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Milano, eseguito lo sfratto del centro sociale Leoncavallo

La polizia, insieme all’ufficiale giudiziario, ha dato esecuzione questa mattina allo sfratto del centro sociale Leoncavallo di Milano, storico spazio occupato in via Watteau dal 1994. L’intervento è avvenuto a sorpresa, con un anticipo rispetto alla data fissata del 9 settembre, quando lo sgombero era stato formalmente notificato.

Le operazioni sono iniziate intorno alle 7.30, con un ingente spiegamento di forze dell’ordine a presidiare gli accessi alla zona. All’interno della struttura non sono state trovate persone. Presenti l’ufficiale giudiziario incaricato e l’avvocato della proprietà, la Immobiliare Orologio della famiglia Cabassi, titolare dell’area.

Presenza delle forze dell’ordine e della proprietà

Il dispositivo di sicurezza ha interessato l’intero perimetro di via Watteau, storica sede del Leoncavallo. L’intervento si è svolto senza tensioni, data l’assenza di occupanti all’interno degli spazi. L’ufficiale giudiziario ha preso possesso dei locali, formalizzando l’esecuzione dell’ordine di sgombero a favore della proprietà.

La famiglia Cabassi, tramite la propria società Immobiliare Orologio, rivendica da anni la restituzione degli immobili occupati. L’avvocato della proprietà ha assistito all’operazione, mentre gli agenti procedevano all’ispezione degli ambienti.

Procedimenti giudiziari e risarcimenti

La vicenda giudiziaria legata al Leoncavallo si trascina da decenni. Lo sfratto era stato rinviato decine di volte, in alcuni casi con provvedimenti di sospensione dell’uso della forza pubblica.

La Corte d’appello di Milano aveva recentemente condannato il Ministero dell’Interno a risarcire 3 milioni di euro ai Cabassi per il mancato sgombero degli scorsi anni. A seguito di quella sentenza, lo stesso Viminale aveva avviato un’azione di rivalsa nei confronti di Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme del Leoncavallo, considerata referente legale degli spazi.

La decisione di anticipare lo sfratto a oggi sarebbe legata a nuove pressioni politiche e amministrative: negli ultimi giorni una delegazione di Fratelli d’Italia aveva sollecitato un intervento immediato per accelerare i tempi.

La reazione delle Mamme del Leoncavallo

La notizia ha colto di sorpresa le attiviste del centro. «È uno sfratto esecutivo. Avremo 30 giorni per trovare un accordo con la proprietà e recuperare alcune cose. Di certo il Leoncavallo è andato», hanno dichiarato con amarezza le Mamme del Leoncavallo.

Solo pochi giorni fa il collettivo aveva lanciato una raccolta fondi con l’obiettivo di resistere all’interno della struttura. Parallelamente, l’associazione aveva avviato un dialogo con il Comune di Milano per la possibile assegnazione di un immobile in via San Dionigi, che avrebbe potuto rappresentare una nuova sede. Tuttavia il bando non è stato ancora pubblicato e l’eventuale ristrutturazione dell’edificio comporterebbe costi ingenti.

«Il Leoncavallo è stato per cinquant’anni un luogo di cultura, socialità e servizi a basso costo», ha sottolineato Marina Boer, «un’esperienza che ha dato fastidio a chi immagina Milano solo come una città orientata alla speculazione immobiliare e non alla sperimentazione di modelli sociali diversi».

Le dichiarazioni del legale

L’avvocato Mirko Mazzali, legale del centro sociale, ha contestato le modalità dello sgombero: «Dopo quarant’anni, di nuovo uno sgombero ad agosto. Non mi pare una buona idea ripetere il passato. C’era una data fissata, il 9 settembre, e doveva essere rispettata».

Secondo Mazzali, la decisione di anticipare l’intervento solleva dubbi di legittimità: «Avevano richiesto l’uso della forza pubblica per quella data. Se lo hanno anticipato, immagino ci sia stata un’ordinanza del questore, ma sarà necessario chiarire le motivazioni».

Il precedente e la storia del Leoncavallo

Il Leoncavallo nacque nel 1975 in via Leoncavallo, nel quartiere milanese di Turro. Dopo quasi vent’anni di attività venne sgomberato il 15 agosto 1994, anche in quel caso in piena estate, tra polemiche e manifestazioni di protesta. Poche settimane dopo gli attivisti si insediarono in via Watteau, dove il centro ha operato fino a oggi.

Nel corso degli anni il Leoncavallo si è affermato come un punto di riferimento per la cultura alternativa, ospitando concerti, eventi artistici, iniziative sociali e politiche. Le sue attività hanno spesso suscitato divisioni: da un lato la critica per l’occupazione abusiva degli spazi, dall’altro il riconoscimento del ruolo nella produzione culturale indipendente e nell’offerta di servizi accessibili.

La posizione del governo

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha salutato lo sgombero come «la fine di una lunga stagione di illegalità».

«Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente, con lo Stato costretto persino a risarcire i danni. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità», ha dichiarato. Secondo Piantedosi, lo sgombero rientra in una linea politica precisa: «Il governo ha una strategia chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall’inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4mila immobili. Il caso del Leoncavallo è solo un passo ulteriore di questo percorso».

Forse però Piantedosi non ricorda le parole del suo principale sponsor politico, Matteo Salvini, pronunciate in quel lontano 1994 all’epoca del primo sgombero. Chi scrive le ricorda personalmente, come ricorda la posizione sul Leoncavallo dell’attuale ministro dei Trasporti, incrociato proprio in quegli anni a Scienze Politiche (non al Leoncavallo, che lui diceva di aver frequentato ai tempi del liceo ma non abbiamo testimonianze in merito), quando ancora indossava ogni tanto la kefiah e discuteva (civilmente) con gli studenti dei movimenti di sinistra.