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Ucraina, Trump: “Patriot in arrivo”, la Russia si dice pronta a negoziare

La svolta arriva con un messaggio netto, all’americana: «Invieremo i Patriot. Ne hanno un disperato bisogno». Dopo settimane di silenzi e incertezze, Donald Trump rompe gli indugi e conferma che gli Stati Uniti forniranno all’Ucraina sistemi avanzati di difesa antiaerea. L’annuncio arriva a ridosso di un colloquio telefonico con Volodymyr Zelensky e alla vigilia di un incontro con il nuovo segretario generale della Nato, Mark Rutte. Nessuna indicazione sul numero preciso delle batterie, ma un dettaglio emerge: gli ucraini le pagheranno per intero. «Sì, avranno equipaggiamenti militari molto sofisticati», ha aggiunto il presidente, «ma il conto sarà al 100% a loro carico».

Un segnale chiaro alla Russia (e a Putin)

Il tycoon ha lasciato intendere che nelle prossime ore potrebbe annunciare un inasprimento delle sanzioni contro Mosca, sottolineando che «Putin ha sorpreso tutti: parla con gentilezza e poi bombarda». Una frase secca, carica di disillusione: «Sono deluso da lui». Quanto alla proposta del senatore Lindsey Graham di introdurre dazi punitivi fino al 500% per i Paesi che aiutano la Russia, Trump ha risposto con cautela: «La stiamo valutando molto attentamente».

Zelensky: «Un passo concreto verso la pace»

Sul fronte ucraino, le parole di Trump hanno trovato un’accoglienza calorosa. Zelensky ha definito il dialogo con Keith Kellogg, inviato speciale della Casa Bianca, «produttivo» e «orientato alla pace». L’incontro a Kiev ha toccato diversi punti strategici: rafforzamento della difesa aerea, produzione congiunta di armamenti, collaborazione con l’Europa e soprattutto sanzioni mirate contro Mosca e i suoi alleati. «Confidiamo nella leadership americana. È chiaro che la Russia non si fermerà se non viene fermata. La loro ambizione va spezzata con la forza. Siamo grati per questi segnali di vicinanza e per l’appoggio del popolo statunitense», le sue parole.

Il Cremlino apre (a modo suo): «Siamo pronti a trattare»

Dall’altra parte del tavolo, Mosca osserva e prende nota. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha riconosciuto pubblicamente il ruolo di Kellogg come possibile intermediario, dicendo che «ci auguriamo prosegua nel suo sforzo di mediazione». Nessuna critica aperta a Washington, ma il tono resta guardingo. Peskov ha commentato con un certo distacco la notizia dei nuovi invii di armamenti: «Molto è stato detto sul costo di queste forniture. Ora sembra che saranno gli europei a pagare. Ma resta il fatto che gli Stati Uniti continuano a fornire armi a Kiev». E ha rilanciato: «Siamo pronti a un terzo round di colloqui. Ma è chiaro che Kiev sta prendendo tempo. Noi siamo in attesa di proposte concrete».

Uno scenario ancora bloccato

La tensione resta altissima, ma qualcosa si muove sul fronte diplomatico. L’inviato americano ha aperto un canale a Kiev, la Nato è coinvolta nella partita economica, e Mosca, pur accusando Zelensky di temporeggiare, non chiude del tutto la porta ai negoziati. In mezzo, resta l’ombra lunga della guerra e la consapevolezza che i Patriot in arrivo saranno solo un tassello in una strategia più complessa, in cui la diplomazia sembra ancora un passo indietro rispetto alle armi.