La notizia è piombata all’improvviso, lasciando l’America sgomenta: Joe Biden, ex presidente degli Stati Uniti, è affetto da una forma aggressiva di cancro alla prostata. La diagnosi è arrivata nei giorni scorsi e, secondo quanto comunicato dal suo staff, le cellule tumorali si sono già diffuse fino alle ossa, segno che la malattia è in fase metastatica.
Una malattia silenziosa nonostante i controlli
La scoperta ha sorpreso anche i medici, perché il tumore è riuscito a progredire nonostante i controlli di routine a cui vengono regolarmente sottoposti i presidenti americani. In teoria, le linee guida raccomandano esami specifici per la prostata a tutti gli uomini sopra i 50 anni, ma la patologia è riuscita a passare inosservata fino alla comparsa di disturbi urinari persistenti. Un’ecografia ha rivelato un piccolo nodulo, che si è poi rivelato un carcinoma molto aggressivo. Il punteggio assegnato è 9 su 10 nella scala di Gleason, utilizzata per valutare l’aggressività del tumore sulla base dell’aspetto delle cellule malate rispetto a quelle sane.
La nota ufficiale: “È una forma aggressiva ma ormonosensibile”
«Sebbene si tratti di una forma più aggressiva della malattia, il cancro sembra essere sensibile agli ormoni, il che consente una gestione efficace», si legge nel comunicato rilasciato dall’ufficio dell’ex presidente. «Biden e la sua famiglia stanno valutando insieme ai medici le migliori opzioni terapeutiche», si apprende. Quando il tumore alla prostata si diffonde, le ossa sono una delle prime aree colpite. E il cancro metastatico è sempre più complesso da trattare rispetto a quello localizzato, perché i farmaci spesso non riescono a eliminare tutte le cellule maligne. Tuttavia, nel caso di tumori ormonodipendenti, come quello diagnosticato a Biden, esistono terapie mirate che possono rallentare in modo significativo la progressione.

Un ritiro già avvenuto: il tramonto di un presidente
Biden aveva abbandonato la corsa per un secondo mandato nel luglio 2024, dopo mesi di pressione politica e mediatica sulle sue condizioni. Aveva concluso il suo mandato a gennaio, diventando il presidente più anziano nella storia degli Stati Uniti. Negli ultimi mesi alla Casa Bianca, erano le sue condizioni mentali più che fisiche a preoccupare l’opinione pubblica. Il colpo più duro arrivò con il disastroso confronto in tv con Donald Trump, nel giugno 2024, che segnò l’inizio della fine.
Martedì prossimo uscirà nelle librerie statunitensi un libro destinato a far discutere: “Original Sin: President Biden’s Decline, Its Cover-Up, and His Disastrous Choice to Run Again”, firmato dai giornalisti Jake Tapper e Alex Thompson. Il volume ricostruisce in dettaglio i momenti più critici della sua presidenza: dalle continue defaillance, alle difficoltà motorie che avevano portato persino a considerare l’uso della sedia a rotelle, fino al mancato riconoscimento di volti noti, come George Clooney.
Un passato segnato dalla malattia
Quella alla prostata non è la prima diagnosi oncologica per Biden. Nel febbraio 2023 gli era stato rimosso un carcinoma basocellulare dal torace, mentre nel novembre 2021 era stato operato per un polipo al colon, benigno ma considerato potenzialmente precanceroso. Nel 2022, Biden aveva fatto della lotta al cancro una delle priorità del suo mandato, lanciando una campagna ambiziosa per dimezzare il tasso di mortalità oncologica entro 25 anni. Un impegno che nasceva da una tragedia personale: la morte del figlio Beau, stroncato da un tumore cerebrale nel 2015. Era stato proprio lui, durante un discorso commosso, a promettere: “Lo dobbiamo a chi abbiamo perso e a chi combatterà domani”.





