Dopo giorni di difese e toni prudenti, la ministra della Cultura Rachida Dati ha cambiato registro: «Ci sono state mancanze nella sicurezza del Louvre», ha ammesso davanti ai senatori francesi. Una presa di posizione tardiva ma inevitabile, dopo quello che ormai viene definito “il colpo del secolo”: il furto dei gioielli nella galleria di Apollo, avvenuto in pieno giorno lo scorso 19 ottobre nel museo più visitato del mondo.
La ministra, candidata sindaca di Parigi alle prossime municipali di marzo, ha assicurato che verrà fatta “tutta la luce necessaria su lacune e responsabilità”. Intanto l’inchiesta amministrativa procede, mentre il quotidiano Libération ha portato alla luce dettagli imbarazzanti: i problemi alla sicurezza del Louvre sarebbero vecchi di anni, legati anche alla vulnerabilità della rete informatica del museo.
Password elementari e falle clamorose
Nel dicembre 2014, un’ispezione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza dei sistemi informatici aveva già messo in guardia contro i rischi. I tecnici avevano scoperto che la rete interna, collegata a videocamere, allarmi e controllo accessi, era accessibile con password quantomeno ingenue: “LOUVRE” per entrare nel server di sorveglianza e “THALES” per un software fornito dal colosso tecnologico omonimo. Nel rapporto, gli esperti scrivevano che “chi prendesse il controllo della rete informatica del museo potrebbe facilitare un furto di opere d’arte”.
Parole profetiche. Perché dieci anni dopo, il 19 ottobre 2025, i ladri sono riusciti a entrare nel museo in modo quasi cinematografico: con un camion dotato di montacarichi, parcheggiato contromano lungo la Senna, hanno tagliato le vetrine e portato via i gioielli, sotto gli occhi dei passanti.
Arresti e indagini
Le indagini procedono su due fronti: amministrativo e giudiziario. Dopo giorni di silenzio, la polizia ha arrestato tre dei quattro presunti membri della banda, grazie alle tracce di DNA trovate su casco, guanti e attrezzi abbandonati sul posto. I rapinatori sarebbero fuggiti a bordo di due scooter T-Max. In carcere anche una donna di 38 anni, compagna di uno degli uomini fermati, il cui DNA è stato trovato sulla scena — probabilmente per “trasferimento indiretto”, secondo la procura.
Il principale sospettato, con undici condanne precedenti, è descritto come “un delinquente abituale ma non legato alla criminalità organizzata”. A guidare le indagini è la procuratrice Laure Beccuau, che ha confermato come “le analisi sui reperti abbiano dato risultati decisivi per gli arresti”.
I gioielli spariti e il mistero del mercato nero
Restano però introvabili gli 88 milioni di euro in gioielli trafugati. Il ministro dell’Interno Laurent Nuñez ha dichiarato che “tutte le piste sono aperte, comprese quelle del mercato nero internazionale”. Gli investigatori temono che i pezzi possano essere già stati smontati o rivenduti all’estero, anche se Nuñez si dice “fiducioso che verranno recuperati”.
Nel frattempo, il Louvre resta sotto stretta sorveglianza e la ministra Dati promette una revisione completa del sistema di sicurezza. La domanda, però, resta sospesa: com’è possibile che, nel museo simbolo della Francia, bastasse ancora una password ovvia per violare il cuore del suo sistema di protezione? Un colpo da 88 milioni e un’ombra lunga che ora pesa sulla politica francese e sull’immagine del museo più celebre del mondo.





