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Kiev, l’alba dei droni: un attacco senza precedenti da Putin

KIEV – Il cielo era ancora nero quando il rombo si è spento e il silenzio è tornato a essere solo un intervallo tra due esplosioni. Le sirene hanno smesso di ululare, i droni se ne sono andati, ma il fumo continua a filtrare dalle finestre. In fondo alla strada brucia un palazzo. La notte è stata lunga, e i corvi gracchiano tra le macerie, come una colonna sonora sinistra.

La notte peggiore: oltre 500 droni sopra Kiev

“La notte peggiore di Kiev”, dice Volo, cameriere di un bar del centro, che ormai le ha contate tutte: 1.202 notti di guerra. Stanotte, come tante, si è rifugiato al piano meno due con clienti e colleghi. È iniziato tutto dopo la mezzanotte: Shahed iraniani, droni kamikaze progettati per colpire e autodistruggersi, hanno sorvolato la capitale per quattro ore. Le stime sono sconcertanti: oltre 500 velivoli impiegati, accompagnati da missili balistici lanciati sulle periferie. La contraerea ha risposto senza sosta, le scie luminose dei traccianti hanno illuminato il cielo in ogni quadrante di Kiev.

Quartieri colpiti, feriti e panico

Gli attacchi hanno preso di mira in modo sistematico Desnyanskyi, Darnytskyi, Shevchenkiskyi, Obolonskyi, colpendo sia le periferie che il cuore della città. Tre feriti, ambulanze costrette a manovre disperate tra le esplosioni per raggiungere i punti colpiti. Auto in fiamme, frammenti di droni sulle scuole, sulle farmacie, sui balconi. Anche i quartieri più centrali non sono stati risparmiati: Podil, il centro storico, e Darnytskyi, sede di alcune ambasciate, hanno subito danni. Su Telegram, il sindaco Vitali Klitschko ha lanciato l’allarme: «Restate nei rifugi, altri droni si stanno avvicinando».

Odessa e Kharkiv: la mappa della vendetta

Odessa, la notte è stata altrettanto dura: un uomo di 59 anni è morto, altri quattro sono rimasti feriti. Colpiti diversi condomini e perfino il reparto maternità di un ospedale. Sabato notte, la città più colpita è stata Kharkiv, bersaglio di un bombardamento definito tra i più intensi della guerra. Quello che si sta delineando è un crescendo di ritorsione da parte della Russia, probabilmente legato al sabotaggio degli aeroporti siberiani. L’attacco su Kiev sembra il culmine di una nuova fase offensiva.

Difesa in affanno, Zelensky chiede aiuto

Fonti militari confermano: la difesa di Kiev è sempre più in difficoltà. I sistemi forniti dagli Stati Uniti sono al limite, e Volodymyr Zelensky ha chiesto rinforzi, in particolare nuovi Patriot. Una risposta, per ora, è arrivata da Israele: missili Patriot risalenti al 1991, gli stessi della Guerra del Golfo, progettati per intercettare gli Scud di Saddam Hussein. Mezzi datati, ma meglio di niente. Un simbolo, più che una garanzia. L’attacco alla capitale ucraina non è solo un fatto militare, è un messaggio politico. Mosca mostra di poter ancora colpire il cuore del Paese, nonostante due anni di guerra e un’escalation diplomatica che non trova sbocchi. Nel frattempo, Kiev si lecca le ferite e si prepara alla prossima notte, perché la guerra, come i droni, non annuncia mai quando torna. Ma torna.