C’è un dettaglio che rischia di riscrivere una delle pagine più controverse del caso Poggi. A distanza di diciotto anni dal delitto di Garlasco, un nuovo testimone ha rimesso in discussione uno degli elementi chiave della difesa dell’uomo oggi di nuovo indagato per l’omicidio di Chiara Poggi.
La storia di quello scontrino, che per anni ha rappresentato un possibile alibi, non sarebbe andata come raccontato.
Il mistero del biglietto del parcheggio
Gli inquirenti della Procura di Pavia, coordinati da Fabio Napoleone, hanno ascoltato una persona «informata sui fatti» in merito al celebre ticket del parcheggio di Vigevano, datato 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio. Quel biglietto era stato consegnato ai carabinieri il 4 ottobre 2008, un anno dopo il delitto, durante un secondo interrogatorio. All’epoca venne presentato come una prova in grado di collocare lontano da via Pascoli il giovane amico del fratello di Chiara.
Proprio quel documento era stato decisivo nella prima archiviazione del 2017, firmata dal gip Fabio Lambertucci, su richiesta del pm Mario Venditti (oggi indagato a Brescia per corruzione in atti giudiziari). Allora, lo “scontrino” era stato considerato compatibile con l’orario in cui l’indagato avrebbe lasciato Garlasco.
Le versioni contrastanti
Nel verbale del 10 febbraio 2017, l’uomo aveva raccontato che il ticket era stato ritrovato «da mio padre o mia madre sulla macchina, qualche giorno dopo il fatto». «Mia madre ha detto: per sicurezza teniamolo. Poi, quando i carabinieri mi hanno chiesto di consegnarlo, sono andato con mio padre a prenderlo», aveva dichiarato ai pm Venditti e Giulia Pezzino.
Una versione che oggi, secondo gli inquirenti, non reggerebbe più. Il nuovo testimone avrebbe infatti fornito elementi capaci di smentire in modo netto la ricostruzione di Andrea Sempio, il giovane che per anni si è proclamato estraneo al delitto.
I dubbi sulla “consegna anomala”
Le indagini avevano già messo in luce alcune anomalie: nel verbale del 2008 i carabinieri annotano la consegna dello scontrino senza interrompere l’interrogatorio, dettaglio inusuale per un atto di quella natura. E poi c’è l’episodio della madre di Sempio, che lo scorso aprile si era sentita male durante un’audizione al Nucleo investigativo di Milano, proprio mentre veniva interrogata sul ticket e sulla sua amicizia con un vigile del fuoco di Vigevano.
A far vacillare ulteriormente l’alibi, erano arrivate anche le dichiarazioni di Fabrizio Gallo, legale dell’ex avvocato di Sempio, Massimo Lovati, ospite del programma Ignoto X su La7: «Se lui continua a usare quello scontrino, va contro un muro. Lo scontrino è falso. Lovati sostiene che, se una persona è innocente, non ha bisogno di correre per trovarsi un alibi».
La svolta dei magistrati pavesi
Ora la Procura parla apertamente di una svolta nell’inchiesta. Il nuovo testimone, secondo il «Corriere della Sera», avrebbe fornito informazioni tali da smontare definitivamente l’alibi dello scontrino e confermare l’ipotesi, già avanzata dai pm, che quel ticket sia stato consegnato in modo “anomalo”, se non addirittura costruito a posteriori. Un tassello che potrebbe cambiare ancora una volta il destino del caso Poggi, e che riporta sotto la lente l’intera gestione della prima inchiesta del 2017. La sensazione, tra gli investigatori, è che la verità su quella mattina d’agosto del 2007 sia più vicina. Ma ogni passo avanti, in questa storia, continua a costare caro.





