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Musk lancia un nuovo partito: reazione durissima di Trump

Il primo colpo è quasi impercettibile, come nei duelli d’altri tempi: «Le idee del Doge – una rigorosa spending review – erano molto popolari». Il secondo affondo fa già più male: «Se guarda i sondaggi, Elon invece non è mai stato popolare». E il terzo è una rasoiata: «I board delle sue aziende vogliono che torni a lavorare, a gestirle in prima persona». Scott Bessent, classe 1962, segretario al Tesoro stimato a Wall Street, sorride con la compostezza di chi ha appena servito un verdetto definitivo. Lo fa in diretta CNN, all’alba della domenica del ponte dell’Indipendenza. E poco prima della stoccata finale: «Nessuno sa guidare quelle aziende meglio di lui. Per questo immagino che i suoi consigli d’amministrazione non abbiano preso bene l’annuncio del nuovo partito, e lo spingeranno a concentrarsi sul lavoro. Non sulla politica».

Il “Partito America” di Musk parte da SpaceX

La notizia è arrivata a sorpresa: Elon Musk ha annunciato la nascita dell’“America Party”, dopo aver consultato i follower tramite un sondaggio sulla sua piattaforma X. Ma l’accoglienza, almeno per ora, è tutto fuorché entusiasta. A parte Steve Bannon, ideologo trumpiano, che ha reagito con insulti pesantissimi: «È un buffone, Elmo the Mook. Un sudafricano che fonda il Partito America? Va espulso». La replica di Musk non si è fatta attendere, altrettanto velenosa: «Ciccione, ubriacone, maiale. Stavolta andrai in galera e ci resterai a lungo». Ma gli insulti, per quanto spettacolari, non cancellano le incognite: organizzare un partito politico, negli Stati Uniti, è un’operazione ben più complessa di un tweet.

Una sede, un tesoriere: tutto in casa Musk

Al momento, il “Partito America” ha una sede legale al numero 1 di Rocket Road, Hawthorne, California – che è poi la sede centrale di SpaceX. E il ruolo di tesoriere è stato affidato a Vaibhav Taneja, attuale CFO di Tesla. Una struttura snella, quasi simbolica, ma completamente interna all’impero Musk.

Le parole chiave del programma: libertà, austerity, visti e privacy

Il nuovo soggetto politico dovrebbe discostarsi dal trumpismo su alcuni fronti chiave. Musk, infatti, si è espresso contro il “big beautiful bill” promosso dai democratici, sostenendo che porterà solo debito pubblico, mentre Trump si affida al sogno di un boom economico che finanzierà tutto. Altro punto distintivo: la privacy. Musk controlla una mole impressionante di dati attraverso Tesla e X. E con Doge, ha avuto accesso persino alle banche dati della previdenza sociale. Inoltre, è favorevole al rilascio di visti per lavoratori altamente qualificati, soprattutto per i professionisti IT indiani che animano la Silicon Valley da decenni. La strategia dichiarata è chiara: non sfidare i grandi partiti su larga scala, ma piuttosto ottenere qualche seggio chiave per influenzare l’agenda legislativa. «Con 2-3 seggi al Senato e 8-10 alla Camera, possiamo decidere l’esito di molte leggi. Sarebbe un modo per far valere davvero la volontà popolare», ha dichiarato Musk.

Trump lo attacca: “Un terzo partito è ridicolo”

La reazione di Donald Trump non si è fatta attendere. Già la scorsa settimana aveva minacciato l’ex amico, ricordando le sue irregolarità con il visto da studente all’arrivo negli USA. Ieri sera ha rincarato la dose: «Un terzo partito non funziona. Crea solo confusione. Abbiamo già un partito vincente: il repubblicano. Musk può divertirsi, ma è ridicolo».

Quel tweet velenoso di tre anni fa

A breve saranno passati tre anni esatti da quando Trump, con un tweet carico di sarcasmo, ricordò al mondo che Musk – ai tempi – si era dichiarato “grande fan” del presidente e aveva chiesto aiuti pubblici per tutti i suoi progetti: auto elettriche, guida autonoma, razzi spaziali. «Avrei potuto dirgli ‘inginocchiati e supplicami’ e l’avrebbe fatto», scrisse Trump. Ora i rapporti sono freddi, le ambizioni politiche in collisione e i colpi, anche quelli bassi, sono appena cominciati.