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Il lavoro in Italia non c’è più

Licenziamenti in Italia 2023 anno infausto? Nel nostro paese il lavoro non c’è più. O meglio, i “posti di lavoro” stabili sono sempre meno e non manca giorno in cui si annunci un taglio più o meno consistente all’occupazione nelle aziende. A quasi vent’anni dall’approvazione della Legge Biagi (su cui torneremo presto) e dalla nascita di un “vero” mercato del lavoro anche in Italia, la situazione resta difficile e in alcune realtà drammatica. Facciamo una fotografia di quello che succede in questo inizio del 2023 e poi parliamo anche di freddi numeri.

Licenziamenti in Italia 2023: le multinazionali non fanno sconti

Sono soprattutto le grandi aziende a licenziare, ma non è una novità. E nemmeno il fatto che molte di queste siano multinazionali con sedi e holding al di fuori dall’Italia. Un esempio: solo due giorni fa la Electrolux, gigante della produzione di elettrodomestici che rilevò a suo tempo in Italia la storica Zanussi, ha annunciato di aver siglato un accordo per la riduzione di 222 posti di lavoro. L’azienda, che ha intavolato una lunga trattativa sindacale, specifica però che si tratta di “uscite volontarie”. In ogni caso posti di lavoro che se ne vanno e non saranno sostituiti: il settore

L’ultimo annuncio di licenziamenti inevitabili risale a tre giorni fa. Il 10 gennaio 2023 la multinazionale finlandese Souminen ha annunciato la chiusura dello stabilimento italiano della controllata Nonwovens, che ha sede a Mozzate in provincia di Como. I posti di lavoro a rischio sono 90 tra operai e impiegati. Perché l’azienda che produce tessuto non tessuto per salviette chiude? Ufficialmente per la crisi energetica che ha fatto lievitare drammaticamente in costi di produzione, ma c’entra anche la concorrenza di paesi più competitivi e con un costo del lavoro nettamente inferiore a quello italiano.

Oggi, a fine turno, sciopereranno anche i lavoratori di Ericsson Italia: sono infatti 48 i licenziamenti da tempo annunciati dalla filiale italiana della multinazionale dell’elettronica svedese e a nulla finora sono valse le trattative intavolate tra sindacati e azienda per evitare il nuovo salasso di posti di lavoro.

Infine – ma solo perché servirebbe un articolo di migliaia di parole per mettere dentro tutte le crisi – sono altri 190 i posti che salteranno alla Jabil di Marcianise, in Campania, dove si producono componenti elettronici. La consociata italiana è figlia di un’azienda storica, fondata negli Stati Uniti nel 1966. “Come è possibile che una grande azienda come Jabil, con ottimi profitti e che dà lavoro a circa 250.000 persone nel mondo, non riesca a procurare attività per i 190 lavoratori in eccedenza a Marcianise?”. E’ la domanda che si fanno i lavoratori dello stabilimento campano, e non solo loro.

Il lavoro e la disoccupazione in Italia: la fotografia dell’Istat

Fin qui la fotografia, drammatica, di quel che sta per succedere nel 2023. Ma cosa dicono gli ultimi dati Istat sull’occupazione in Italia? Gli ultimi disponibili sono quelli di novembre 2022 e dicono che, rispetto al mese precedente, diminuiscono occupati e disoccupati mentre aumentano gli inattivi. L’occupazione cala (-0,1%, pari a -27mila) per donne, dipendenti permanenti e 35-49enni; è invece in aumento tra gli uomini, i dipendenti a termine, gli autonomi e i 15-24enni. Il tasso di occupazione scende al 60,3% (-0,1 punti).

Gli inattivi – cioè coloro che non lavoro né stanno cercando lavoro – dunque aumentano. Al momento in Italia sono quasi 13 milioni, 125mila in meno rispetto al 2021 ma un numero certamente rilevante visto che gli occupati sono poco più di 23 milioni. E tra gli inattivi è difficilmente individuabile l’esercito degli “scoraggiati”, cioè quelle persone che non lavorano e non cercano nemmeno più un’occupazione perché emarginati per i più diversi motivi. Argomento cruciale quando si parla del lavoro in Italia su cui torneremo presto.