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Rischio guerra mondiale, cosa fare nei primi 10 minuti di un eventuale attacco

Un lampo, un boato, e poi il silenzio irreale che segue l’impatto. In uno scenario di guerra nucleare, i primi dieci minuti dopo l’esplosione diventano decisivi. È questo il tempo che, secondo gli esperti di sicurezza e protezione civile, può fare la differenza tra la vita e la morte. Non ore, non giorni: pochi minuti in cui la reazione giusta, o quella sbagliata, stabilisce le possibilità di sopravvivenza. Ecco perché conoscere in anticipo le mosse da compiere è fondamentale. Non serve il panico, serve consapevolezza.

Non restare a guardare

Il primo errore da evitare? Fermarsi a osservare. Quello che sembra un bagliore lontano è in realtà un pericolo immediato: calore, onde d’urto, radiazioni. «Appena si vede il flash bisogna proteggersi subito. Coprire gli occhi, abbassarsi, cercare un riparo», dicono i tecnici. Riparo significa cemento, mattoni, pareti solide. Ancora meglio se ci si trova in un seminterrato o in una stazione sotterranea. Al contrario, le finestre diventano nemiche: il vetro può trasformarsi in schegge e il calore rendere una stanza invivibile. Se si è per strada, meglio buttarsi a terra dietro un muro, un’auto parcheggiata o perfino in un fosso. Non è questione di dignità, ma di sopravvivenza.

Il rischio invisibile

Superata l’onda d’urto, arriva un pericolo meno evidente ma non meno letale: la polvere radioattiva che ricade al suolo. Succede circa dieci minuti dopo l’esplosione. È quella la finestra da sfruttare per mettersi al sicuro: chiudersi in un edificio, sigillare porte e finestre, spegnere ventilatori o condizionatori che potrebbero far entrare particelle contaminate. Anche stanze normalmente trascurate possono diventare rifugi: un bagno senza finestre, una cantina, un corridoio interno. L’obiettivo è semplice: ridurre al minimo il contatto con l’esterno.

Gesti pratici

Per chi era all’aperto al momento dell’esplosione, la priorità è liberarsi della contaminazione. Via i vestiti, lavaggio accurato di pelle e capelli, per eliminare fino al 90% delle particelle radioattive. Stesse precauzioni valgono per gli animali domestici, che non devono restare esposti né avere acqua o cibo contaminati. Gli esperti raccomandano di avere sempre a disposizione un piccolo kit d’emergenza: bottiglie d’acqua, cibo a lunga conservazione, una torcia, una radio a batterie e nastro adesivo per chiudere eventuali fessure. Non si tratta di bunker da film, ma di strumenti pratici.

Resistere alla paura

Il passo più difficile è quello psicologico. Dopo l’esplosione, l’istinto porta a correre fuori, cercare persone care, muoversi. Ma è la scelta più pericolosa. Bisogna invece restare al chiuso almeno 24 ore, fino a nuove indicazioni. E qui entra in gioco la radio. Non uno smartphone, che può scaricarsi o non avere segnale, ma una vecchia radio a pile: spesso è l’unico strumento in grado di trasmettere aggiornamenti ufficiali.

Non fantascienza, ma realtà

Molti pensano che simili raccomandazioni appartengano alla fantascienza. In realtà sono linee guida concrete elaborate da anni di studi sulla protezione civile. «Sapere cosa fare nei primi dieci minuti è la miglior arma di difesa», spiegano gli esperti.

Quando il mondo sembra franare, non servono gesti eroici ma azioni semplici: chiudere una finestra, accendere una radio, abbassarsi dietro un muro. Sono dettagli minimi, ma in uno scenario estremo possono trasformarsi in scelte decisive.