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Tajani sullo ius scholae: “Non voglio i maranza, ma ragazzi perbene che studiano”

“Preferite i maranza o chi va a scuola per dieci anni e poi diventa cittadino italiano?”. Con questa domanda retorica, destinata a far discutere, Antonio Tajani ha affrontato nuovamente il tema della cittadinanza durante il Consiglio nazionale di Forza Italia, ribadendo la posizione del partito sullo ius scholae, la proposta che prevede l’acquisizione della cittadinanza italiana per i figli di stranieri che completano un ciclo scolastico in Italia. Il vicepremier ha voluto sottolineare che quella di Forza Italia non è una posizione permissiva, ma al contrario, una proposta «più severa di quella in vigore oggi».

“I maranza non studiano e delinquono”

Durante il suo intervento, Tajani ha usato toni netti e un linguaggio volutamente provocatorio per marcare la distanza tra due modelli di cittadinanza: uno “meritocratico”, basato su istruzione, integrazione e conoscenza della cultura italiana; l’altro, secondo il leader forzista, troppo generico e poco selettivo. «I maranza a scuola non ci vanno e poi vanno a delinquere e diventano cittadini italiani», ha detto Tajani. Un’espressione che richiama il linguaggio giovanile e i social, ma che rischia di essere percepita come stigmatizzante. Tajani ha voluto così rappresentare una fascia giovanile che rifiuta percorsi scolastici e si muove ai margini della legalità, contrapposta a un’altra parte di giovani figli di immigrati “perbene”, come lui stesso li ha definiti.

“Voglio ragazzi che conoscono l’Italia, non norme lassiste”

Il cuore del discorso del segretario di Forza Italia è tutto nel suo messaggio finale: «Io i maranza non li voglio. Voglio invece ragazzi per bene, anche se sono figli di genitori non italiani: possono essere ucraini, sudamericani, di qualsiasi Paese del mondo, ma devono studiare, formarsi, sapere la lingua italiana, conoscere la storia, la geografia, la Costituzione». Tajani respinge quindi le accuse di chi definisce lo ius scholae una norma lassista o pensata per incentivare l’immigrazione: «Altro che norma lassista, è più severa della legge attuale», ha ribadito. Il segretario forzista rivendica una visione della cittadinanza come traguardo da meritare, non come diritto automatico o legato semplicemente alla presenza sul territorio.

Un terreno politico ancora divisivo

Le dichiarazioni di Tajani si inseriscono in un contesto politico in cui il tema della cittadinanza continua a dividere. Mentre alcune forze di centrosinistra sostengono lo ius scholae come strumento di inclusione e riconoscimento per i giovani nati o cresciuti in Italia, i partiti di centrodestra restano più cauti, o apertamente contrari. Il messaggio lanciato da Tajani ha una doppia funzione: da un lato confermare l’identità moderata ma severa di Forza Italia, dall’altro differenziarsi dai partner della coalizione (Lega e Fratelli d’Italia), che spesso usano toni più duri sull’immigrazione, ma senza offrire alternative normative.

I rischi di una semplificazione

Se l’intenzione è quella di introdurre un criterio più selettivo e basato sull’impegno scolastico, la scelta lessicale di Tajani rischia di semplificare eccessivamente una questione complessa, riducendo il dibattito a categorie sociali stereotipate. Chi sono davvero i “maranza”? Qual è la linea di demarcazione tra chi studia e chi no, tra chi merita e chi no? E, soprattutto, quale ruolo ha lo Stato nel favorire l’inclusione di chi è ai margini? Sono domande che restano aperte, mentre il dibattito politico prosegue tra slogan e necessità di riforma. Con un punto fermo: il futuro della cittadinanza in Italia passerà inevitabilmente dai banchi di scuola.