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Draghi a Davos (in segreto)

I social hanno fatto dimenticare quella splendida virtù chiamata silenzio. Ai più, non certo a Mario Draghi. L’ex presidente del consiglio italiano, dopo la sovraesposizione mediatica dovuta all’esperienza di Palazzo Chigi, è tornato alla vita di sempre: si divide tra l’appartamento dei Parioli, nella capitale, e il casolare di campagna a Città della Pieve; fa la spola tra Milano e Londra, dove ci sono i suoi adorati nipoti. In altre parole si dedica alla famiglia, ai suoi passatempi. Lontano dalle «luci della ribalta che rovinano la carnagione» anche ai più bravi, il banchiere romano pare stia valutando attentamente cosa fare del suo futuro. L’ultimo evento pubblico a cui ha partecipato pare sia stato il World Economic Forum di Davos, nato nel 1971, per iniziativa dell’economista ed accademico Klaus Schwab, proprio per migliorare lo stato del mondo. L’indiscrezione arriva da «Il Foglio», in un articolo di stamani, mercoledì 25 gennaio 2023, dal titolo «Toh, Draghi a Davos», firmato da Simone Canettieri.

“Sarà stato il richiamo della montagna incantata ad attirare Mario Draghi a Davos, in Svizzera, fulcro dell’economia mondiale. Il governo italiano non c’era, l’ex premier sì. In incognito e in segreto. Tre giorni. Da lunedì a mercoledì scorsi. La presenza al World economic forum dell’ex banchiere centrale, considerato di casa, non doveva essere pubblicizzata. Ha avuto incontri privati, è la versione diffusa dal suo entourage davanti alle verifiche di questo giornale. Draghi ha tenuto conferenze a porte chiuse”, scrive Canettieri. Lo stesso aggiunge poi che una presentazione, confermata a «Il Foglio», è stata per il colosso bancario britannico Barclays. Qualcuno ha parlato anche di un dialogo a Bank of America, ma conferme in tal senso non ce ne sono. Speech di prestigio, che sembrano suggerire un certo desiderio di Draghi di riallacciare i rapporti con il mondo della finanza. «Tornerò a lavorare con il privato», avrebbe confessato in questi ultimi giorni. Ed è il suo regno Davos, gli appartiene: «Quasi non è una notizia. È come quando Mastroianni andava alla Mostra del cinema di Venezia, non c’era bisogno che presentasse un film. Quello era il suo habitat», la battuta rubata ad una fonte de «Il Foglio».

Il sogno di diventare un «nonno al servizio delle istituzioni» al Quirinale sembra accantonato. Con somma tristezza di quanti al Colle l’avrebbero visto proprio bene. Non si può pensare che una risorsa come Draghi possa restare a lungo in panchina. Ogni volta che questi ha portato a termine un compito, la domanda di rito della stampa è sempre stata una: che farà e dove andrà? Quesiti imbarazzanti, che Draghi ha saputo dribblare senza troppa difficoltà, lasciando che poi fossero i fatti a parlare.

Draghi è un uomo avveduto, cauto, sa che «la fretta non è di Dio», come pure che «il diavolo tortura le anime dell’Inferno in un solo modo: le mantiene in attesa», come scriveva Carl Jung. Nel massimo riserbo l’economista starebbe valutando con attenzione le diverse offerte che gli stanno piovendo addosso: non sono pochi gli agenti che gli starebbero proponendo conferenze presso i principali atenei italiani e stranieri. Dalla cerimonia della campanella, svoltasi lo scorso 23 ottobre 2022, l’ex premier ha dosato bene la propria presenza, riducendo all’essenziale le uscite pubbliche. Il marchio Draghi, d’altronde, l’ha usato sempre con cura, creando attorno a sé un’eccitante suspense.

È stato avvistato l’ultima volta ai funerali di Benedetto XVI mentre parlottava con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dando adito a tutta una serie di retroscena, che senz’altro l’hanno infastidito. In realtà, la sua presenza era più che prevedibile, dal momento che Draghi ha avuto un ruolo decisivo nella stesura dell’enciclica “Caritas in Veritate”. Dopo la crisi dei subprime, infatti, Ratzinger chiese all’allora segretario di Stato Tarcisio Bertone che fosse proprio Draghi a rileggere l’Enciclica, redatta assieme a Stefano Zamagni, attuale presidente dell’Accademia delle Scienze Sociali, prima della pubblicazione definitiva. Draghi, che allora era il Governatore della Banca d’Italia, non disse no: ci lavorò sopra per un fine settimana, dando il suo personale giudizio tecnico. Non solo: l’economista scrisse un articolo su «L’Osservatore Romano», criticando il liberismo selvaggio. Del resto, la sua formazione giovanile da gesuita, come anche il suo essere un fervente cattolico, non sono un segreto per nessuno.

Avremmo dovuto vederlo prima di Natale ad un altro evento, invece niente. Draghi, come ricorda «Il Foglio», avrebbe dato forfait all’ultimo momento alla presentazione del libro di Emilio Giannelli, vignettista del «Corriere della Sera». Nel frattempo, l’economista ha dato il via libera alla pubblicazione dei suoi discorsi, “Dieci anni di sfide” edito da Treccani, (che consiglio a tutti di leggere) senza però farsi vedere alle presentazioni del volume, nemmeno tra il pubblico. Rumors parlano poi dell’ipotesi di una biografia. Corteggiato dal mondo della Finanza, Draghi pare stia considerando anche un’offerta della Goldman Sachs, dove è stato Vice Presidente e Managing Director dal 2002 al 2005, prima dell’esperienza da governatore a Palazzo Koch. Insomma ce n’è di carne al fuoco.

Come conclude Canettieri su «Il Foglio» chi ha curato la sua comunicazione a Palazzo Chigi smentisce al momento però qualsiasi tipo di impegno professionale: «Quando ci saranno notizie certe e impegni pubblici saremo noi a veicolarli». Un fatto solo è chiaro: ancora una volta il più fedele alleato per l’italiano più stimato al mondo resta il silenzio, che è poi anche il miglior antidoto al populismo dilagante di oggi; quell’arma che ha permesso a Draghi di raggiungere nella sua carriera risultati inarrivabili.