A New York lo chiamano già “il fenomeno Mamdani”. Non solo per la rapidità con cui ha conquistato l’attenzione dei media e la fiducia di milioni di cittadini, ma per la concretezza del suo messaggio: ridurre il costo della vita in una città diventata insostenibile non solo per i più poveri, ma anche per la classe media. Il nuovo sindaco ha costruito il suo successo su promesse che parlano a chi fatica a pagare l’affitto o la spesa: congelamento dei canoni per due milioni di newyorkesi, supermercati comunali e low cost, asili nido gratuiti fino ai cinque anni, autobus gratis e un salario minimo a 30 dollari l’ora entro il 2030. Una piattaforma ambiziosa, che sembra uscita da un laboratorio di giustizia sociale più che da una sede elettorale.
Il primo sindaco musulmano di New York
Zohran Mamdani, 34 anni, è nato a Kampala, in Uganda, e si è trasferito a New York a soli sette anni. È un cittadino americano naturalizzato, e quindi non potrà mai correre per la Casa Bianca, ma ha già fatto la storia: è il primo sindaco musulmano di New York, e uno dei pochi a dichiararsi apertamente socialista democratico. Sua madre è la celebre regista indiana Mira Nair, autrice di film come Monsoon Wedding, e fu proprio lei, anni fa, a dire in un’intervista che suo figlio “non era per niente americano”. Una frase che oggi la destra statunitense cita con gusto, ma che non ha scalfito minimamente il consenso di Mamdani. Anzi, l’ha rafforzato. Durante la campagna, il neo-sindaco ha pubblicato video in urdu, arabo e spagnolo, parlando a un elettorato multietnico e giovane. Ha conosciuto sua moglie, Rama Duwaji, artista siriana di 27 anni, su una app di incontri. La loro storia è diventata una metafora perfetta della New York globale che Mamdani vuole rappresentare.
La rivolta contro il partito democratico tradizionale
Dietro la sua ascesa c’è anche la stanchezza verso il partito democratico tradizionale, percepito come distante e complice dello status quo. Mamdani ha iniziato la sua campagna dal Bronx e dal Queens, quartieri dove i problemi quotidiani (alloggi, salari, sicurezza) contano più dei grandi discorsi di Washington. Sconosciuto ai più, rappresentava Astoria nell’assemblea dello Stato di New York. Nella sua biografia online raccontava di aver provato di tutto — cinema, rap, scrittura — prima di scegliere la politica. La svolta arrivò quando iniziò a occuparsi della crisi abitativa, bussando porta a porta per chiedere: “Perché avete votato Trump? O perché non avete votato affatto?” Le risposte, filmate e condivise sui social, dipingevano un quadro preciso: disillusione, rabbia per Gaza, disperazione per i prezzi. Da quel malessere è nato un movimento: centomila volontari, tre milioni di porte bussate, un messaggio di rottura e speranza.
Un socialista pragmatico
Dopo aver vinto le primarie a giugno, Mamdani ha cercato di tendere la mano ai democratici moderati. In un’intervista a Morning Joe su MSNBC, ha risposto a chi lo considera troppo inesperto: «La mia età mi dà senso di possibilità e umiltà. Per troppo tempo la leadership è stata confusa con il sapere tutto. Un leader deve saper dare potere alle persone giuste». Si è anche smarcato dai vecchi tweet del 2020, in cui chiedeva di togliere fondi alla polizia, pur senza rinnegare le sue battaglie per una riforma del sistema. E quando Donald Trump lo ha accusato di essere un “comunista”, Mamdani ha ribattuto con ironia: «Anche lui è stato eletto promettendo di abbassare il costo della vita. Ma ha fallito».
Le radici di un attivista
Il punto di partenza della sua militanza è Astoria, nel Queens, dove vive ancora in un appartamento con affitto “congelato” a 2.300 dollari. Proprio lì, davanti a una tazza di mofawar al bar yemenita Qahwah House, decise di candidarsi con i Socialisti Democratici d’America, il movimento ispirato da Bernie Sanders. La sua identità politica è indissolubilmente legata all’attivismo pro-palestinese. Alle superiori, alla Bronx Science, dibatteva online con compagni filo-israeliani; al Bowdoin College fondò una sezione di Students for Justice in Palestine. Anche durante la campagna elettorale ha ribadito il sostegno al movimento BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele), precisando però che le sue critiche «sono verso un governo, non verso un popolo o una fede».
Trump, Musk e la paura del cambiamento
L’elezione di Mamdani ha scatenato l’ira della destra americana. Trump ha definito gli ebrei che lo appoggiano “odiatori di altri ebrei”, mentre lui ed Elon Musk hanno invitato pubblicamente a votare per Andrew Cuomo. Non è bastato. Nel video che ha chiuso la campagna, Mamdani ha evocato due figure italoamericane che fecero la storia di New York: Fiorello La Guardia e Vito Marcantonio, socialista e deputato di Harlem. «Molti scartano la nostra visione come impossibile — dice guardando in camera —. Ma basta guardare al passato per capire che il futuro si può ancora plasmare». E per molti newyorkesi, quel futuro ha appena cominciato a prendere forma.





