente dalle cancellerie occidentali.

Leone XIV e la rete diplomatica eccezionale del Vaticano

A confermare questo cambio di passo ci sono stati anche gli incontri riservati tra il papa e alcuni esponenti di primo piano dell’amministrazione statunitense, come il vicepresidente JD Vance e il segretario di Stato Marco Rubio. Anche Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e già coinvolto negli sforzi diplomatici della Santa Sede sotto Francesco, ha partecipato ai colloqui. Domenica scorsa, in occasione della messa di intronizzazione, anche Zelensky è stato ricevuto da Leone XIV, e ha espresso il proprio favore a un eventuale ruolo di mediazione del Vaticano. Parallelamente, il governo italiano ha intensificato i contatti con la Santa Sede, sia tramite Tajani che attraverso lo staff della presidente del Consiglio. Martedì sera è stato diffuso un comunicato in cui si faceva riferimento a una telefonata tra Meloni e Leone XIV, durante la quale si è discusso dei “prossimi passi da compiere per costruire una pace giusta e duratura in Ucraina”.

Il Vaticano conserva, da sempre, una rete diplomatica eccezionale. La sua capacità di interlocuzione con i governi, spesso silenziosa ma molto efficace, è stata più volte definita “il servizio segreto più efficiente d’Europa”, secondo una celebre frase dell’ambasciatore statunitense Hugh Wilson. E non sorprende che anche oggi, nel pieno di una guerra in Europa, gli occhi si rivolgano alla Santa Sede.

Bergoglio era stato criticato

Negli Stati Uniti, la fascinazione verso la diplomazia vaticana è ricorrente e attraversa trasversalmente l’intero arco politico. In Italia, invece, la considerazione strategica per il Vaticano ha radici storiche: Giulio Andreotti, che ne fu uno dei principali interpreti, sosteneva che avere buoni rapporti con il papa garantiva una centralità diplomatica che pochi altri attori internazionali potevano assicurare. Tutto questo rappresenta una svolta rispetto all’approccio più ambiguo adottato da papa Francesco. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, Bergoglio era stato criticato per una certa equidistanza tra le parti. Aveva spesso attribuito parte della responsabilità all’espansionismo della NATO, e aveva espresso posizioni che, almeno in parte, sembravano giustificare l’aggressione russa. Zelensky aveva chiesto più volte al papa di visitare Kiev, ma Francesco aveva sempre posto come condizione un incontro preliminare con Putin a Mosca — che non è mai avvenuto.

Le uscite improvvise di Papa Francesco

Il suo inviato per la pace, il cardinale Zuppi, aveva girato le capitali cercando uno spazio negoziale, ma senza risultati significativi. Anche perché il ruolo di Zuppi si sovrapponeva a quello di Parolin, creando confusione tra le linee di comando nella Curia. A ciò si aggiungeva l’abitudine di Francesco a comunicare in modo spesso estemporaneo: dichiarazioni improvvise, frasi interpretabili in modi diversi, come quando nel 2024 invitò l’Ucraina a “sventolare la bandiera bianca”, scatenando reazioni dure da Kiev. Oggi i diplomatici ucraini sembrano aver accolto con sollievo l’arrivo di Leone XIV, e con lui un’impostazione più lineare, più riconoscibile e più conforme alle regole della diplomazia internazionale. Resta da vedere se questo rinnovato protagonismo della Santa Sede porterà davvero le parti a un tavolo negoziale. Ma è chiaro che, per la prima volta da tempo, il Vaticano ha scelto una direzione precisa.