All’indomani di un’intesa che segna un nuovo equilibrio nei rapporti tra Stati Uniti e Unione europea, le cancellerie europee faticano a trovare una voce unitaria. I toni, gli umori e le reazioni lasciano trasparire più frustrazione che soddisfazione. E se qualcuno ha tentato di dipingere l’accordo come un male necessario, altri non hanno nascosto il disagio. C’è anche chi, come François Bayrou, ha scelto parole che evocano ferite culturali profonde.
Le prime reazioni: freddezza e rassegnazione
Domenica sera, a poche ore dalla conclusione dell’accordo, il cancelliere tedesco Friedrich Merz aveva tentato di dare una lettura positiva, parlando di “tutela degli interessi fondamentali”. Ma l’ottimismo, se così si può chiamare, si è presto spento. Lunedì, il tono prevalente è diventato quello della rassegnazione amara. Un consenso forzato, accompagnato da consapevolezza dell’impotenza.
A rompere il velo di diplomazia, è stato il primo ministro francese François Bayrou. Su X, ha scritto: “È un giorno buio quello in cui un’alleanza di popoli liberi, riuniti per affermare i propri valori e difendere i propri interessi, si rassegna alla sottomissione”. Una frase pesante. E non solo per il suo contenuto. In Francia, “sottomissione” è parola carica, un riferimento diretto, e non casuale, al romanzo profetico di Michel Houellebecq, diventato simbolo di inquietudine nazionale sin dalla sua uscita nel 2015. Se nel libro si parlava della resa all’Islam, oggi Bayrou evoca una sottomissione all’America trumpiana, nell’immediato presente.
Scetticismo, sarcasmo e impotenza
L’uscita del premier francese ha scatenato ironia e critiche. Tra i più sarcastici, Laurent Jacobelli del Rassemblement National, che ha commentato: “Che lampo di lucidità! Bisogna assolutamente passare questa analisi al premier, così potrà agire!”. Una battuta al vetriolo che centra però un punto dolente: Bayrou è sembrato commentare da spettatore, come se non fosse lui stesso alla guida del governo. Una confessione implicita di impotenza e irrilevanza, condivisa da altri leader europei rimasti in silenzio, incapaci di opporsi a un’intesa vissuta come una resa. Lo ha detto senza mezzi termini Maros Sefcovic, commissario europeo al Commercio e negoziatore per l’UE, durante una conferenza stampa a Bruxelles: “Voi non c’eravate in quella sala, è stato il miglior accordo possibile”.
Il silenzio di Macron e la minaccia del bazooka fiscale
Nel frattempo, Emmanuel Macron, che fino a pochi giorni fa aveva guidato il fronte più ostile alla linea dura americana, ha scelto di tacere. Lo stesso fa Donald Tusk da Varsavia. Un silenzio che pesa, e che suona come accettazione forzata. Tra le poche voci ancora critiche, quella di Benjamin Haddad, ministro per gli Affari europei, che riconosce la natura “squilibrata” dell’accordo ma ne sottolinea almeno la rimozione dell’incertezza. Tuttavia, non rinuncia a rilanciare la minaccia del “bazooka fiscale” europeo, ricordando che i colossi digitali americani continuano a godere di vantaggi fiscali in Europa: “Serve attivare lo strumento anti-coercizione per tassare i servizi americani o escluderli dai mercati pubblici. Dopo domenica, è ancora più urgente”.
Le Pen attacca, Glucksmann risponde
A destra, Marine Le Pen parla apertamente di “fiasco politico, economico e morale”, evocando una resa senza condizioni. Ma la replica da sinistra non tarda ad arrivare: Raphaël Glucksmann, probabile candidato presidenziale, la accusa di incoerenza. “Hai sostenuto Trump, e ora condanni la sottomissione agli Stati Uniti: non provi vergogna?”.
I numeri dell’accordo: chi perde di più?
Secondo le stime del Kiel Institute for the World Economy, l’accordo prevede un dazio medio del 15% che, nel breve termine, potrebbe ridurre il PIL tedesco dello 0,13%, un impatto più marcato rispetto alla media UE, ferma allo 0,1%. Francia (0,01%) e Italia (0,02%) risentiranno meno, almeno sulla carta. Ma le stime non includono ancora le eccezioni previste per settori strategici, come farmaceutica, agroalimentare e aerospazio. E proprio per questo, Friedrich Merz, inizialmente entusiasta, ha fatto marcia indietro. Lunedì ha dichiarato di “non essere soddisfatto”, paventando “un danno considerevole all’economia tedesca”.
Sánchez tiepido, Orbán trionfante
Tra i leader europei, Pedro Sánchez ha espresso un sostegno tiepido, parlando di un’intesa “accettabile ma senza entusiasmo”. Al contrario, Viktor Orbán ha colto l’occasione per celebrare l’alleato americano e affondare l’UE: “Questo accordo è peggiore di quello tra Stati Uniti e Regno Unito. Trump si è mangiato Ursula a colazione”.





