A distanza di 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nell’agosto del 2007, una vecchia impronta palmare torna al centro dell’attenzione investigativa. Si tratta della cosiddetta “impronta 33”, individuata sulla parete delle scale che portano alla cantina dell’abitazione, dove fu ritrovato il corpo della giovane.
L’impronta che non esiste più, ma di cui restano le foto
L’impronta, originariamente analizzata dal RIS di Parma, non esiste più fisicamente: ciò che resta sono fotografie digitali effettuate all’epoca del ritrovamento. All’epoca, la traccia era stata ritenuta non utile ai fini dell’indagine, perché considerata poco dettagliata e risultata negativa al test per emoglobina umana (OBTI).
Tuttavia, una nuova consulenza tecnica condotta dal tenente colonnello Gianpaolo Iuliano (RIS di Roma) e dal dattiloscopista Nicola Caprioli ha riaperto il caso, rilevando 15 minuzie compatibili con l’impronta di Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, fratello della vittima.
Ci sarebbe l’impronta di Andrea #Sempio accanto al cadavere di Chiara #Poggi. Lo rivela una perizia disposta dalla procura di #Pavia in merito ai nuovi accertamenti disposti per fare luce sul delitto di #Garlasco.#Tg1 pic.twitter.com/ZYeqLGeUw5
— Tg1 (@Tg1Rai) May 20, 2025
Una nuova pista: Andrea Sempio
Sempio era già stato indagato tra il 2016 e il 2017 per via della presenza di DNA sotto le unghie di Chiara Poggi. All’epoca, le indagini furono archiviate a causa della scarsa quantità di materiale genetico, ritenuta insufficiente per una comparazione attendibile. Oggi, grazie a tecnologie più avanzate, quei campioni sono stati rivalutati, assieme ad altre impronte non analizzate raccolte nel 2007.
Il confronto tra l’impronta 33 e quella di Sempio è avvenuto mediante scansioni ottiche e impronte a inchiostro, vista l’assenza dell’originale. La dattiloscopia moderna consente infatti di utilizzare anche immagini fotografiche per verificare sovrapponibilità di minuzie, ovvero le caratteristiche uniche delle creste cutanee.
I molti errori delle prime indagini
L’intera vicenda dell’omicidio di Garlasco è stata segnata da numerosi errori investigativi nelle fasi iniziali. Tra questi, anche l’inquinamento della scena del crimine: un carabiniere senza guanti lasciò impronte sulle scale, rendendo più complicate le analisi. Inoltre, alcune tracce come quelle di Marco Poggi furono ritenute irrilevanti in quanto abitante della casa.
La vicenda giudiziaria ha visto l’allora fidanzato della vittima, Alberto Stasi, prima assolto, poi condannato in via definitiva nel 2015. I nuovi sviluppi mettono in discussione le conclusioni del passato, ma per ora la Procura di Pavia non ha confermato né smentito l’eventuale rilevanza delle nuove analisi ai fini processuali.
Conclusioni provvisorie
L’impronta 33 è stata rivalutata solo nel 2020, su iniziativa del Nucleo investigativo di Milano, che ha richiesto una nuova analisi della traccia, ipotizzando potesse essere stata lasciata da una mano insanguinata. Nonostante la traccia originale sia andata persa, le fotografie digitali hanno permesso un confronto con standard attuali di analisi forense, rilanciando una pista investigativa che sembrava ormai chiusa.
(Fonte: ilPost.it)





