Gli spari, i crolli, le grida, poi le prime notizie: ci sono feriti, alcuni gravi, e subito dopo l’amara conferma delle prime vittime. Il telefono del Patriarca di Gerusalemme dei Latini squilla senza sosta: è il Papa, è la rete di contatti che tiene in piedi una comunità ferita. È la voce del mondo che si stringe attorno a chi da mesi denuncia l’orrore quotidiano. Ma quella voce, oggi, trema. «Siamo molto preoccupati per i feriti, ce ne sono ancora alcuni in condizioni critiche e gli ospedali non possono fare molto», dice al «Corriere della Sera» con amarezza il Cardinale Pierbattista Pizzaballa. Poi lancia un appello che suona come un grido accorato: «È ora di fermare questa guerra. È sempre stata assurda, ora è diventata completamente insensata. Oggi hanno colpito i cristiani, ma ogni giorno muoiono decine di persone nella Striscia».
Colpita l’unica parrocchia cattolica della Striscia
Non era mai successo prima. Nel cortile della Chiesa della Sacra Famiglia, oltre un anno fa, un cecchino aveva ucciso due donne. Ma nessuno, fino a ieri, aveva osato attaccare l’edificio stesso. La parrocchia cattolica di Gaza, unico presidio cristiano in mezzo alla devastazione, era diventata rifugio per circa 500 civili, tra donne, bambini, anziani. Un riparo tra le bombe. Un luogo sacro. Ma in queste ore, mentre anche in Cisgiordania crescono le violenze ai danni delle comunità cristiane, l’attacco alla Sacra Famiglia assume un significato sinistro, simbolico. Una minaccia? Un messaggio?
«Non siamo un bersaglio». Ma i dubbi restano
Perché colpire chi non ha mai fatto differenze tra i civili? «Loro dicono che è stato un errore. Ma qui nessuno ci crede davvero», ha spiegato Pizzaballa. Non si è trattato di un bombardamento aereo. Questo rende ancora più difficile parlare di “errore”: «Infatti. Sembra che sia stato un colpo da terra, probabilmente da un tank». Tre giorni fa c’era stato un ordine di evacuazione da parte israeliana. Coincidenze? «Sì, ma era un ordine generico, per tutta l’area. Nessuno ha mai detto che la Chiesa fosse un target». Eppure non è la prima volta che una struttura cristiana viene colpita. «È vero. Anche la Chiesa Ortodossa, che è vicina a noi, era stata danneggiata più di un anno fa». Un avvertimento? Un invito brutale a lasciare Gaza? «Non lo so. Non mi piacciono le dietrologie. È accaduto, e noi andiamo avanti. Continuiamo a occuparci della nostra gente, a portare aiuti», ha spiegato.
Pizzaballa: «Sono un uomo di fede. Ho la speranza»
Il santo Padre è stato informato di quanto successo. Papa Leone XIV, da mesi, invita a intensificare gli sforzi per la pace. Ma cosa serve davvero? «Smettere. Fermare le armi. Ma purtroppo non vedo la volontà. Le guerre si iniziano con facilità, ma finirle è un’altra cosa. Una soluzione militare non basterà. Serve una decisione politica. I leader devono alzare la voce». A detta di Pizzaballa la comunità internazionale dovrebbe «andare oltre le parole. Questo stillicidio continuo di vite innocenti non è più umanamente né moralmente sopportabile». In Italia qualcuno propone di sospendere il trattato di cooperazione con Israele, Pizzaballa la pensa così: «È necessario esercitare pressioni per far cessare questa guerra». Sul finale questi ha aggiunto: «Sono un uomo di fede. Ho la speranza». Una figura in prima linea. Un pastore tra le rovine. Una voce che chiede, instancabile, che almeno qualcuno ascolti. Prima che sia troppo tardi.





