La politica lo ha inseguito per decenni, con la perseveranza di un amante mai corrisposto. Pippo Baudo, scomparso ieri 16 agosto 2025 all’età di 89 anni, è stato molte cose: volto iconico della televisione italiana, talent scout instancabile, arbitro elegante del costume nazionale. Ma non è mai stato un politico. Nonostante gli inviti insistenti, le avances discrete e le proposte clamorose, Baudo ha sempre scelto di restare fuori dal gioco dei partiti.
L’avventura di Democrazia Europea
All’inizio degli anni Duemila il confine tra spettacolo e politica si fece più sottile. Nel 2001 Baudo appoggiò pubblicamente il progetto centrista di Democrazia Europea, fondato dall’amico Sergio D’Antoni e da Ortensio Zecchino. Era il tempo dei tentativi di costruire un terzo polo tra la Casa delle Libertà di Silvio Berlusconi e l’Ulivo di Romano Prodi. Pippo sostenne l’iniziativa e, indirettamente, mise in campo anche la moglie di allora, Katia Ricciarelli, candidata in Lombardia, Marche e Umbria. L’esperimento politico, però, si concluse rapidamente: il partito non superò lo sbarramento e si sciolse in meno di due anni.

I tentativi di candidatura
Il legame di Baudo con l’area democristiana era noto e a tratti lo rendeva il candidato ideale per certi salotti politici: amato dal pubblico, rassicurante, profondo conoscitore dell’Italia reale. Già negli anni Settanta la Democrazia Cristiana provò a candidarlo alla Camera dei deputati, ma senza successo.
Anche nel 2005 arrivò una proposta di peso: l’Unione di Romano Prodi gli chiese di correre per la presidenza della Regione Siciliana. Baudo rifiutò, lasciando spazio a Rita Borsellino. Stesso copione nel 2012, quando il Partito Democratico siciliano tentò di coinvolgerlo nuovamente per Palazzo d’Orléans. Ancora una volta, arrivò un cortese “no grazie”.
Una scelta di rispetto
Le sue motivazioni furono sempre chiare. «Mi sono sempre considerato vicino al centrosinistra dopo la fine della Prima Repubblica, mentre prima votavo Democrazia Cristiana», spiegò in un’intervista. Ma più che il posizionamento politico, fu il suo senso di rispetto per le istituzioni a guidarne la decisione. Baudo sapeva che il carisma e la popolarità non bastano per governare, e che i riflettori della politica sono ben diversi da quelli dello spettacolo.
In questo, forse, il conduttore siciliano aveva compreso prima di altri che il successo televisivo non è automaticamente traducibile in consenso politico. Un sipario, quello della politica, che ha scelto consapevolmente di non alzare mai.





