Da settimane si parlava di contatti segreti, trattative parallele, viaggi notturni tra Il Cairo, Doha e Ankara. Oggi, quel lungo e incerto negoziato sembra aver trovato finalmente uno sbocco concreto. Un’intesa che potrebbe segnare un punto di svolta dopo mesi di sangue e devastazione a Gaza, e che arriva in un clima internazionale teso ma anche carico di attese.
L’annuncio è arrivato da Roma, con toni che lasciano trasparire prudente ottimismo ma anche grande soddisfazione. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito l’accordo “una straordinaria notizia”, sottolineando il ruolo centrale del presidente Donald Trump e dei Paesi mediatori nel rendere possibile un primo passo verso la pace.
Meloni: “Grazie a Trump e ai mediatori”
«L’accordo raggiunto in Egitto per l’applicazione della prima fase del Piano di pace del Presidente Trump è una straordinaria notizia che apre la strada al cessate il fuoco a Gaza, al rilascio di tutti gli ostaggi e al ritiro delle forze israeliane su linee concordate», ha dichiarato Meloni in una nota ufficiale diffusa da Palazzo Chigi. La premier ha poi voluto ringraziare apertamente gli attori protagonisti della mediazione: «Desidero ringraziare il Presidente Trump per aver incessantemente ricercato la fine del conflitto a Gaza e i mediatori — Egitto, Qatar e Turchia — per i loro sforzi che si sono rivelati cruciali per l’esito positivo raggiunto». L’accordo, ancora in fase di definizione formale, rappresenterebbe il primo passo concreto verso un cessate il fuoco dopo mesi di bombardamenti e rappresaglie che hanno devastato la Striscia e aggravato la crisi umanitaria.
I dettagli dell’intesa secondo le prime fonti internazionali
Al momento i contorni dell’accordo non sono stati ufficializzati, ma fonti di Hamas e israeliane, citate da France Presse, Times of Israel e media sauditi, hanno anticipato alcuni punti chiave. Secondo un alto funzionario di Hamas, la prima fase del piano di pace prevede la liberazione degli ostaggi israeliani in cambio del rilascio di 1.950 prigionieri palestinesi: 250 condannati all’ergastolo e 1.700 arrestati dall’inizio della guerra a Gaza. Una cifra confermata anche dal Times of Israel, che parla di un accordo “delicato ma bilanciato”, mediato direttamente dagli emissari americani e egiziani. L’intesa stabilisce ritiri programmati e garantiti delle forze israeliane da parte degli Stati Uniti e dei Paesi mediatori. Secondo il sito israeliano Ynet, nella fase iniziale l’esercito di Tel Aviv manterrà il controllo del 53% della Striscia di Gaza, ma dovrà progressivamente arretrare da alcune aree strategiche, inclusa la zona del valico di Rafah. L’emittente saudita Al-Sharq conferma che il valico verrà riaperto su entrambi i lati “non appena l’accordo entrerà formalmente in vigore”.
Le tempistiche dello scambio e gli aiuti umanitari
Le stesse fonti indicano che lo scambio tra ostaggi israeliani e detenuti palestinesi avverrà entro 72 ore dall’attuazione dell’accordo. Il conto alla rovescia, riferisce Al-Hadath, inizierà solo dopo il ritiro delle truppe israeliane secondo le linee concordate e dopo la ratifica dell’intesa da parte del governo israeliano, attesa nelle prossime ore. Altro punto centrale riguarda la crisi umanitaria. Hamas avrebbe assicurato che nei primi cinque giorni di cessate il fuoco entreranno a Gaza almeno 400 camion di aiuti al giorno, con un incremento previsto nei giorni successivi. L’obiettivo è garantire cibo, acqua e medicinali in un territorio ormai allo stremo, dove il 70% della popolazione vive in condizioni di emergenza.
L’attesa per il cessate il fuoco
Nonostante l’intesa raggiunta nella notte tra i negoziatori al Cairo, a Gaza si combatte ancora. Il cessate il fuoco entrerà in vigore soltanto quando l’accordo sarà formalmente approvato dal governo israeliano. Il premier Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il suo esecutivo si riunirà “nelle prossime ore” per valutare e ratificare il testo. Solo allora si potrà parlare di tregua effettiva. Fino a quel momento, la speranza resta sospesa. Ma dalle parole di Giorgia Meloni trapela la consapevolezza che, per la prima volta dopo mesi, la pace, o almeno la sua possibilità, sembra più vicina che mai.





