Grave atto intimidatorio ai danni del giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. Nella serata di giovedì una violenta esplosione ha distrutto parzialmente due automobili parcheggiate davanti alla sua abitazione di Pomezia, in provincia di Roma. L’ordigno, una bomba carta potenziata, rappresenta un salto di qualità rispetto ai precedenti episodi registrati nella zona, dove nei giorni scorsi erano stati segnalati semplici petardi. Le forze dell’ordine stanno verificando se l’attacco possa essere collegato alle inchieste giornalistiche condotte da Ranucci, noto per le sue indagini su politica, economia e criminalità organizzata.
Indagini coordinate dall’Antimafia di Roma
Le indagini sono affidate ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, in collaborazione con il Nucleo investigativo di Frascati. Gli investigatori hanno raccolto la testimonianza del giornalista, che ha fornito elementi ritenuti “significativi” e collegabili a minacce ricevute in passato in relazione ai servizi andati in onda su Report.
Secondo le prime valutazioni, l’attacco non sarebbe opera di professionisti ma di individui che conoscevano abitudini e orari di Ranucci, capaci di maneggiare un ordigno rudimentale ma altamente pericoloso. La bomba, piazzata tra due vasi a circa venti metri dalla casa, era stata preparata con cura e accesa pochi istanti prima dell’esplosione.
Analisi dei reperti e nuovi sviluppi
Gli esperti del RIS stanno analizzando i resti dell’ordigno, composto da circa un chilogrammo di polvere pirica compressa, nella speranza di rinvenire tracce utili all’identificazione dei responsabili. Un testimone oculare avrebbe visto un uomo incappucciato, vestito di nero, allontanarsi rapidamente dal luogo dell’esplosione e dirigersi verso un prato, probabilmente per raggiungere una vettura in fuga. Poco distante, gli agenti hanno rinvenuto una Fiat 500 rubata, che potrebbe essere stata utilizzata per la fuga. Tutte le ipotesi restano aperte: tra queste, il collegamento con ambienti criminali locali o con soggetti infastiditi dalle inchieste televisive del giornalista.
Le possibili piste investigative
Secondo quanto trapela dagli inquirenti, i sospettati potrebbero essere soggetti del territorio, ben informati sulle abitudini del conduttore. Le indagini si concentrano su due filoni principali: da un lato le inchieste di Report già trasmesse, dall’altro i servizi in preparazione su temi legati a corruzione, appalti pubblici e infiltrazioni mafiose.
Non è la prima volta che Ranucci è nel mirino. Già nell’ottobre 2021 era stato scoperto un piano per ucciderlo, orchestrato da un trafficante di droga legato alla ’Ndrangheta, che avrebbe voluto assoldare due killer albanesi. Da allora la scorta del giornalista, attiva dal 2010, è stata rafforzata al massimo livello. Nel novembre 2024, dopo un servizio sul conflitto israelo-palestinese, lui e la redazione di Report avevano ricevuto minacce gravissime, che evocavano un attentato “sullo stile di Charlie Hebdo”.
Solidarietà e mobilitazione
L’attentato ha suscitato indignazione e solidarietà in tutto il Paese. Davanti alla villetta di Ranucci, a Pomezia, si è svolto un sit-in spontaneo cui hanno partecipato circa quattrocento persone, tra cittadini, sindacalisti e rappresentanti di associazioni per la libertà di stampa.
“La tensione è forte, ma anche la gratitudine per le incredibili testimonianze di affetto e solidarietà che continuano ad arrivare”, ha dichiarato il giornalista. Le indagini proseguono, con l’obiettivo di identificare l’uomo incappucciato e di verificare eventuali legami con la criminalità organizzata o con gruppi ultras locali. Un messaggio chiaro e inquietante, che riporta al centro il tema della libertà di informazione e della tutela di chi, come Ranucci, continua a raccontare la verità nonostante le minacce.





