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Castel D’Azzano: chi sono i fratelli Ramponi, i tre occupanti del casolare esploso

Un boato assordante, poi le fiamme. È accaduto nella notte tra sabato e domenica in via San Martino, a Castel d’Azzano, in provincia di Verona. In pochi istanti un casolare si è trasformato in una trappola di fuoco, mentre era in corso un’operazione di sgombero da parte delle forze dell’ordine. Il bilancio è drammatico: tre carabinieri morti e oltre quindici feriti, tra militari e agenti di polizia. L’esplosione, violentissima, è avvenuta proprio nel momento in cui gli operatori hanno tentato di aprire la porta d’ingresso. Dietro la tragedia ci sono tre fratelli, Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi, arrestati poche ore dopo l’incidente. Secondo le prime ipotesi, sarebbero stati loro a saturare l’abitazione di gas metano per impedire l’esecuzione dello sfratto. Il casolare, occupato abusivamente, era già finito più volte al centro di interventi simili, sempre conclusi con grande tensione.

I fratelli Ramponi e una storia di disperazione

Sessantenni, allevatori e agricoltori ormai in rovina, i Ramponi erano ben conosciuti a Castel d’Azzano. Negli ultimi anni avevano accumulato debiti e ipoteche, fino a vedersi pignorata la casa di famiglia. Già nel 2024 avevano minacciato gesti estremi, due volte, durante precedenti tentativi di sgombero: aprirono le bombole del gas, salirono sul tetto e si rifiutarono di scendere per ore. Solo la mediazione dei carabinieri aveva evitato il peggio. “La situazione era nota”, ha spiegato il vicesindaco Antonello Panuccio a Rainews24, “I tre non volevano lasciare l’immobile e il sottotetto era saturo di gas quando i militari sono entrati. Non si trattava di persone fragili, ma di soggetti coinvolti in fatti criminosi e destinatari di un’esecuzione giudiziaria”. Il Comune, ha aggiunto, “aveva già offerto una sistemazione temporanea, ma c’era un ordine del giudice da rispettare”.

La dinamica dell’esplosione

L’operazione era pianificata da giorni. Alle prime ore della notte, i reparti speciali dei carabinieri hanno raggiunto l’abitazione. Al momento dell’apertura della porta, si è verificata una deflagrazione devastante che ha fatto crollare parte della struttura. Le fiamme si sono propagate rapidamente, intrappolando diversi agenti. I soccorritori del 118, i vigili del fuoco e la Protezione civile hanno lavorato fino all’alba per estrarre le vittime. Il bilancio finale parla di tre militari morti e quindici feriti, alcuni in codice rosso. L’intera area è ora sotto sequestro, mentre la Procura di Verona indaga sull’ipotesi di strage volontaria. I tre fratelli Ramponi si trovano in stato di fermo.

Le vittime: tre servitori dello Stato

Le vittime sono tre carabinieri esperti, appartenenti a reparti d’élite:

  • Luogotenente Marco Piffari, 56 anni, comandante della Squadra Operativa di Supporto (SOS) del 4° Battaglione “Veneto”;
  • Brigadiere Capo Valerio Daprà, 56 anni, dell’Aliquota di Primo Intervento (API) di Padova;
  • Carabiniere Scelto Davide Bernardello, 36 anni, dello stesso reparto.

Uomini abituati a intervenire in scenari ad alto rischio, formati per la gestione di situazioni estreme come sequestri, attentati o esplosioni. Colleghi e superiori li ricordano come professionisti scrupolosi, con un profondo senso del dovere. Il comandante generale dell’Arma ha espresso “cordoglio e vicinanza alle famiglie”, definendo la loro morte “un sacrificio che onora l’uniforme”.

I reparti speciali dell’Arma: chi erano gli uomini caduti

Le API (Aliquote di Primo Intervento) e le SOS (Squadre Operative di Supporto) rappresentano il braccio operativo dell’Arma nei momenti di massima emergenza. Istituiti dopo gli attentati terroristici in Europa, questi reparti intervengono come prima linea nelle situazioni critiche, in attesa dei nuclei speciali come il GIS. Gli uomini delle API, normalmente tra i 9 e i 14 per reparto, operano all’interno dei comandi provinciali, pronti ad agire in contesti urbani complessi. Le SOS, invece, sono unità mobili con compiti di sostegno e contrasto antiterrorismo. Entrambe le formazioni si addestrano a San Pietro a Grado, dove affrontano corsi di tiro dinamico, combattimento ravvicinato e gestione di esplosivi.

Erano soldati esperti, formati per salvare vite. A Castel d’Azzano, nel cuore della notte, hanno trovato la morte mentre tentavano di evitare una tragedia ancora più grande. Una missione di pace trasformata in sacrificio: così l’Italia ricorderà i tre carabinieri caduti, simbolo di coraggio e dedizione assoluta.