A poche ore dalla scadenza fissata per l’annuncio ufficiale, la tanto attesa dichiarazione congiunta tra Stati Uniti e Commissione europea potrebbe non arrivare in tempo. Lo ha confermato oggi, giovedì 31 luglio, Olof Gill, portavoce del commissario Ue per il Commercio, aprendo il briefing con i giornalisti a Bruxelles. “Le posizioni tra le due parti restano troppo distanti su aspetti cruciali”, ha spiegato Gill, lasciando intendere che l’accordo potrebbe slittare o ridursi a una versione semplificata.
Il tempo stringe: da domani, venerdì 1° agosto, gli Stati Uniti potrebbero far scattare dazi sulle merci europee compresi tra il 10 e il 30%, come previsto nel caso in cui non venisse formalizzato un accordo. Eppure, secondo quanto riferito dallo stesso portavoce, l’Unione europea si attende che Washington mantenga la promessa fatta nei giorni scorsi e applichi un’aliquota del 15%, più contenuta, definita durante l’incontro tra Donald Trump e Ursula von der Leyen dello scorso 27 luglio in Scozia. “La palla è nel campo degli Stati Uniti”, ha dichiarato Gill.
Trump indeciso sull’ordine esecutivo
La conferma di un possibile ritardo nella firma dell’accordo arriva poche ore dopo un’indiscrezione pubblicata dal Corriere della Sera, secondo cui Trump potrebbe non firmare l’ordine esecutivo nella giornata di venerdì, lasciando in sospeso l’applicazione dei dazi. Al momento, non è chiaro se il presidente Usa opterà per il 15% già discusso con von der Leyen, o se tornerà all’ipotesi più punitiva del 30% sulle esportazioni europee, in caso di mancato accordo. In ogni caso, anche se la dichiarazione dovesse arrivare all’ultimo minuto o nei prossimi giorni, fonti comunitarie anticipano che il testo sarà snello e poco dettagliato. Le divergenze su dossier centrali come acciaio e alluminio restano profonde e difficili da superare nel breve periodo.
Acciaio, alluminio e vino: le tariffe restano alte
Proprio acciaio e alluminio, settori simbolo della guerra commerciale, sembrano destinati a rimanere fuori dall’accordo. In assenza di un’intesa, le tariffe esistenti al 40% continueranno ad applicarsi. Non va meglio per il comparto vinicolo: “Per il vino, bisognerà aspettare”, ha tagliato corto il portavoce europeo. Anche qui, non si intravedono soluzioni immediate. Altro punto dolente è la definizione della lista dei prodotti esenti o sottoposti a dazi inferiori al 15%. In gioco ci sono comparti strategici come l’aeronautica e alcune materie prime, ma le negoziazioni sono ancora in alto mare. Bruxelles sperava in un’intesa almeno su queste categorie, ma finora non ci sono segnali incoraggianti.
Farmaci e digitale: due dossier caldi
Oltre ai nodi commerciali classici, ci sono due ulteriori ostacoli che complicano il percorso verso un’intesa strutturata. Il primo riguarda il settore farmaceutico. Gli Stati Uniti, infatti, non hanno ancora confermato che anche i medicinali europei rientreranno nel regime del 15%. L’amministrazione Trump ha deciso di attendere la conclusione di un’indagine per stabilire se esista un rischio per la sicurezza nazionale. Se così fosse, la Casa Bianca potrebbe decidere di imporre tariffe più alte, sostenendo la necessità di proteggere l’industria farmaceutica americana.
Il secondo punto critico è di natura regolamentare e politica. Washington insiste affinché l’Unione europea ammorbidisca le sue regole sul digitale, in particolare quelle che riguardano le norme antitrust e la moderazione dei contenuti da parte delle grandi piattaforme. Ma su questo fronte, Bruxelles non è disposta a cedere terreno. Le recenti leggi approvate dalla Commissione per contrastare gli abusi di posizione dominante e garantire maggiore trasparenza sui social media sono considerate un punto fermo dell’agenda europea.
Prossime ore decisive
Le prossime 24 ore saranno determinanti per capire se Stati Uniti e Ue riusciranno a evitare una nuova escalation commerciale. Un’intesa minima potrebbe salvare il dialogo e congelare i dazi più pesanti, ma resta alta la tensione tra due blocchi economici che, almeno per ora, continuano a parlarsi con toni prudenti e diffidenze reciproche. Se domani Trump deciderà di applicare il 15%, sarà un segnale distensivo. In caso contrario, si riaprirà lo spettro di una nuova guerra commerciale nel cuore dell’estate.





