Josef Mengele è stato uno dei più efferati criminali nazisti. Dopo gli studi di medicina orientati sulla morfologia razziale, nel 1937 divenne assistente di O. Freiherr von Vershuer, specialista di eugenetica. Nel 1939 Mengele fu arruolato in un ispettorato sanitario delle Waffen-SS. Al rientro, fu impiegato a Berlino all’ufficio centrale per la razza e gli insediamenti umani e impegnato negli studi sulla biologia dei gemelli. Nel ’43 il suo ingresso nel lager di Auschwitz-Birkenau per approfondire la sperimentazione su centinaia di migliaia di detenuti ebrei e zingari, considerati inferiori, e in particolare sui gemelli e su persone affette da nanismo. Con l’avanzata dell’esercito sovietico, nel 1945 Mengele si trasferì a Gross-Rosen, poi a Mauthausen.
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Josef Mengele, chi era l’Angelo della Morte di Auschwitz: per i suoi esperimenti usava i bambini
Nonostante fosse ricercato come criminale di guerra, Josef Mengele sfuggì alla cattura per il resto della sua vita di 34 anni. Morì annegato a seguito di un ictus mentre nuotava in un luogo di villeggiatura presso Bertioga in Brasile il 7 febbraio 1979. Venne seppellito in un sobborgo di San Paolo con un falso nome. La polizia tedesca nel 1985 seguendo una pista che riportava ad un amico di famiglia di Mengele, riuscì a trovare la tomba, riesumò il cadavere che «esperti forensi brasiliani» in seguito identificarono proprio come Mengele. Soltanto nel 1992 prove genetiche del DNA confermeranno definitivamente che quei resti erano proprio del terribile dottore.

Josef Mengele, chi era l’Angelo della Morte di Auschwitz
Josef Mengele nacque il 16 marzo 1911 nella città di Günzburg in Baviera. Era il figlio maggiore di Karl Mengele, un produttore benestante di attrezzature agricole. Studiò medicina e antropologia fisica presso diverse università. Nel 1935, vinse un dottorato di ricerca in antropologia fisica all’Università di Monaco. Nel 1936, Mengele superò l’esame di stato di Medicina. Il suo comportamento nel campo, durante i 21 mesi di permanenza ad Auschwitz, è registrato da svariate testimonianze. Mengele veniva anche chiamato der weiße Engel (l’angelo bianco) dai deportati, per il suo atteggiamento e soprattutto per il camice che indossava quando si apprestava a scegliere chi avrebbe dovuto essere oggetto delle sue ricerche, chi avrebbe lavorato e chi era destinato alla camera a gas. Il più delle volte si mostrava crudele, tanto da guadagnarsi l’appellativo di angelo della morte. Difatti uccideva senza pietà prigionieri facendo ricorso spesso a particolari iniezioni. «A interessarlo erano soprattutto i gemelli: ne analizzò 3 mila, ne sopravvissero, sembra, 285», spiega Gilberto Corbellini, storico della medicina alla Sapienza di Roma. «Non c’era nessun fondamento scientifico nei suoi esperimenti, che erano una miscela di sadismo e fede cieca nell’ideologia razzista. Mengele aveva un sogno: l’eugenetica. Ovvero selezionare la “razza ariana” per farla perdurare», ha aggiunto il professore. Uno dei suoi obiettivi era modificare la pigmentazione dell’iride al fine di ottenere più bambini con gli occhi azzurri. Per questo Mengele iniettava negli occhi dei bambini diverse soluzioni, finendo per procurargli gravi infezioni se non la cecità.

Le sue terribili ricerche e gli esperimenti su cavie umane
Come la maggior parte delle sue ricerche, pure il criterio di selezione non era rigoroso ma basato solo sull’impressione che Mengele stesso aveva dei bambini. Un esempio? La storia di Andra e Tatiana Bucci, superstiti dell’Olocausto e deportate ad Auschwitz nell’aprile del 1944. Le due hanno raccontato di essersi salvate perché, all’arrivo del treno, il medico le scambiò per gemelle dato che si somigliavano molto. Nel suo laboratorio, al blocco numero 10 di Auschwitz, erano all’ordine del giorno operazioni senza anestesia, mutilazioni, inoculazioni di batteri della lebbra e del tifo. Mengele pare abbia tentato addirittura di creare in laboratorio fratelli siamesi, cucendoli insieme. “Presero me, mia mamma e mia sorella gemella. Ci rinchiusero in una gabbia con altre due gemelle. Non c’era spazio per muoversi. Eravamo trattate come bestie, anzi peggio. Persino la mano non si poteva tirar fuori perché le maglie della gabbia erano molto strette. Mengele veniva quotidianamente e ci iniettava non so quale sostanza. Dopo quelle iniezioni avevo tutto il tempo voglia di vomitare. Mia sorella viveva in una specie di coma, era completamente fuori di sé. Facevamo i nostri bisogni come animali nella gabbia, che non aprirono mai. Aspettavamo la morte“, il racconto sconvolgente di una prigioniera.

Mengele aveva un atteggiamento amichevole nei confronti dei bambini: “Ci faceva visita come un caro zio”
Mengele aveva un atteggiamento amichevole nei confronti dei bambini. Moshe Ofer, un sopravvissuto agli esperimenti di Mengele, nel 1985, ha raccontato: “Ci faceva visita come un caro zio, ci portava la cioccolata. Prima di usare il bisturi o una siringa ci diceva: ‘Non avere paura, non ti farò niente…’ …ci iniettava sostanze chimiche, eseguiva operazioni sulla colonna vertebrale di Tibi. Dopo gli esperimenti ci portava dei regali… Durante esperimenti successivi, inseriva spilli nelle nostre teste. Le cicatrici delle punture sono ancora visibili. Un giorno ci fece visita e portò via Tibi. Mio fratello non tornò per diversi giorni. Quando tornò, la sua testa era completamente coperta di bende. Morì tra le mie braccia”.

Il malvagio medico sfuggì al processo di Norimberga
Mengele, lo dicevamo, sfuggì al processo di Norimberga. A lungo gli agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, gli ha dato la caccia. Nel 1960 lo individuarono a Buenos Aires insieme ad Adolf Eichmann, che fu rapito, processato in Israele e giustiziato due anni dopo. Perché Mengele, invece, non fu catturato quella volta? “Rifarei la stessa cosa. Resto convinto che se avessimo tentato di prenderli insieme li avremmo perduti entrambi“, ha raccontato in un’intervista il funzionario del Mossad a capo dell’operazione. Mengele fece perdere le sue tracce fuggendo in Paraguay, il cui dittatore, Alfredo Stroessner, non aveva mai nascosto le sue simpatie per il Terzo Reich. Anni dopo, nel ’74, si scoprì che viveva sotto falso nome (Wolfgang Gerhard) in un quartiere di San Paolo, in Brasile, al numero 5555 di via Alvarenga. Nemmeno allora però fu preso. Il motivo? Allora Israele aveva altro a cui pensare: usciva dalla devastante guerra del Kippur con l’Egitto.
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