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Carlo Ginzburg smonta le nuove Indicazioni scolastiche: “Storia trasformata in un sermone”

È stato pubblicato da pochi giorni, e rivendicato con orgoglio dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, il nuovo testo delle Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo. Un documento cruciale per capire che cosa e come si insegnerà nei prossimi anni. Ma a far discutere, in particolare, è la parte dedicata alla Storia. Dalla centralità dell’identità italiana all’idea che «solo l’Occidente conosce la storia», per molti il testo suona come un manifesto ideologico. La Stampa ha chiesto un commento a Carlo Ginzburg, storico di fama internazionale, da sempre attento alla metodologia e alla filosofia della Storia.

«Una visione eurocentrica e superata»

«Quello che mi colpisce subito è la rimozione del colonialismo, delle sue conseguenze e di ciò che significa oggi», spiega Ginzburg, «Dire che “la cultura occidentale è stata in grado di farsi padrona del mondo” senza precisare che la centralità dell’Europa è ormai tramontata è gravissimo. Come si può comunicare questo a scuola? Le definizioni di Storia date nel documento non aiutano a capire il mondo in cui viviamo». Il documento, citando Marc Bloch e Claude Lévi-Strauss, sostiene che l’Occidente ha il compito di insegnare la Storia al resto del mondo. Ma secondo Ginzburg, queste citazioni sono decontestualizzate, usate in modo distorto rispetto al pensiero originario degli autori.

Il grande rimosso: il colonialismo

«Il colonialismo è un fenomeno storico con un costo umano enorme e, allo stesso tempo, un arricchimento intellettuale asimmetrico. Ignorare questa ambiguità e dire solo che la Storia serve a distinguere il bene dal male è riduttivo. Bisogna trasmettere ai bambini anche il senso dell’ambiguità», ha spiegato a Ginzburg. «Tutte le chiacchiere sull’identità italiana mi sembrano iperprovinciali», afferma ancora. «La nozione di identità è inservibile dal punto di vista analitico. Io non credo nell’identità italiana, né in quella europea o ebraica. L’Italia è un Paese in cui il pluralismo è ovunque: nella cucina, nella lingua, nell’arte. Parlare di identità oggi è senza senso», ha evidenziato. L’insegnamento, secondo lo storico, dovrebbe invece far dialogare culture differenti, offrendo a bambine e bambini l’incontro con tradizioni culturali molteplici.

L’integrazione come assimilazione? «Un’idea vecchia»

Secondo le nuove Indicazioni, la conoscenza dell’identità nazionale sarebbe propedeutica all’integrazione. Ma Ginzburg contesta: «L’idea che integrazione significhi assimilazione è da respingere. È una visione vecchia, inadatta al nostro tempo. Anche se non viviamo in un contesto di violenza fisica come durante il colonialismo, restano forti asimmetrie culturali e sociali».

Storia vera e narrazione: una distinzione necessaria

Le nuove IN affermano che è irrealistico insegnare ai bambini a distinguere il vero dal falso attraverso l’analisi delle fonti. Ginzburg non ci sta: «Questa affermazione è velenosa. Trascura la distinzione fondamentale tra narrazione storica e finzione. Ignorare la pretesa della storia di dire la verità è un grave errore educativo». Ginzburg invita a partire dai casi concreti per insegnare la Storia: «Anche un bambino può capire se gli parli della distruzione delle statue di Colombo. Si chiederà perché succede. Questo può portare a interrogarsi sul contesto e sulle ragioni del conflitto». Nel documento ministeriale, la storia delle idee viene raccontata in modo lineare, come se seguisse un percorso di continuo miglioramento. «È una visione teleologica, superata e inadeguata. Viviamo un’epoca in cui la fragilità della specie umana di fronte all’ambiente è sotto gli occhi di tutti. Occorre raccontare anche questo, non solo le glorie. Parlare di progresso come unico ingrediente è disonesto. La storia è ambiguità, e i bambini devono imparare a confrontarsi con essa», la posizione dell’esperto.

Il mito dell’Occidente e l’odore della Guerra fredda

«In queste Indicazioni si sente odore di Guerra fredda. La Russia non esiste. L’ebraismo e altre religioni sono assenti fino alla secolarizzazione. Eppure la secolarizzazione stessa è ambigua: spesso le strategie religiose sopravvivono in forme laiche», ha spiegato Ginzburg. A chiusura dell’intervista, lui ha ricordato pure il valore della microstoria: «Una buona ricerca può nascere anche da uno studio su una comunità di pescatori islandesi, non solo dai grandi eventi. L’incontro tra culture diverse avviene già oggi, ogni giorno, nelle nostre classi. E andrebbe valorizzato, non rimosso». Le nuove IN propongono a lezione episodi di eroismo nazionale: dalla Piccola Vedetta Lombarda ad Anita Garibaldi e Salvo D’Acquisto. «L’eroismo fa parte della storia. Ma è fondamentale comunicare anche quanto poco sappiamo della storia umana. Senza questo senso del limite, resta solo il monumento di Garibaldi a cavallo. E questo, nella scuola, va evitato», ha concluso Carlo Ginzburg.