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Guerra in Ucraina, per i banchieri ecco chi vincerà alla fine: gli scenari possibili

La buona notizia è che entro la fine del 2025 le armi potrebbero finalmente tacere. La cattiva è che la guerra in Ucraina potrebbe chiudersi senza una pace autentica, lasciando sul tavolo un accordo favorevole a Vladimir Putin. A sostenerlo non sono esperti di fantapolitica, ma gli analisti del centro studi geopolitici di JPMorgan Chase, una delle più influenti banche d’investimento al mondo. Il loro mestiere è prevedere il futuro per orientare investimenti in un contesto segnato da guerre, instabilità economica e dai colpi di scena di Donald Trump. Il loro ultimo report, più simile alle quote di un bookmaker che a un trattato diplomatico, fotografa uno scenario crudo ma condiviso anche da diversi Stati maggiori e servizi di intelligence.

Una guerra che logora, ma non finisce

Il primo nodo riguarda la durata del conflitto. Kiev è a corto di uomini, Mosca avanza lentamente ma con perdite altissime. Secondo il report, con questo ritmo ci vorrebbero 118 anni per conquistare tutta l’Ucraina. Nessuno può permetterselo. Così, tra un’Europa a corto di munizioni e una Casa Bianca sempre meno paziente, Zelensky e Putin finiranno con l’accettare un “compromesso imperfetto”: una tregua che congela il fronte ma non risolve nulla.

La tregua: quanto durerà?

La tenuta di un cessate il fuoco dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio accettabile tra le esigenze di sicurezza di Kiev e le pretese di Mosca. Entrambe le parti dovranno poter vendere l’accordo come una vittoria o almeno come il male minore. Ma dopo la firma, tutto dipenderà dall’Europa: sarà in grado di diventare un garante credibile per la ricostruzione e la sovranità ucraina? JPMorgan è scettica. Tanto che prevede una probabilità su due che l’Ucraina finisca come la Georgia. Nel 2008 Tbilisi guardava alla NATO e all’Unione Europea. Oggi è governata da un partito che ammicca a Mosca, chiuso nei palazzi del potere nonostante settimane di proteste di piazza. Senza garanzie di sicurezza e istituzioni solide, avverte il report, anche Kiev rischia di deragliare. Gli ucraini lo sanno: temono di essere lasciati soli, diffidano degli americani e si interrogano sull’affidabilità degli europei. “Una pace ingiusta”, potrebbe disgregare il Paese: tra crisi economica, infiltrazioni ibride e spinte separatiste di alcune regioni, la stabilità potrebbe diventare un miraggio.

Lo spettro della Bielorussia

C’è uno scenario ancora peggiore: un’Ucraina trasformata in una nuova Bielorussia. JPMorgan gli assegna il 15% di probabilità, ma è comunque sul tavolo. Vorrebbe dire che Usa e Ue si sono tirati indietro del tutto, costringendo Kiev ad accettare un leader fantoccio sul modello Lukashenko. È l’epilogo sognato dai nazionalisti russi più oltranzisti, quelli che si ispirano a Dugin e all’idea dell’Eurasia, ma difficilmente porterebbe pace. Al contrario, darebbe vita a una resistenza armata permanente.

Il modello Corea del Sud

Più remota ma non impossibile (sempre secondo il report) l’opzione “sudcoreana”: Zelensky rinuncia al controllo, non alla sovranità, di parte del territorio, in cambio della presenza di una forza militare europea e di un solido sostegno americano. In questo scenario, la ricostruzione sarebbe finanziata anche grazie ai 300 miliardi di euro di beni russi congelati.

L’opzione Israele

Un po’ più realistica (con un 20% di probabilità) l’ipotesi “israeliana”: nessuna presenza occidentale sul terreno, ma un supporto militare e finanziario massiccio, pensato per trasformare l’Ucraina in una fortezza armata e sempre allerta. Dati gli investimenti già in corso nell’industria bellica ucraina, non è una fantasia. Ma anche in questo caso, il report è chiaro: nel lungo termine è Mosca ad avere più probabilità di ottenere un successo strategico che Kiev di trovare una pace duratura. In questo mosaico di scenari incerti, l’unico vero antidoto all’instabilità resta la costruzione rapida e credibile di una Difesa europea. Ma, conclude JPMorgan, per ora è più un auspicio che una strategia.