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Caso Cecchettin, Turetta libero a 48 anni anche se non farà appello

La storia giudiziaria dell’omicidio di Giulia Cecchettin potrebbe non essere ancora chiusa. La Procura generale di Venezia non ha infatti deciso se rinunciare all’appello contro la sentenza di primo grado, che ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo lo scorso dicembre, oppure se insistere nel chiedere alla Corte il riconoscimento di due aggravanti escluse in prima istanza: la crudeltà e lo stalking. Una scelta che, pur non incidendo sulla durata effettiva della pena, ha un forte valore simbolico per i familiari della vittima.

La decisione ancora in sospeso

Il fascicolo è ora sul tavolo del sostituto procuratore generale Pasquale Mazzei, che sta valutando il caso insieme al procuratore generale Federico Prato. La decisione arriverà nei prossimi giorni, anche dopo il confronto con Andrea Petroni, il pubblico ministero che aveva coordinato le indagini e sostenuto l’accusa in primo grado, firmando l’impugnazione. L’ergastolo resta la pena massima prevista dal codice penale, ma l’eventuale riconoscimento delle aggravanti potrebbe comportare soltanto l’aggiunta dell’isolamento diurno, misura accessoria che scatterebbe solo in caso di cumulo di condanne superiori ai cinque anni.

Il valore simbolico delle aggravanti

Per gli avvocati della famiglia Cecchettin — Stefano Tigani, Piero Coluccio e Nicodemo Gentile — l’appello non è una questione di calcolo, ma di giustizia morale. Quelle aggravanti, spiegano, «rappresentano la piena qualificazione del delitto», riconoscendo la crudeltà delle modalità con cui Giulia è stata uccisa e la persecuzione subita nei mesi precedenti. Un punto fermo, dopo un processo che ha profondamente scosso l’opinione pubblica e riaperto il dibattito nazionale sulla violenza contro le donne.

I tempi della pena e le prospettive di scarcerazione

L’ergastolo inflitto a Turetta non è “ostativo”: significa che il giovane potrà accedere, nel tempo, ai benefici previsti dalla legge per i detenuti con buona condotta. In base all’attuale normativa, dopo 10 anni di reclusione potrà chiedere i primi permessi premio, per brevi periodi con la famiglia. Dopo 20 anni, potrà ottenere la semilibertà, lavorando o studiando fuori dal carcere durante il giorno.
Infine, trascorsi 26 anni di detenzione, potrà chiedere la liberazione condizionale, che gli consentirebbe di trascorrere la parte finale della pena in libertà vigilata. Con la liberazione anticipata, il limite può scendere fino a 21 anni, a condizione di una condotta impeccabile. Se nei cinque anni successivi manterrà un comportamento irreprensibile, la pena sarà considerata definitivamente estinta.

La lettera di Turetta: “Mi assumo ogni responsabilità”

Nella lettera con cui ha rinunciato all’appello, Turetta ha scritto di aver accettato la condanna «spinto dai forti sensi di colpa», aggiungendo di «assumersi pienamente la responsabilità di ciò che ha fatto». «Mi pento ogni giorno — ha dichiarato — pensando a lei. So che nessuna pena potrà mai cancellare il dolore e la sofferenza che ho causato». Parole che non cancellano l’orrore di quanto accaduto, ma che segnano un punto di svolta nel percorso di un giovane che, come lui stesso scrive, è «tristemente consapevole che in nessun modo potrà restituire a Giulia la vita che le ho tolto». Un’ammissione che, pur non avendo effetti giuridici, potrebbe pesare sulle prossime decisioni della Procura generale e sull’eventuale giudizio d’appello.