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Quanto guadagna la ‘ndrangheta con la droga

I signori della cocaina sono loro, i compari delle ‘ndrine, i “fratelli di sangue” per usare la definizione cara a due grandi esperti del fenomeno, il professor Antonio Nicaso e il magistrato Nicola Gratteri. Ma quanto guadagna la ‘ndrangheta con il traffico di droga, che negli ultimi 30 anni è significato soprattutto cocaina? Le cifre reali non le conosce nessuno, ma le stime e i calcoli fatti sulla base delle decine di operazioni che negli ultimi anni hanno portato al sequestro di tonnellate di polvere bianca dicono che si tratta di somme da capogiro.

Amburgo, Gioia Tauro, Rotterdam, Livorno, La Valletta, La Spezia, Salerno: una linea molto più che immaginaria unisce i porti di mezza Europa, una linea bianca come la cocaina che arriva celata in container contenenti ogni tipo di merci: dal caffè alle banane, dal marmo alla juta. E la coca arriva a botte di oltre 1 tonnellata alla volta, come ha documentato per la prima volta l’inchiesta della Dda di Catanzaro “Decollo” del 2004; e poi addirittura oltre 2 tonnellate, inchiesta “Meta” del 2010, il più grande sequestro di cocaina mai realizzato prima in Europa. Protagonista il narcotrafficante Vincenzo Barbieri, vicino alle ‘ndrine del Vibonese, uno dei più importanti di sempre, finito ucciso in un agguato nel 2010. E i traffici continuano come se niente fosse, nonostante arresti, sequestri, condanne e faide interne: l’ultimo sequestro, 150 kg celati tra i sacchi di caffè, risale a nemmeno un mese fa; e per 150 kg che vengono sequestrati ce ne sono almeno il triplo che passano i controlli come normale merce, ogni giorno.

Ma le rotte della droga passano anche dall’Africa, dalle piste improvvisate nell’entroterra della Guinea Bissau, dove atterranno gli aerei dei corrieri in volo dal Brasile. E persino dagli Stati Uniti: nel 2014 fa l’allora sostituto procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri (oggi procuratore capo a Catanzaro) era a Miami per interrogare Luigi Barbaro, ai tempi dell’infanzia suo compagno di giochi a Gerace, poi divenuto trafficante per conto delle ‘ndrine della Locride. Barbaro era finito in carcere perché bloccato dalla Dea con un carico di droga di 700 chili a bordo di un veliero.

Un sequestro di droga della GdF al porto di Gioia Tauro

I broker della ‘ndrangheta

Luigi Barbaro lavorava per Domenico Trimboli da Natile di Careri, un “broker” capace di importare tonnellate di polvere bianca acquistata a basso costo direttamente sul posto, in Colombia. Anche Trimboli è stato arrestato dopo una lunga latitanza nel 2013 ed ora collabora con la giustizia. Come Bruno Pizzata, rappresentante delle cosche di San Luca (arrestato nel 2011). O ancora come Santo Scipione, anch’egli arrestato nel 2013, broker in contatto con esponenti del cartello di Medellin per importare droga per conto delle cosche della Locride e del Vibonese.

Gli ultimi narcotrafficanti assicurati (per il momento) alla giustizia sono tutti grossi calibri. A partire da Nicola e Patrick Assisi, padre e figlio, che dal torinese erano volati in Brasile per gestire, da broker, importazioni di tonnellate di cocaina per conto delle cosche di ‘ndrangheta della Locride. Sono stati arrestati nel 2019 ma da allora la loro estradizione è bloccata così come i processi a loro carico.

In manette nel 2021 è finito pure il loro successore, Vincenzo Pasquino, che da marzo 2024 collabora con la giustizia e sta svelando agli inquirenti le connessioni tra la ‘ndrangheta e le organizzazioni criminali brasiliane nel multimilionario business della coca. Pasquino era in contatto con un altro pezzo da novanta del narcotraffico, arrestato insieme a lui. Si tratta di Rocco Morabito, detto “Tamunga”, discendente del “Tiradrittu” da Africo, uno degli esponenti storici della ‘ndrangheta in carcere da un ventennio. Per arrestarlo, nel 2021, c’è voluta la collaborazione delle polizie di tre continenti: è stato estradato nel 2022.

Roberto Pannunzi
Roberto Pannunzi in una vecchia foto

Facendo un passo indietro nel passato, utile per capire di chi parliamo quando usiamo il termine “broker”, facciamo un passo indietro. Ci sono broker della ‘ndrangheta rimasti a piede libero per decenni. Il più noto è Roberto Pannunzi, considerato il più potente di tutti i tempi, legato alle ‘ndrine di Siderno, Gioiosa e Platì, i miliardari della coca. Roberto ‘Bebè’ Pannunzi, ormai 70enne, ha iniziato con l’eroina negli anni ’80 come ha raccontato il pentito Saverio Morabito al Pm Alberto Nobili durante l’inchiesta “Nord Sud” che ha sgominato le cosche della Platì del nord, Buccinasco. Pannunzi, arricchitosi con l’eroina che cedeva al gruppo Sergi a Corsico e ai siciliani di Trezzano sul Naviglio, sarebbe poi diventato il re dei broker della cocaina. Arrestato nel 2004 in Spagna e poi estradato, è evaso dall’ospedale privato di Roma nel quale era ricoverato a seguito di un malore. Il principe italiano del narcotraffico è stato infine arrestato il 5 luglio del 2013, poco dopo la pubblicazione della prima versione questo articolo.

L’inchiesta “Eureka” svela il dominio delle cosche di San Luca nel narcotraffico

Dal 2013 ad oggi, nulla è cambiato. Nel 2023, proprio grazie alle indagini su i broker trapiantati in sudamerica, le polizie di mezza Europa coordinate dalle procure italiane hanno chiuso l’indagine “Eureka”, la più grande inchiesta degli ultimi anni sul narcotraffico. L’inchiesta iniziata a Reggio Calabria nel 2019 è scaturita da una collaborazione con la Polizia federale del Belgio, che aveva individuato alcuni membri della cosca Nirta di San Luca coinvolti nel traffico internazionale di cocaina a Genk. Grazie a un’infiltrazione di tre anni da parte di un agente sotto copertura, gli investigatori belgi hanno ottenuto importanti informazioni sulle attività del gruppo e condiviso gli sviluppi con le autorità italiane e i carabinieri del Ros. In seguito, le indagini italiane si sono focalizzate sulla famiglia Strangio “Fracascia,” collegata ai Nirta e coinvolta nella faida che portò alla strage di Duisburg, ampliando poi l’interesse ad altre famiglie di San Luca e Bianco.

Il principale sospettato è il Rocco Morabito di cui abbiamo parlato prima. Le indagini hanno rivelato come le sue attività illecite non si limitassero solo al traffico di droga, ma comprendessero anche la compravendita di armi da guerra. Morabito avrebbe offerto un container di armi da acquistare tramite intermediari pakistani a un’organizzazione paramilitare brasiliana, la quale avrebbe ricambiato inviando grosse quantità di droga al porto di Gioia Tauro.

Tra il 2020 e il 2022, gli investigatori hanno documentato il trasporto di sei tonnellate di cocaina, metà delle quali sequestrate. Per movimentare il denaro, i trafficanti calabresi hanno sfruttato l’appoggio di altri soggetti, tra cui cinesi esperti nel “pick-up money” e spalloni. In totale, sono stati trasferiti circa 22,3 milioni di euro, reinvestiti in auto di lusso, beni immobili, e attività commerciali in Francia, Portogallo e Germania, dove i proventi illeciti venivano riciclati tramite operazioni di autolavaggio.

Economia ‘ndranghetista – da https://lavialibera.it/

Come la polvere bianca viene trasformata in milioni di euro

Tonnellate e tonnellate di polvere bianca hanno attraversato in questi ultimi trent’anni l’Atlantico per toccare terra in Europa, da Amburgo a Gioia Tauro e finire nelle mani dei trafficanti delle ‘ndrine. I canali di approvvigionamento sono sempre gli stessi: Colombia prima di tutto, poi Ecuador e Brasile. Qui la droga viene acquistata per meno di 2 mila euro al kg: una volta tagliata e trattata in Europa può arrivare a rendere fino a 50 mila euro al kg. Non ci sono famiglie di ‘ndrangheta estranee al narcotraffico, anche se le inchieste degli ultimi trent’anni hanno decretato la specializzazione in questo business soprattutto delle cosche della Locride (Caulonia, Siderno, Gioiosa Jonica, Platì, Natile, Africo), del Vibonese (Limbadi, Nicotera, San Gregorio d’Ippona, Filadelfia) e della Piana (Rosarno, Gioia Tauro, Palmi).

Le piazze della droga però sono al nord, Milano, Torino in primis, ma anche Firenze, Venezia, Genova, Imperia, Bologna. A Milano le ‘ndrine della Locride spadroneggiano nel mercato della cocaina dalla fin degli anni ’80. Con la coca hanno fatto le loro fortune intere cosche, come quella da quarantacinque anni impiantata stabilmente nell’ovest milanese, tra Buccinasco, Corsico e Assago. Qui è il regno delle famiglie di Platì, che nonostante decine di inchieste e le condanne dei boss storici come Domenico, Antonio e Rocco Papalia (scarcerato nel maggio 2016 dopo quasi 26 anni di carcere, tornato a vivere nella “sua” Buccinasco dopo un breve periodo in una casa lavoro, ndr), Francesco e Paolo Sergi (deceduto nel 2016), continuano indisturbate il business della coca. Le conferme sono arrivate a ripetizione negli ultimi anni: il 7 maggio 2018 a finire in manette per affari di droga è Domenico Sergi, figlio di Francesco ‘mbilli Sergi e nipote di Antonio Papalia ‘u carciutu: insomma, un figlio e nipote d’arte. Ed è di meno di un mese fa l’arresto di Domenico “Domenichino” Papalia (classe ’83), figlio di Antonio e nipote di Domenico e Rocco, anche lui indagato per aver organizzato un traffico di cocaina. Le ultime inchieste vedono all’opera la terza e quarta generazione della ‘ndrangheta, quella dei nipoti quarantenni e pronipoti ventenni dei boss, quasi tutti con base in Lombardia.

Ventenni con le tasche piene di soldi, tanti soldi. Soldi per comprare aziende in crisi, negozi, ristoranti e pizzerie. Talmente tanti soldi da riempire fusti interi con miliardi di lire: come quelli seppelliti nelle campagne di Volpiano (Torino) con il “tesoro” di Pasqualino Marando da Platì, dopo la morte del fratello maggiore Francesco diventato uno dei narcotrafficanti più importanti della storia della ‘ndrangheta.

Quindi, quanto guadagna la ‘ndrangheta con la droga?

Ma quanto guadagnano oggi le ‘ndrine con la droga? Almeno 300/350 milioni di euro la settimana. Si avete letto bene, 350 milioni di euro alla settimana, ma è una cifra calcolata per difetto. Gli ultimi dati sono stati messi neri su bianco ormai oltre dieci anni fa dall’Eurispes: il fatturato annuo della ‘ndrangheta è di 44 miliardi di euro, di cui il 62% derivante dal traffico di droga: se fate bene i conti si supera nettamente anche la cifra ipotizzata in precedenza.

Oggi questa cifra è sicuramente cresciuta e infatti elencando le sole operazioni concluse negli ultimi 12 mesi – tra arresti e sequestri di droga alle ‘ndrine – non c’è da restarne stupiti. “Non esiste mercato al mondo che renda più di quello della cocaina. Non esiste investimento finanziario al mondo che frutti come investire in cocaina. Dietro il suo candore nasconde il lavoro di milioni di persone“, scrive Roberto Saviano nella prefazione al suo “Zero, Zero, Zero”. Che fare allora? Servono una battaglia culturale a tutto campo e leggi severe, molto più severe: ma questa è un’altra storia.