Mentre in Italia lo sciopero generale indetto dall’Usb ferma trasporti, scuole e sanità in solidarietà con Gaza, a New York si apre l’80ª Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un’edizione dal forte valore simbolico, le Nazioni Unite nacquero a San Francisco il 26 giugno 1945, che mette al centro il conflitto in Medio Oriente e la guerra in Ucraina. Il dibattito generale, intitolato “Meglio insieme: 80 anni e oltre per la pace, lo sviluppo e i diritti umani”, sarà l’occasione per misurare le posizioni dei governi. E cresce il numero di Paesi che hanno deciso di riconoscere lo Stato palestinese: tra questi non c’è l’Italia.
Meloni attesa a New York
La premier Giorgia Meloni, attesa nella Grande Mela in serata, porterà la linea del governo italiano sui principali dossier di politica estera. Sul Medio Oriente, pur avendo criticato la gestione di Benjamin Netanyahu, giudicando “sproporzionata” la reazione militare israeliana e “inaccettabile” l’occupazione di Gaza City, la presidente del Consiglio mantiene una posizione improntata alla prudenza. Roma, insieme a Berlino, continua infatti a sostenere la prospettiva dei “due Stati”, ma ritiene che oggi non esistano le condizioni per un riconoscimento formale della Palestina.
Tajani: “Uno Stato palestinese libero da Hamas”
A rafforzare la posizione del governo è intervenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che parteciperà alla Conferenza di alto livello sulla Soluzione a Due Stati convocata da Francia e Arabia Saudita, oltre alla ministeriale Esteri del G7 sotto presidenza canadese. “Ribadirò il sostegno italiano al processo per il riconoscimento del futuro Stato palestinese, una volta che esso sarà stato costituito, con la riunificazione di Gaza e Cisgiordania. Uno Stato palestinese libero da Hamas, come sancito dalla Risoluzione Onu co-sponsorizzata dall’Italia”, ha dichiarato Tajani.
Il titolare della Farnesina ha ricordato anche l’iniziativa umanitaria Food for Gaza, che prevede nuove evacuazioni sanitarie nelle prossime settimane, e ha ribadito la contrarietà dell’Italia all’occupazione di Gaza e Cisgiordania, considerate un ostacolo alla soluzione a due Stati.
Il fronte dei Paesi favorevoli
Negli ultimi giorni il riconoscimento della Palestina ha ottenuto consensi crescenti. Francia e Regno Unito, con il premier Keir Starmer, hanno annunciato il loro sì, scatenando la dura reazione di Israele. Sulla stessa linea si muovono Canada, Australia e Portogallo. L’Italia, invece, preferisce mantenere una posizione più attendista, insistendo sulla necessità che lo Stato palestinese sia effettivamente operativo e politicamente unificato.
Ucraina e pressioni su Mosca
Non solo Medio Oriente. A New York ci sarà spazio anche per la guerra in Ucraina. Tajani ha anticipato che con i partner internazionali si discuterà di come aumentare la pressione su Mosca “per spingerla a tornare al tavolo negoziale”, ribadendo il sostegno a Kiev per una pace giusta e duratura, con garanzie di sicurezza per l’Europa sul modello dell’articolo 5 della Nato.
Agenda fitta per la premier
Meloni parteciperà il 23 settembre alla cerimonia di apertura del dibattito generale, insieme al segretario generale António Guterres, alla presidente dell’Assemblea Annalena Baerbock, al presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e al presidente Usa Donald Trump. Il suo intervento è atteso per il 24 settembre alle 20:00, a margine di una serie di incontri bilaterali.
La riforma delle Nazioni Unite
Tra i temi caldi anche la riforma dell’Onu. L’Italia sostiene il gruppo “Uniting for Consensus”, che chiede un Consiglio di Sicurezza “più democratico, trasparente, inclusivo e rappresentativo”, soprattutto per Africa e Sud globale. Roma si oppone all’introduzione di nuovi seggi permanenti e punta invece a un organismo più snello ed efficace. Un impegno coerente con la storia del Paese all’interno delle Nazioni Unite: quest’anno l’Italia celebra 70 anni di adesione, confermandosi settimo contributore al bilancio ordinario e alle missioni di pace. Per le fonti diplomatiche, l’Assemblea rappresenta l’occasione per riaffermare fedeltà ai principi della Carta e per spingere su una riforma ormai considerata inevitabile.





