New York — Davanti al Parlamento israeliano, Donald Trump ha pronunciato uno dei discorsi più attesi del suo ritorno sulla scena internazionale. Tra citazioni solenni, applausi e riferimenti all’accordo di pace appena firmato, il presidente americano ha voluto rendere omaggio ai suoi più stretti collaboratori: il segretario di Stato, il capo del Pentagono, l’inviato speciale, il genero Jared Kushner, il primo ministro Benjamin Netanyahu e le forze armate israeliane. Poi, a sorpresa, ha fatto un nome che ha suscitato una standing ovation: Miriam Adelson, 80 anni, seduta tra il pubblico.
«Guardatela lì, seduta così innocentemente. Ha 60 miliardi in banca, sessanta miliardi», ha detto Trump con tono ironico, scatenando risate in aula. «La metterò nei guai con questo — ha aggiunto — ma una volta le ho chiesto: allora, Miriam, so che ami Israele. Cosa ami di più, Israele o gli Stati Uniti? Lei ha rifiutato di rispondere. Il che significa che potrebbe esserci un problema». Una battuta che ha stemperato la tensione, ma anche sottolineato l’influenza di una donna che, da dietro le quinte, è considerata una delle figure più potenti e ascoltate nel rapporto tra Washington e Gerusalemme.
Chi è Miriam Adelson, la “regina del gioco” che ha conquistato la politica
Nata a Tel Aviv nel 1945 da una famiglia di origini polacche, Miriam Farbstein (questo il suo cognome da nubile) si è formata come medico, specializzandosi nel trattamento delle dipendenze. Dopo aver lavorato come ricercatrice, nel 1991 sposò Sheldon Adelson, magnate dei casinò e uomo tra i più ricchi del pianeta. Insieme hanno costruito un impero: la Las Vegas Sands, che gestisce resort di lusso e casinò tra gli Stati Uniti e l’Asia. Dopo la morte del marito nel 2021, Miriam ha assunto il controllo della società, vendendo un anno dopo le proprietà storiche di Las Vegas, tra cui il Venetian Resort, per oltre 6 miliardi di dollari. Nel 2023 ha acquisito la quota di maggioranza dei Dallas Mavericks, squadra NBA, entrando così anche nel mondo dello sport. Ma la sua influenza va ben oltre il business: da oltre un decennio, Miriam Adelson è la più grande donatrice del Partito Repubblicano, con oltre 600 milioni di dollari investiti tra campagne presidenziali e progetti politici, gran parte dei quali a sostegno di Donald Trump.
L’amicizia con Trump e il ruolo chiave nel piano per Gaza
Nel suo discorso alla Knesset, Trump ha riconosciuto pubblicamente l’importanza di Miriam e del defunto marito nelle scelte strategiche del suo primo mandato: «Furono loro a spingermi a riconoscere la sovranità israeliana sulle Alture del Golan». Il presidente ha aggiunto che proprio Miriam Adelson ha svolto un ruolo decisivo nei negoziati per la liberazione degli ostaggi israeliani, agendo da intermediaria tra le famiglie e la Casa Bianca. Diversi parenti degli ostaggi hanno confermato di aver parlato con lei «quasi ogni giorno», raccontando la dedizione e la costanza con cui la miliardaria si è impegnata per tener viva l’attenzione sulla questione. Una missione personale, alimentata dal dolore e dalla determinazione di chi conosce da vicino le fragilità di un Paese costantemente sotto attacco.
Le posizioni politiche e le polemiche
Dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, Miriam Adelson ha radicalizzato il suo linguaggio pubblico. In un editoriale su Israel Hayom, quotidiano di cui è proprietaria, aveva scritto: «I simpatizzanti stranieri di Hamas sono nostri nemici. Gli intellettuali occidentali che li giustificano sono complici morali di chi vorrebbe cancellarci dal Medio Oriente». Una presa di posizione netta, che ha attirato critiche ma anche consensi nel fronte più conservatore. Negli anni, Adelson ha difeso tutte le principali scelte pro-Israele dell’amministrazione Trump: dal trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme al riconoscimento dell’annessione del Golan. Per questo, nel 2018, ricevette la Medaglia presidenziale della libertà, il più alto riconoscimento civile americano. Durante un evento in Texas, aveva dichiarato: «Gli ebrei americani hanno un dovere sacro: sostenere Trump per tutto ciò che ha fatto e farà per Israele».
Una figura controversa, tra devozione e potere
Oggi Miriam Adelson è vista come una delle donne più influenti al mondo, capace di muovere enormi risorse economiche e di orientare l’agenda politica statunitense. Nel suo ultimo editoriale per Forbes Israel, ha difeso la repressione delle proteste studentesche pro-Palestina, definendole “orrende adunate di agitatori radicali e ultraprogressisti”. Un linguaggio duro, coerente con la sua visione inflessibile della sicurezza ebraica. Dietro i sorrisi e la compostezza mostrati in Parlamento, si cela una figura che incarna la fusione tra denaro, fede e politica. E quando Trump, tra gli applausi della Knesset, l’ha indicata come esempio di “patriottismo e coraggio”, non stava solo elogiando una sostenitrice: stava ringraziando una donna che ha saputo condizionare le scelte di un presidente.





