Press "Enter" to skip to content

Nino Manfredi inedito: dalle scappatelle coniugali alla crisi di sincerità con Papa Wojtyla

Il 4 giugno del 2004 ci lasciava l’indimenticabile, Nino Manfredi, uno dei più grandi interpreti del cinema italiano. Classe 1921, dopo aver preso la Laurea in Giurisprudenza per compiacere i suoi genitori, ha cominciato a frequentare a Roma l’Accademia d’Arte Drammatica. I primi passi da attore sul palcoscenico del Piccolo Teatro di Milano dove si è cimentato in testi di Shakespeare e Pirandello.

Nino Manfredi inedito: dalle scappatelle coniugali alla crisi di sincerità con Papa Wojtyla

La popolarità è arrivata alla fine degli anni Cinquanta grazie a film come “Tempo di Villeggiatura” (1956), “Susanna tutta Panna” (1957) o “Guardia, Ladro e Cameriera” (1958). In tv l’abbiamo in “Canzonissima 1960” o in grandi sceneggiati come “Pinocchio” (1971) di Luigi Comencini in cui ha vestito i panni del caro Geppetto. Nello stesso periodo ha ottenuto ruoli prestigiosi in pellicole quali “Questa volta parliamo di Uomini” (1965) di Lina Wertmüller, per il quale ha ottenuto il Nastro d’argento come migliore attore protagonista. A seguire film di successo come “C’eravamo tanto amati” di Scola, “Café Express” di Nanni Loy. E ancora “In Nome del Papa Re” (1977), altro Nastro d’argento, “Secondo Ponzio Pilato” (1986) e “In Nome del Popolo Sovrano” (1990), tutti film con la regia di Luigi Magni. Tra le ultime performance la mini serie “Linda e il Brigadiere”, accanto a Claudia Koll, del 1997.

Il figlio consegna un ritratto inedito dell’attore e dell’uomo

Sul «Corriere della Sera», in una bellissima intervista, il figlio Luca ha consegnato un ritratto straordinario dell’uomo, non solo dell’artista. «Frequentava l’università, perché suo padre voleva assolutamente che si laureasse in Legge. Un suo amico gli propose di accompagnarlo alla Silvio D’Amico, per informazioni sull’iscrizione. Nino scopre con stupore che esisteva una scuola per imparare il mestiere d’attore: pensava che la recitazione fosse un hobby, non un lavoro. Fece domanda di ammissione e superò l’esame: dai compagni veniva soprannominato il Ciociaro, per la forte cadenza burina e il carattere caparbio. Mantenne fede al patto con suo padre, laureandosi, e si diplomò all’Accademia. D’Amico gli disse che aveva una naturale vocazione per l’ironia: la satira poteva diventare il suo punto di forza. Un altro punto di forza era il suo rigore da perfezionista, grazie agli insegnamenti del maestro Orazio Costa», ha raccontato Luca Manfredi. Un esempio? «La mimica era importante, prima che con la parola, occorreva esprimersi col corpo. Per interpretare un personaggio nevrotico, doveva imitare una formica nei suoi scatti nervosi, per interpretarne uno diffidente, Costa gli diceva: ispiratevi ai movimenti di un gatto. Con l’esperienza, Nino divenne un camaleonte: spariva l’attore nella pelle del personaggio. Dino Risi lo definì un orologiaio, per la precisione con cui costruiva i suoi ruoli, lavorava come un attore americano», ha spiegato sempre al quotidiano.

“Non sapeva mentire, diceva sempre quello che pensava”

Ma che uomo era Nino Manfredi? «Non sapeva mentire, diceva sempre quello che pensava e una volta fu sincero persino con Papa Wojtyla. Era stato invitato in Vaticano per assistere a una commedia scritta proprio dal Santo Padre, La bottega dell’orefice. Al termine della rappresentazione, tutte le personalità presenti si precipitano dal Pontefice per fargli i complimenti, tipo… “che testo meraviglioso, Santità… perché non ha continuato a scrivere commedie, poteva diventare un grande autore… il teatro ha perso un talento”. Mio padre se ne stava zitto, in disparte: era imbarazzato, perché aveva trovato lo spettacolo piuttosto noioso. Il Papa lo nota e gli chiede: “Lei Manfredi non dice niente?”. Lui risponde: “Santità, se posso permettermi di darle un consiglio… se fossi in voi mi terrei ‘sto posto in Vaticano, perché come commediografo non sareste diventato così famoso”. Giovanni Paolo II inizia a ridere, lo abbraccia e lo ringraziò per la sua sincerità». Un retroscena diversamente curioso.

Nino Manfredi, il figlio: “Non sapeva mai chiedere scusa”

Difetti ne aveva: «Non sapeva mai chiedere scusa, anche a torto marcio. Un esempio? Vado a trovarlo nella sua villa al mare e, strada facendo, mi compro maschera e pinne, per poi pescare cozze e ricci che lui amava tanto. Quando mi vede pronto a tuffarmi in acqua, mi chiede sospettoso: scusa, ma quelle pinne sono le mie? Io ribatto: no, le ho comprate poco fa. Lui insiste: sono le mie! Io, torno indietro, vado a frugare in casa e trovo le sue: non si ricordava dove le aveva messe e gliele porto sotto al naso. Invece di scusarsi, si limita a rispondere: bè, hai delle pinne che non sembrano le tue… Paradossale». Luca Manfredi ha definito Nino un papà assente, sempre preso dal suo lavoro. «Il merito di portare avanti la famiglia è di mia madre Erminia, che ha sopportato e perdonato le sue varie “scappatelle”: ne ha fatte di cotte e di crude», ha confidato sul finale al «Corriere» il figlio dell’artista.