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Quando la mafia colpì Pippo Baudo: la villa distrutta e le intimidazioni dei clan

Era la notte tra il 2 e il 3 novembre 1991 quando un ordigno esplosivo distrusse la villa di Pippo Baudo a Santa Tecla, frazione di Acireale. Un attentato dinamitardo organizzato dal clan catanese dei Santapaola, che punì il conduttore televisivo per le sue parole di condanna contro la mafia.
L’episodio non fu isolato, ma il culmine di una serie di intimidazioni subite da Baudo nel giro di pochi anni.

Una lunga scia di minacce

Già nel gennaio 1989, all’interno della villa del presentatore era stato rinvenuto un rudimentale ordigno esplosivo. Poche settimane dopo, in un’altra delle sue abitazioni venne trovato del liquido infiammabile. Baudo stesso, anni dopo, ricordò il movente: «Non mi hanno perdonato le mie parole di condanna a Taormina in una commemorazione di Rocco Chinnici», disse nel 2015 a Piero Chiambretti, ospite della trasmissione Grand Hotel.
La sua partecipazione al Maurizio Costanzo Show, soprattutto nelle puntate antimafia dei primi anni Novanta, contribuì a renderlo un bersaglio della criminalità organizzata.

Il ruolo dei boss Santapaola

Secondo le indagini, a proporre la “punizione” per Baudo fu il boss Marcello D’Agata, con l’approvazione diretta di Nitto Santapaola. Dalle ricostruzioni emerse anche un dettaglio inquietante: durante quelle riunioni si parlò di estendere l’attentato a Maurizio Costanzo, ipotizzando di far saltare in aria il teatro Parioli.
A rassicurare i presenti fu il boss Aldo Ercolano, nipote di Santapaola, che disse che di Costanzo “ci stavano già pensando altri”. Un riferimento che, secondo i magistrati, anticipava l’attentato di via Fauro del maggio 1993, dal quale Costanzo e Maria De Filippi uscirono illesi.

Le indagini e gli arresti

Nel 1995 l’azione della Dia e della procura di Catania inflisse un duro colpo al clan: vennero emessi 42 ordini di custodia cautelare, con tre arresti, cinque latitanti e numerosi provvedimenti notificati a boss e affiliati già detenuti.
In quell’occasione, Pippo Baudo ringraziò magistrati e investigatori «per la tenacia con cui hanno seguito le indagini», pur rifiutando l’etichetta di “presentatore antimafia”. «Faccio solo il mio dovere», disse con la sua consueta sobrietà.