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Sette anni fa la tragedia del Ponte Morandi

Nel silenzio che avvolge questo giorno, Genova e l’Italia intera oggi ricordano con profondo dolore il settimo anniversario del crollo del Ponte Morandi. Era il 14 agosto 2018 quando, alle 11:36, la pila 9 del viadotto sul Polcevera cedette, travolgendo vite, automobili e speranze. In un istante, 43 persone persero la vita e centinaia furono costrette a fuggire dalle proprie case, nel fuggi fuggi disorientato che seguì il disastro. Quelle immagini della tragedia rimarranno scolpite nella memoria collettiva come monito doloroso dell’incuria e della fragilità delle nostre infrastrutture.

La vicenda giudiziaria in breve

L’inchiesta sul crollo ha coinvolto 59 imputati tra ex vertici di Autostrade per l’Italia, dei tecnici di Spea, funzionari del Ministero e personale del Provveditorato: sono state contestate accuse gravissime di omicidio colposo plurimo, omissioni d’atti d’ufficio e crollo doloso. Il processo è ormai entrato nel vivo – inizialmente previsto entro la primavera, ora slittato ancora – con una sentenza attesa solo nell’estate del 2026.
Autostrade per l’Italia e Spea, pur patteggiando un risarcimento di circa 30 milioni di euro, hanno successivamente chiesto di essere escluse dalla responsabilità civile. Le famiglie delle vittime e i legali civili si sono opposti, denunciando un tentativo di scampo da responsabilità dirette.

I risarcimenti: dolore che si trasforma in responsabilità

Uno dei primi atti immediatamente dopo la tragedia fu il decreto DPCM per il sostegno alle famiglie colpite, con erogazioni veloci e aiuti concreti, sul solco dell’urgenza e della solidarietà. Tuttavia, a distanza di anni, molti lamentano che quelle misure, seppur necessarie, non bastino. Il dolore delle famiglie rimane lancinante, mentre il sistema giudiziario — lento, complesso, frammentato — fatica a trasmettere un senso pieno di giustizia.

Non solo Genova: frammenti di un’Italia a rischio

Oggi è doveroso guardarsi intorno con occhi consapevoli: non è un caso se tragedie come quella del Ponte Morandi non siano uniche. Solo per citare un caso emblematico, il viadotto Puleto, lungo la E45 tra Toscana e Umbria, fu chiuso per rischio di crollo nel gennaio 2019. Un tratto di strada ormai simbolo dell’emergenza infrastrutturale italiana e ancora in attesa di una soluzione definitiva: tutti i viadotti del tratto appenninico della E45 sono un cantiere perenne.
Le carenze infrastrutturali del nostro Paese — ponti in continua manutenzione, viadotti che crollano sotto l’insufficiente controllo e investimenti — non possono più essere tollerate come lo sono state le vite spezzate. Non possiamo consentire che la sicurezza collettiva sia pagata con sacrifici umani. Quel che è accaduto a Genova non deve ripetersi altrove. L’Italia merita un sistema che metta al primo posto le persone, non logiche di profitto o superficialità.

In questa giornata di lutto e riflessione, restiamo vicini alle famiglie delle vittime, grati di non averle dimenticate, e più che mai convinti che solo cambiamenti strutturali reali e immediati possano trasformare il nostro vivere infrastrutturale in un antidoto concreto contro la disperazione.