Il 25 ottobre del 2012 Filippo Ceravolo, 19 anni, rimase vittima di un agguato in pieno stile mafioso mentre faceva ritorno a casa a Soriano Calabro (Vibo Valentia) dalla vicina Pizzoni. Il giovane era in ritardo, il mattino successivo doveva alzarsi presto per aiutare il padre, commerciante ambulante. Per rincasare aveva quindi accettato un passaggio in macchina da un conoscente, che secondo gli inquirenti sarebbe stato il vero obiettivo dell’agguato.
Da allora buio pesto. Le indagini condotte su mandato della Direzione Distrettuale Antimafia hanno solo appurato le modalità di esecuzione dell’omicidio consumato ai danni del giovane, ma i responsabili restano ad oggi sconosciuti. Che si fosse trattato di un errore era ed è fuori discussione. Filippo Ceravolo era un ragazzo a posto, nessuna ombra nel suo passato. Ombre che invece risultavano nel passato dell’uomo in auto con Filippo che tuttavia, è bene ricordarlo, non risulta indagato per la morte del diciannovenne.
La famiglia di Filippo Ceravolo non si è mai data pace in questi anni. Il papà Martino e la mamma hanno iniziato una battaglia per arrivare a conoscere gli assassini del figlio, ma finora hanno atteso invano: i killer di Filippo non hanno né un nome né un volto. Almeno, per ora.

L’inchiesta, l’archiviazione, la possibile riapertura del caso
L’inchiesta sull’uccisione di Filippo Ceravolo è stata archiviata nel maggio del 2016. La Procura di Vibo Valentia indagava su due uomini, ma non è riuscita a raccogliere elementi sufficienti né per emettere misure cautelari, né tantomeno per un possibile rinvio a giudizio. La famiglia Ceravolo ha dato mandato ai suoi legali, Giuseppe Orecchio e Giovanna Fronte, di approfondire gli elementi emersi dalla prima indagine sull’uccisione di Filippo.
La famiglia del giovane di Soriano non vuole lasciare nulla di intentato per arrivare alla verità. La determinazione dei genitori di Filippo ha portato l’avvocato Orecchio ad avvalersi della consulenza di alcuni periti di parte che hanno ripreso in mano quanto venuto fuori dal fascicolo della Dda di Catanzaro. A due anni dall’inizio di questa attività nulla è più trapelato e non è dato sapere se e quando si arriverà ad una riapertura del caso.
Tuttavia, la speranza della famiglia Ceravolo resta salda. Il 4 maggio 2022, giorno del 29esimo che Filippo non ha potuto festeggiare come i dieci precedenti, si è tenuta una commemorazione pubblica cui ha partecipato il procuratore capo di Vibo Valentia, Camillo Falvo. «Noi, la famiglia Ceravolo, siamo sicuri che state lavorando bene. Aspettiamo. Sappiamo che la Procura di Nicola Gratteri è al lavoro e aspettiamo», ha detto Martino Ceravolo davanti al numero uno della procura vibonese.
Alla domanda del moderatore dell’incontro, il giornalista Rai Riccardo Giacoia, se vi fosse una luce di speranza nella risoluzione del caso, aveva risposto Michele Gigliotti, uno dei legali della famiglia Ceravolo: «Sì, una luce di speranza c’è». Anzi, ha detto di più, ha invitato i ragazzi a essere presenti quando la famiglia Ceravolo si costituirà parte civile nel processo contro gli assassini di Filippo.

L’ombra della ‘ndrangheta
L’ombra sinistra che aleggia da sempre sul caso della morte di Filippo Ceravolo, fin da quel disgraziato 25 ottobre del 2012, è la ‘ndrangheta. Filippo era del tutto estraneo ad ambienti criminali e fin da subito le indagini sono state difficili per via della pesante coltre di omertà che avvolge le vicende di questo tipo.
Ma cosa c’è di chiaro in questa vicenda? Poco o nulla. Di sicuro c’è l’area in cui è avvenuto il delitto, la zona delle preserre Vibonesi con la sua storia di faide e sangue. Tra questi boschi e queste montagne che sembrano incantate le famiglie di ‘ndrangheta hanno scatenato una lotta senza quartiere per il predominio sul territorio e sulle attività economiche.
Qui ha sempre dettato legge la cosca dei “Viperari”, almeno fino alla morte del suo presunto boss, Damiano Vallelunga, ucciso nel 2009 al culmine della cosiddetta faida dei boschi, oggi svelata anche grazie alle confessioni di alcuni pentiti. Ma soprattutto qui, tra Soriano, Ariola e Gerocarne, si sono scontrati gli ex alleati delle ‘ndrine Emanuele e Loielo, lasciando sul campo morti e feriti.
Anche dietro l’uccisione di Filippo Ceravolo incombe sinistramente l’ombra della ‘ndrangheta. Chi lo accompagnava in auto, il vero bersaglio dell’agguato, era già noto alle forze dell’ordine per precedenti di poco conto. Ma c’era (c’è) un elemento ben più importante nel fascicolo dell’accompagnatore di Filippo, una parentela: quella con il boss Bruno Emanuele, protagonista della faida di con gli ex alleati Loielo, in carcere condannato all’ergastolo. Che l’inchiesta, se riaperta, debba ripartire da qui è quasi scontato.

La speranza nella verità
“Chiedi chi era Filippo Ceravolo, e ti risponderanno che della Calabria non importa niente a nessuno”, scriveva Marco Imarisio sul Corriere della Sera solo qualche giorno dopo i funerali di Filippo. Invece le cose stanno andando diversamente, anche grazie all’impegno – una volta tanto – delle istituzioni e di alcuni esponenti politici.
Il 25 ottobre del 2017, a cinque anni esatti dall’uccisione di Filippo, gli studenti delle scuole medie e superiori di Soriano Calabro hanno commemorato il giovane compaesano. La commemorazione è stata fatta leggendo temi sulla legalità. Con loro, oltre ai sindaci dei paesi delle Serre c’erano anche anche i vertici dell’associazione antimafia Libera e l’ex parlamentare Angela Napoli.
Il 25 ottobre 2022, a dieci anni dall’uccisione di Filippo, Gerocarne si è stretta intorno alla famiglia Ceravolo, per non dimenticare. E per chiedere giustizia. «Assassini! Pentitevi di quello che avete fatto». Il grido di papà Martino “è accompagnato da un applauso che si leva alto, verso il cielo di Gerocarne, come i palloncini bianchi che raggiungono le nuvole”, racconta Pietro Comito su LaC News. “Nel paese dei maestri vasai e di una laboriosa tradizione artigiana e contadini ma anche spigolo del triangolo della faida che ha sconvolto anche Soriano e Sorianello, si fa memoria del sacrificio di Filippo Ceravolo”. Al giovane è stato intitolato il campo sportivo del paese.
Insomma la lezione che arriva da questo piccolo paese della Calabria e dalla famiglia di Filippo è “non disperare”. Quella disperazione che ben descriveva Corrado Alvaro e che più volte sembra essersi impadronita di questa terra, non deve far desistere dalla ricerca della verità, mai.





